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Il governo Monti in un pantano digitale

La discontinuità sistemica inaugurata dal governo tecnico guidato da Mario Monti, chiamato a svolgere l’ingrato compito di risanatore dei bilanci dello Stato, non sembra essere molto evidente in materia di regolamentazione di Internet, mercato televisivo e, soprattutto, in quell’intersezione che si crea tra i due insiemi. L’esecutivo “dei professori” è ormai a palazzo Chigi dal novembre scorso, otto mesi durante i quali il consiglio dei ministri ha inanellato una serie di piccoli successi alternandoli a grosse concessioni al sistema che ha governato per decenni l’ambiente mediatico della Penisola.

La partenza è stata timida ma tutto sommato di segno positivo. Già nel “Pacchetto semplificazioni” presentato alla fine di gennaio veniva infatti riservato un occhio di riguardo alle potenzialità di Internet e delle “reti telematiche”. Il focus è lo sviluppo della banda larga e l’imposizione dell’open data a tutta la rete della pubblica amministrazione che, contensutalmente, dovrà condividere i dati tra i vari settori sfruttando le tecnologie “a nuvola”. A marzo  partiva così il percorso dell’Agenda Digitale targata Monti, coordinata da una “cabina di regia” che alla metà del mese era pronta a partire (qui il documento ufficiale della roadmap). Benissimo per un paese che in materia di digital divide si trova sempre a guardare con invidia gli altri paesi europei.

Alla “cabina” si è affiancata in seguito anche l’Agenzia per l’Italia digitale, che però non è altro se non il nuovo nome della DigitPa, l’ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione che ha cambiato sigla più volte senza mai arrivare a svolgere il suo compito a regime. L’ennesimo lifting, insomma, al quale si accompagnano le prime perplessità sulla reale discontinuità alla quale si accennava poco sopra. Le nomine dell’Agenzia sembrano infatti destinate a seguire il destino di quelle di Rai ed Agcom: lottizzazione spinta e tanti saluti a trasparenza e meritocrazia. La modalità si assegnazine dei compiti inoltre, facendo comfusione tra le varie agenzie, rischia di provocare cortocircuiti nella gestione dello spazio pubblico online, senza contare i ritardi con i quali si stanno consumando le nomine stesse. Ultimamente è stato Paolo Donzelli, tra le altre cose responsabile della sopra citata “cabina di regia”, a proporre la sua idea sull’utilizzo della posta elettronica certificata, in merito alla quale assicura che presto sarà possibile eleggere a domicilio digitale la casella personale. Una bellissima idea, se non fosse che è possibile farlo dal 2006. E al passare delle settimane la situazione sembra entrare in ulteriore stallo e la cabina di regia stenta ad imprimere la svolta verso l’Italia 2.0.

L’atteggiamento del consiglio dei ministri nei confronti della Rete aveva assunto tinte fosche soprattutto il 29 aprile scorso, quando il ministro della giustizia Paola Severino, intervendo al festival del Giornalismo di Perugia, aveva dichiarato di vedere di buon occhio l’introduzione dell’obbligo di rettifica per i blogger perché “la Rete, in fondo, è troppo deregolamentata”. Basta solo accennare che argomento della discussione è la famosa norma “ammazza blog”, rimbalzata negli utlimi anni da un disegno di legge del dicembre 2006 firmato da Ricardo Franco Levi, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Prodi (un’inziativa legislativa che il Times di Londra, il 24 ottobre 2007, arrivò a definire come “un attacco geriatrico ai blogger italiani”), al decreto intercettazioni dell’ex guardasigilli Angelino Alfano, fino alla bozza del decreto giustizia che l’attuale governo stava mettendo a punto proprio nei giorni del festival.

Ma è sulla gestione del mercato televisivo italiano che Monti e la sua squadra si sono maggiormente macchiati di “continuità” con l’ancien regime. Sembrava lodevole l’aver annullato, ad aprile, il beauty contest che avrebbe regalato preziosi spazi nell’etere al duopolio Rai-Mediaset; ma oltre ai pesanti dubbi che si sono sollevati nelle ore successive al provvedimento, appare chiaro che la compagnia del Biscione, che contro la decisione dell’esecutivo ha fatto ricorso al Tar del Lazio, sembra conservare importanti santi in Parlamento.

