Dunque, la conduttrice Rai Paola Ferrari si sente diffamata dagli insulti e dalle “pesanti allusioni fisiche” che alcuni utenti di Twitter le hanno riservato durante i recentissimi Europei di calcio. E annuncia querele. Fin qui tutto legittimo, se non fosse che la querela non è contro gli utenti responsabili dei cinguettii sopra le righe, ma contro l’intera piattaforma. Insomma, Paola Ferrari querela Twitter.
Ecco, un classico caso di professionista che ignora il funzionamento della Rete e quali sono i meccanismi che la governano, soprattutto a livello di regolamentazione del mezzo. Insomma, gli amministratori di Twitter dovrebbero tenere d’occhio ogni singolo contenuto per evitare questo tipo di reati? Ci sono ormai norme e sentenze che esentano da questo tipo di responsabilità gli intermediari della comunicazione online (qui l’avvocato Marco Scialdone).
La Ferrari, non contenta, dice che “in Italia c’è un vuoto legislativo sui social network” e che gli insulti anonimi sarebbero inaccettabili. Anonimi. Su Twitter, dove ognuno è registrato con una account. Al massimo possono essere nascosti dietro un nickname.
Infine, la contromossa della Rete. Come al solito, gli utenti travolgono la reazione stizzita del vip, e #QuerelaConPaola scala in breve le classifiche degli hashtag risolvendosi in un ulteriore danno all’immagine della Ferrari.
Ecco, signora Ferrari, lei ha diritto di tutelarla, questa immagine, ma è proprio in quest’ottica che dovrebbe evitare di dire castronerie su mezzi che, evidentemente, non conosce. In caso contrario, qualcuno la fermi.