Nella legge di conversione del decreto sui contributi all’editoria viene infatti piazzata una norma che amplifica la portata della legge Gasparri, la 112 del maggio 2004. Per chi l’avesse dimenticato, il testo firmato dall’attuale capogruppo del Pdl al Senato fu una raffinata operazione di congelamento dello status quo a tutto vantaggio di Mediaset. Veniva infatti previsto il Sistema integrato delle comuncazioni (Sic), un paniere che delimita un’area entro la quale nessun soggetto può superare il 20% di ricavi complessivi pena l’essere considerato in posizione dominante e dunque lesiva del pluralismo. Detto così sembra una norma di buon senso, se non fosse che il paniere in questione è talmente onnicomprensivo da attenuare la portata dello strapotere dei dupopolisti nel mercato televisivo diluendolo in un più vasto insieme di settori. Un insieme che, e veniamo ai nostri professori, viene ora ulteriormente slargato; nel Testo unico della radiotelevisione, figlio della legge Gasparri, vengono inseriti tra i “ricavi” anche quelli derivanti da “pubblicità on line e sulle diverse piattaforme anche in forma diretta, incluse le risorse raccolte da motori di ricerca, da piattaforme sociali e di condivisione”. 

L’obiettivo sembra essere quello di dare all’Agcom maggiore potere di intervento sugli “over the top” della Rete come Google, Facebook e affini. Il che non sarebbe scandaloso se non si stesse considerando, come spiega l’avvocato Guido Scorza su L’espresso, alla stregua di soggetti editoriali alcune imprese del Web che non hanno un controllo di natura, appunto, editoriale su ciò che passa sotto il loro logo. Inoltre, sempre stando all’analisi di Scorza, si sottrae ad un ampio dibattito parlamentare una norma che innesca un effetto domino che abbassa ulteriormente la percentuale di “estensione sul mercato” di Mediaset allargandone, di conseguenza, i confini dell’impero che è già suo. Questo sì che sembra poter ledere il pluralismo, e viene da riflettere sul fatto che si parla di una norma spinta verso la Gazzetta ufficiale da un esecutivo che poggia anche sui voti del Partito Democratico, che sul conflitto di interessi del Cavaliere ha costruito più di una campagna elettorale.

E non va meglio con l’ultima fresca assegnazione di frequenze agli operatori del broadcasting, atto che, stando all’analisi di Alessandro Longo, rischia di bloccare importanti spazi per la banda larga nel 2016, quando un terzo di essi dovranno essere destinati alla broadband, come previsto dalle norme europee.

Mario Monti ha assicurato nei giorni scorsi che nel 2013 non si ricandiderà per la poltrona di premier, lasciando la partita in mano agli scalpitanti leader di partito della seconda repubblica. Ha dunque meno di un anno per rilanciare l’azione legislativa sulla Rete e sull’intero panorama mediatico italiano tirandola fuori dalle sabbie mobili di palazzo dentro le quali sembra essersi impantanata strada facendo.

Magari il propulsore sarà il bando diffuso dal ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca il 5 luglio, il quale certifica lo stanziamento di 655 milioni di euro per lo sviluppo di “Smart cities and communities”: le “comunità e città intelligenti” dovranno fare leva sulle tecnologie digitali per incrementare i servizi in settori come sicurezza del territorio, invecchiamento della società, tecnologie di welfare ed inclusione, qualità della vita, giustizia, scuola, gestione dei rifiuti e dell’energia e tecnologie cloud per la pubblica amministrazione. Proprio il cuore di quell’Agenda Digitale. In bocca al lupo.

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L’antipolitica siete voi

Cittadini che chiedono trasparenza ad una classe politica delegittimata come poche volte nella storia di una Repubblica. La stessa classe politica sembra intenzionata ad accogliere le richieste e per le nomine di authority che si vogliono indipendenti, e apre all’invio dei curriculum dei candidati, da analizzare per fare nomine in linea con la legge, che prevede la provata indipendenza e competenza in materia di chi andrà ad occupare la poltrona. Poi, il colpo di mano: i curriculum vengono arrotolati nei bagni di Montecitorio a disposizione per chi ne avesse bisogno dopo aver votato, con rigida disciplina di partito, il candidato scelto dalla segreteria.

E così la nuova Autorità per le garanzie nelle comunicazioni vede due commissari in quota Pdl (il fedelissimo del “biscione” Antonio Martusciello e Antonio Preto), uno in quota Pd (Maurizio Decina) e uno in quota Udc (Francesco Posterano).

Un’operazione degna dell’ancien regime al punto che nella squadra del garante della Privacy finisce l’ora ex capogruppo del Pd alla Camera, Antonello Soro, che ha sviluppato un’enorme competenza in materia di protezione dei dati personali come dermatologo.

Ecco, questa è l’antipolitica. Chi chiede trasparenza vede nelle istituzioni i soggetti chiamati ad uno dei compiti più nobili del vivere civile: ponderare scelte che hanno ricadute sull’intera comunità con la massima razionalità, dopo un ampio dibattito che coinvolga i rappresentanti di quella stessa comunità (il Parlamento, per chi l’avesse dimenticato) e partorire dopo un’attenta analisi. Chi invece occupa quelle istituzioni, al momento, è uno stupratore della democrazia, incapace di vedere che fuori dal palazzo infuria la protesta e vero responsabile di quello che rischia di trasformarsi da un giorno all’altro in un movimento di cambiamento che, se la corda si spezza, non sarà più fatto a colpi di petizioni, campagne e raccolte firme.

Sono queste le persone che stanno consegnando l’Italia al populismo di Beppe Grillo coltivando solo la propria autoconservazione come occupanti di un potere sempre più accerchiato da chi si trova ormai impoverito da questo sistema che lo circonda.

Su come poi si muoverà realmente la nuova Agcom, naturalmente, non si possono fare previsioni (a parte una: difficilmente farà peggio della precedente) e c’è da aspettare per la nomina del presidente (che con tutte le probabilità sarà il bocconiano Angelo Cardani). Ma resta la conferma che l’attuale classe politica ha totalmente perso (qualora l’abbia mai avuto) il polso del paese e pensa che se ai cittadini manca il pane si può sempre compensare con le brioches. Ecco, sappiamo come è andata a finire in situazioni analoghe.

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Agcom, trasparenza e prese in giro

Agorà Digitale denuncia l’ennesimo affronto fatto a chi si batte per la trasparenza nelle nomine Agcom. A questo punto l’intervento dei caschi blu sarebbe benvenuto.

UpdateNicotra invita i parlamentari a disobbedire.

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Agcom, proroga di 60 giorni. Ma non oltre

La prorogatio degli organi collegiali dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni “non potrà protrarsi oltre i 60 giorni dalla scadenza del mandato dei suoi componenti”. A scriverlo è la seconda sezione del Consiglio di Stato nel parere sul quesito presentato dalla stessa Agcom. Il mandato del presidente Corrado Calabrò e dei commissari scade domani. Per il Consiglio “non sembra esserci dubbio” che i componenti di tutti gli organismi dell’authorithy siano di nomina parlamentare, anche il presidente, perché nonostante sia “nominato con decreto del presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, vede la proposta della propria nomina sottoposta al parere delle competenti Commissioni parlamentari, che devono esprimere parere favorevole a maggioranza dei due terzi dei propri componenti”. Per il Consiglio l’importanza delle mansioni svolte dall’Agcom non permette una sospensione dell’attività; tuttavia, proprio perché di proroga trattasi, “l’organo dovrebbe limitarsi all’adozione degli atti di ordinaria amministrazione e di quelli urgenti ed indifferibili”. 

Dunque, entro 60 giorni dovremmo sapere se i prossimi sette anni saranno caratterizzati, come gli ultimi, dalla necessità di combattere un’autorità (in)dipendente o se stavolta le nomine (ci crediamo poco, davvero poco) non saranno il prodotto dei soliti giochi di palazzo.

In questo, non resta che augurarci #Quinta4President.

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La resa di Calabrò e l’intervento dell’Onu

Confindustria e Fimi se ne facciano una ragione, ma stavolta abbiamo vinto noi. Ed è stata una grossa battaglia, che rischiava di essere vanificata da un governo di tecnici che dopo i vaneggiamenti è passato al silenzio, per decidere, infine, di non sporcarsi le mani. Pur contribuendo a rimettere subito le formazioni in trincea avallando la mancanza di trasparenza nelle nomine dei nuovi commissari Agcom, tanto da costringere l’Onu ad intervenire.

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La schizofrenia di Calabrò e il silenzio di Monti

In meno di un mese il presidente dell’Agcom, passando per le stanze delle commissioni del Senato, ha detto tutto e il contrario di tutto. Da “andremo avanti” a “dobbiamo attendere che il Governo ci investa dei poteri necessari” fino all’ “emaneremo la delibera entro la fine del mandato”. Entro il 18 maggio, dunque. Tutt’intorno, l’atteggiamento ambiguo del sottosegretario Antonio Catricalà, i dubbi sulle reali possibilità che il testo dell’Authority sia considerato legittimo in sede europea e gli ulteriori (originali) irrigidimenti delle norme previste nel testo antipirateria, come l’oscuramento dei siti in sede amministrativa.

La confusione ormai regna sovrana su un provvedimento destinato a stravolgere le dinamiche della Rete nostrana come la conosciamo ora. Una confusione che a tratti appare voluta, scudo dietro il quale si nascondo gli ultimi atti dell’attentato che si sta consumando nei confronti della comunicazione online. E se questo può essere comprensibile (non giustificabile, comprensibile) per un organismo che ha da tempo svelato la sua mancanza di indipendenza nei confronti di alcuni poteri economici, non è assolutamente accettabile per quel Governo di tecnici nominato proprio per la sua presunta libertà dalle dinamiche corporative che ingessano da decenni il “sistema Italia”.

Catricalà, cercado di spiegare la posizione dell’Esecutivo, ha già toppato, svelando le storture delle dinamiche che viziano la messa a punto di un decreto tanto importante; ora non può che toccare a Monti fermare questo scempio, invitare gli attuali commissari Agcom a esercitare solo poteri di ordinaria amministrazione fino alla scadenza del mandato (leggi “obbligarli, semplicemente fermando il decreto che giace nel cassetto del sottosegretario”) e rimettere al Parlamento la discussione sulla riforma del diritto d’autore. In tema di Internet e digitale il premier è intervenuto in prima persona su beauty contest e Agenda Digitale. Non può esimersi dal farlo anche su questa fondamentale questione. 

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Agcom in bozza

Si prevede inoltre che, in caso di violazione dei conseguenti ordini e delle diffide emanati dall’Autorità, oltre all’irrogazione delle sanzioni pecuniarie previste dalla legge istitutiva dell’Autorità medesima, questa possa disporre, in casi di particolare gravità ovvero se le violazioni dovessero ripetersi, la completa disabilitazione dell’accesso al servizio telematico oppure, nel caso in cui sia tecnicamente possibile, ai soli contenuti resi accessibili in violazione delle norme sul diritto d’autore (comma 2)

Anna Masera presenta sul suo blog la bozza del decreto sul regolamento che dobbiamo fermare.

Mentre Calabrò è tornato in Senato.

P.s.: per fare informazione in Rete occorre essere giornalisti iscritti all’ordine professionale? Ce lo dirà il tribunale di Pordenone alla fine di un procedimento che Guido Scorza definisce “Un attentato all’informazione online”.

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“Non possiamo farlo. Ma potremo”

Nell’audizione tenuta mercoledì in Senato il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò ha praticamente ammesso di non avere, al momento, una delega che permetta all’authority di emanare il regolamento sul diritto d’autore. Bene? Non proprio. Calabrò, dopo aver sostenuto a lungo di essere legittimato dal decreto Romani, si contraddice ma non molla, annunciando che il Governo è pronto a mettere a punto una norma che lo lascerà libero di attuare lo scempio sulla Rete. In pratica, fa notare Guido Scorza, lo scenario sarebbe quello di

un Governo che vara una norma allo scopo di ‘sanare’ una situazione di illegalità nella quale si è andata ad incastrare un’Autorità semi-indipendente, lasciandosi tirare per la giacchetta da un nugolo di preistorici industriali dell’audiovisivo incapaci di guardare al futuro e pronti a veder sacrificata la libertà di manifestazione del pensiero online sull’altare dei propri portafogli.
È, probabilmente, il peggiore degli epiloghi possibili di una vicenda che aveva già offerto uno spaccato inquietante ed allarmante dello stato di degrado nel quale sono precipitate le nostre istituzioni […] Siamo al golpe contro la Rete.

Come si reagisce ad un golpe? Come si reagisce ad un atto di forza che rende le istituzioni strumento di un potere che non rappresenta un interesse generale ma solo un interesse economico di parte, e per giunta fuori dal tempo?

La risposta sembra essere una sola: resistenza. Resistenza contro uno strappo che si consumerebbe a meno di due mesi dalla fine del mandato degli attuali commissari dell’Agcom. Ribadisco che se i soggetti in gioco non hanno centrato il loro obiettivo nei tempi che avevano previsto è solo grazie alla straordinaria mobilitazione che gli utenti di questo mezzo hanno messo in atto per ripararlo dalla colata di lava che stava per travolgerlo. E in Senato quella mobilitazione è stata citata più volte.

La pressione deve continuare, per evitare questo colpo di mano e per far sì che sia il Parlamento, dopo una discussione che coinvolga tutti (tutti!) gli stakeholder, a legiferare su una riforma del diritto d’autore tarata sulla nuova realtà digitale. E che il rinnovo dei commissari non segua le modalità di martuscielliana memoria. Altrimenti saremmo alla ripetizione del paradosso: l’espressione del tecnicismo al Governo e l’espressione dei partiti dentro un’authority, con il primo a legittimare lo scellerato operato dei secondi.

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Dobbiamo fermarli. Di nuovo

Corrado Calabrò AgcomTra soli due giorni Corrado Calabrò sarà in Parlamento. La squadra dell’Agcom da lui presieduta ha tutta l’intenzione di chiudere la partita del regolamento sul diritto d’autore prima della fine del mandato, ormai imminente. Insomma, questi signori anziché limitarsi (come forse sarebbe giusto) all’ ordinaria amministrazione in attesa di passare il testimone, provano a scappare col malloppo imponendo alla Rete e ai suoi utenti un inaccettabile bavaglio. Li abbiamo già fermati. Ora dobbiamo farlo di nuovo.

Segnalo l’iniziativa di Avaaz: bombardamento ad onorevoli e leader di partito.

p.s.: non c’entra con Internet ma basta come paradigma degli schemi mentali dell’industria del disco; la Corte di Giustizia europea ha stabilito la liceità della diffusione di musica nelle sale d’aspetto dei dentisti, dopo la denuncia che la Società consortile fonografici aveva recapitato ad un dentista torinese (insieme a richiesta di risarcimento di 25mila euro). I motivi sono ovvi: la diffusione di musica non è la principale attività dell’ambiente nel quale avviene e quindi non si configura lo scopo di lucro; inoltre, i pazienti in sala d’attesa non sono classificabili come “pubblico”. Infine, fatela finita con questo tipo di richieste, sono ridicole.

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Una cabina di regia targata Agcom

All’unanimità l’Agcom invita il governo Monti a mettere a punto una road map per il digitale nel nostro paese. Qualcuno dirà “era ora!”, qualcun altro, “meglio tardi che mai!”. Di sicuro le autorità del nostro paese non ci avevano abituato a questi toni carichi di speranza nei confronti delle ICT. 

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Forse ha ragione la Lega

Il titolo non spaventi, è ovviamente una provocazione. Però quando le camicie verdi parlano delle radicali differenze che intercorrono tra i paesi dell’Unione lanciano un messaggio che torna alla mente in giornate come questa.

Leggo che in Germania vengono aboliti i filtri alla Rete (“l’unico modo per evitare che siti come quelli pedopornografici vengano visti è eliminarli”, e le liste nere risultano più un pericolo che una garanzia, non sai mai cosa può andarci a finire dentro), che in Svizzera il P2P non rappresenta un indiscriminato fumo negli occhi per un interno sistema ipergarantista ma solo degli interessi di pochi.

Mentre da noi i provider devono comprarsi una pagina sul primo quotidiano economico del Paese per lanciare un allarme sul regolamento che sta per varare l’Agcom in materia di fibra ottica, a loro detta foriero di inaccettabili irrigidimenti verso il monopolio. Agcom, autorità che ha più volte dimostrato la sua indipendenza. E la fibra ottica, che per il momento è stata al centro solo di tavoli fallimentari e annunci tanto roboanti quanto fasulli.

Lo so che sono temi disparati tra loro però sono in fondo spie di un approccio di fondo alla materia tutta. Signori della Lega, parlamentari tutti: noi e loro non siamo differenti. Già, noi siamo indietro.

P.s.: Passera dice che l’innovazione beneficerà di fondi e programmi al di là di specifici ruoli all’interno del Governo. Continua l’altalena tra stress e fiducia.

Update 7 dicembre – From Manteblog

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Le lettere vanno di moda…

Ormai la corrispondenza tra Roma e Bruxelles è pane quotidiano per la cronaca. Stavolta riguarda da vicino noi neitzen: la Commissione Europea scrive all’Agcom per chiedere chiarimenti in merito all’ormai famigerato regolamento contenuto nella delibera 668/2010 e alle modifiche occorse nei mesi.

Nella lettera si richiederebbe all’AGCOM, che aveva ammorbidito a luglio la delibera emessa a dicembre 2010, di reintrodurre l’inibizione all’accesso ai cittadini italiani in caso di siti esteri che violano il diritto d’autore, si consiglierebbe di agire anche nei confronti degli access providers ( e non solo nei confronti degli hosting providers, ovvero di coloro che ospitano i siti che violano il copyright) italiani con l’ordine di inibizione in caso di siti italiani, e si chiede all’AGCOM, in quanto ritenuto evidentemente non in linea con la disciplina europea, di riconsiderare l’introduzione del cd fair use ( ovvero dell’uso amatoriale del copyright che limita la possibilità di adottare il procedimento inibitorio). Quello che costituiva invece l’unica nota positiva dell’intero procedimento.”

Sono parole dell’avvocato Fulvio Sarzana, il quale pubblica in anteprima i contenuti della missiva. Lettura consigliatissima, come l’analisi che fa Guido Scorza.

Update 10 novembre 2011 – La prima versione della lettera viene sostituita da una nuova e ufficiale.

Rilancia (doppio) Guido Scorza a cui si affianca Marco Sicaldone. La Commissione critica i tempi troppo lunghi delle procedure di rimozione, quelli troppo corti concessi alle difese e i poteri eccessivi ed eccedenti che l’Agcom si è autoattribuita.

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L’Agcom dà il via alle audizioni mentre Mediaset batte Yahoo. E arriva un’altra proposta di legge dal secolo scorso…

AGCOML’avvocato Guido Scorza fotografa la situazione in merito al regolamento che l’Agcom si appresta a varare in materia di tutela dei diritti d’autore online, mettendo in luce pericoli, contraddizioni e possibili alternative:

E’ scaduto in queste ore il termine – rigorosamente estivo – concesso dall’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni agli addetti ai lavori per partecipare alla consultazione pubblica relativa allo schema del nuovo regolamento sul diritto d’autore online che tante polemiche ha sollevato nei mesi scorsi.

Nei prossimi giorni si aprirà, invece, la fase delle audizioni nel corso della quale i soggetti interessati che hanno presentato, per iscritto, all’Autorità le proprie posizioni sullo schema di regolamento avranno la possibilità di illustrarle, nel dettaglio, ai funzionari dell’Autorità.

Chiusa anche questa fase, quindi, nei prossimi mesi starà all’Autorità – tenuto o meno conto delle osservazioni ricevute e perplessità sollevate da quanti hanno partecipato alla consultazione – adottare il regolamento e stabilire così, una volta per tutte, quali saranno le regole che governeranno la circolazione dei contenuti digitali nello spazio pubblico telematico italiano.

Una piccola Autorità, un minuscolo regolamento per un ambizioso obiettivo.

Tanto ambizioso, quanto pericoloso perché qualsivoglia errore commesso – ed a giudicare dallo schema di regolamento ce ne sono tanti – nella definizione della posizione di equilibrio tra la tutela dei diritti d’autore e quella della libertà di manifestazione del pensiero, finirà, inesorabilmente, con l’incidere sulla misura di democrazia e libertà alla quale avremo diritto, on line, negli anni a venire”

Continua a leggere su Wired.it

MEDIASET VS YAHOO! – Nel frattempo il tribunale di Milano accoglie le richieste di Mediaset e condanna Yahoo per aver indebitamente diffuso sul suo portale materiale coperto da diritto d’autore. Appuntamento al 18 ottobre per la quantificazione della multa.

UPDATE 17 settembre 2011 – Arrivano anche le motivazioni dei giudici, qui brillantemente analizzateda Guido Scorza. 

Mentre, con meraviglioso tempismo, viene depositata alla Camera dei Deputati la proposta di legge C4549, mirante a modificare gli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, quello che recepisce la direttiva 2000/31/CE (sulla “Responsabilità dei prestatori intermediari”). La proposta parte dal presupposto che la direttiva solleva gli intermediari da responsabilità qualora gli utenti dei servizi  da loro gestiti commettano reati, ma solo quando è accertato che lo stesso intermediario era ignaro della presenza del suddetto contenuto. Dunque, affermano i proponenti, in tutti quei casi nei quali l’intermediario (che sia esso provider di connessione o di servizi telematici) viene informato, da qualunque soggetto, in merito ad una violazione perpetrata sulle sue reti, esso deve intervenire per risolvere il problema. Il punto critico della proposta è che si salta il momento nel quale viene accertato che un contenuto genera reato, il che spetta alla magistratura e a nessun altro. Inoltre, nonostante si riconosce all’intermediario di non avere obblighi di sorveglianza, si spinge affinché egli implementi dei filtri contro la pubblicazione di materiale, ad esempio, in violazione di copyright. Si arriva addirittura a pensare di chiedere agli intermediari “la sospensione della fruizione dei servizi dei destinatari di tali servizi che pongono in esame violazioni dei diritti di proprietà industriale per evitare che siano commesse nuove violazioni della stessa natura da parte degli stessi soggetti”. Cioè, non si deve far pubblicare di nuovo a quel soggetto quel contenuto, imboccando la china pericolosa che porta fino alla richiesta di impedire l’accesso al servizio e, perché no, alla Rete Internet. 

Per approfondire in merito agli scempi di questa iniziativa legislativa clicca qui

Una “curiosità”: la 4549 fa il paio con il disegno di legge 4511, intitolato proprio “Modifica degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, in materia di responsabilità e di obblighi dei prestatori di servizi della società dell’informazione”; firmato dall’onorevole leghista Giovanni Fava, sembra proprio il testo sul quale è stata ricalcata questa nuova proposta. 

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Agcom e copyright: pronti per l’autunno?

Dunque, siamo in attesa di nuove mosse da parte dall’Agcom, dopo la moratoria scattata in luglio, con scadenza a novembre, sul testo del regolamento contenuto nella delibera 668/2010. Nel frattempo, il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio EU ha in programma di estendere da 50 a 95 anni il termine dei diritti d’autore dei quali beneficiano artisti (interpreti ed esecutori) e produttori di fotogrammi.

Sempre in ambito internazionale, Parigi è pronta ad ospitare un nuovo G8 per la Rete, questa volta focalizzato sul copyright. E mentre alcune telco francesi iniziano a prospettare nel loro paese un limite di utilizzo della banda, si consumano stravolgimenti negli assetti delle maggiori società del mondo della tecnologia, con conseguenze già a breve termine su tutto il sistema.

E’ giusto una serie di appunti per dire che, tornati dalle ferie, bisogna prepararsi alla mobilitazione autunnale…

UPDATE 31 agosto 2011 – Quasi dimenticavo: inizia oggi l’asta delle frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre e utili per le reti di nuova generazione 4G. Sono quattro le compagnie di telecomunicazioni in corsa: Telecom Italia, Vodafone, Wind e H3G. Poste Mobile e Linkem si sono tirati indietro all’ultimo. Si spera di ricavare almeno 3,1 miliardi di euro che le aziende dovranno versare entro al fine di settembre; la base d’asta è di 2,4 miliardi con possibilità di un rilancio minino del 3%. Sarà possibile consultare le graduatorie sul sito del ministero dello Sviluppo Economico. 

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Regolamento Agcom: moratoria fino a novembre. E intanto l’Autorità apre al dialogo

Arriva la decisione da parte dell’Agcom di mettere, di fatto, in moratoria fino a novembre il testo del regolamento contenuto nella delibera 668/2010. L’annuncio è arrivato da parte del presidente Corrado Calabrò durante l’audizione di oggi al Senato, seconda parte di quella avuta giovedì scorso. Commentano così il segretario di Agorà Digitale Luca Nicotra e Marco Perduca, senatore radicale: “è un’altro passo nella giusta direzione. Un segnale positivo perché dimostra come il confronto di Agcom con una mobilitazione che ha coinvolto numerose associazioni, partiti, organizzazioni ed esperti del settore stia pian piano erodendo le certezze e la volontà di chiudere con rapidità che l’Autorità stessa aveva espresso solo poche settimane fa. Si tratta pero’ di segnali che ci inducono ad auspicare che la mobilitazione continui, insistendo su un punto: l’Autorità abbia il coraggio di sospendere l’iter del regolamento fino all’approvazione di una riforma del diritto d’autore. Innanzitutto perche’ i riferimenti normativi fatti dall’Autorità sono quantomeno dubbi: il decreto Romani riguarda solo i media audiovisivi e non l’intero diritto d’autore, mentre la normativa sul diritto d’autore, nella parte citata da Agcom (art. 182/bis), è del 2000 e non si comprende, se sussistesse tale legittimità di intervento, il motivo per cui l’Autorità ad oggi non l’abbia messa in atto.
Inoltre il regolamento avrebbe un impatto enorme nel frenare l’innovazione nel paese, escludendo nuovi soggetti per favorire quelli con posizioni consolidate. Ma soprattutto sarebbe un precedente nell’uso di sistemi di censura senza eguali in altri paesi occidentali. Un rischio di un regolamento-apripista nell’uso della censura come sistema per affrontare i problemi che pare confermato dalla richiesta di Calabrò al Parlamento di attribuire ad Agcom il potere di intervento anche sui siti esteri”.

Stamattina attivisti e blogger avevano consegnato a Calabrò il volume “La Rete, una Sinfonia”, iniziativa partorita da Agorà digitale, Avaaz e FakePress contenente gli oltre 20000 messaggi che hanno invaso profili Facebook e Twitter in queste ore; “La richiesta della società civile, dei parlamentari e addirittura di membri del governo è la stessa da mesi – ha dichiarato lo stesso Luca Nicotra, che ha fisicamente consegnato il volume – L’Autorità non ha la possibilità di autoattribuirsi poteri di censura di contenuti e perciò si deve fermare, mettere in moratoria il regolamento, e lasciare che della riforma del sistema del diritto d’autore si occupi il Parlamento”.

UPDATE 29 luglio 2011 – Puntuale, Guido Scorza mette in evidenza le contraddizioni e le incongruenze che si celano dietro questa decisione dell’Agcom; l’Autorità appare così in totale confusione.

UPDATE 3 agosto 2011 – L’Agcom sembra aprire al dialogo: nell’ultima newsletter l’Autorità propone un forum degli addetti ai lavori che, giovandosi anche dei contributi che gli utenti lasciano sui social network, possa creare un centro di discussione sul nuovo regolamento. Commenta così, al Fatto Quotidiano, Luca Nicotra: “Indubbiamente è un passo avanti che testimonia l’importanza della nostra mobilitazione. All’autorità va dato atto di un cambiamento netto nel modo di porsi nei confronti del popolo della Rete, specie nell’uso del linguaggio, prima indirizzato a screditare gli utenti, ora quasi “da vecchi amici. Certo, una cosa è una newsletter, un’altra è un forum, un’altra ancora è il Parlamento, che secondo noi era e rimane l’unico luogo deputato a decidere e legiferare su determinate questioni. In tal senso, una pagina su Facebook non può sostituire la Camera o il Senato. Noi vigileremo su questa iniziativa per comprenderne la reale portata e come sempre lo faremo con molto rigore”.

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Calabrò convocato in Parlamento

Corrado CalabròApprendo dal blog di Luca Nicotra di un importante passaggio verso quello che si spera sarà uno stop alla censura che l’Agcom vorrebbe imporre ad Internet; riporto per intero qui sotto il post:

Levataccia per Corrado Calabrò giovedì mattina e soprattutto un altro passo nella direzione giusta. Giovedì il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stato convocato con urgenza alle ore 8.30 dalle commissioni 7a (Comunicazioni) e 8a (Cultura) del Senato per rispondere dei gravi attacchi alla libertà di informazione e all’accesso alla conoscenza che permangono nel nuovo schema di regolamento sul diritto d’autore (qui il calendario del Senato). Perchè l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stata sì costretta a modificare il suo regolamento, rinunciando di autoattribuirsi il potere di inibire l’accesso ad interi siti web, ma ha deciso di insistere nel faraonico e terrorizzante progetto di diventare arbitro di tutti i contenuti presenti sulla Rete.

Aver ottenuto questa convocazione è un altro importante successo per chi, come Agorà Digitale e tutte le associazioni riunite nell’iniziativa sitononraggiungibile.it (Adiconsum, Altroconsumo, Assoprovider assistiti da Fulvio Sarzana e Marco Scialdone), fin dall’inizio ha preso una posizione chiara e netta che manterremo fino alla fine: l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non può intervenire con un regolamento che mette in pericolo principi fondamentali come giusto processo, libertà di espressione, di informazione, diritto di accesso alla conoscenza e la libertà di impresa. C’e’ bisogno innanzitutto di una riforma delle regole che ci permettono di condividere contenuti in rete. Catastrofico applicare le norme pensate dall’Autorità senza prima riformare un reperto archeologico del 1941 qual’e’ la legge sul diritto d’autore, che deve essere adeguata alle nuove forme della creatività, della circolazione delle informazioni e della possibile remunerazione.

Da una parte il Parlamento non ha strumenti per imporre “formalmente” uno stop al regolamento. Dall’altra Agcom non potrà ignorare la posizione delle istituzioni, tanto piu’ questa sarà forte e motivata. Chiari sono stati innanzitutto i senatori Vita e Vimercati, che con urgenza hanno avanzato la richiesta di convocazione sostenendo che

a questo punto, sia opportuna una moratoria, in attesa di una procedura istituzionalmente più corretta, non lesiva delle prerogative delle Camere”.

Ma sono 23 i senatori che compongono gli uffici di presidenza delle due Commissioni che audiranno Calabrò e sappiamo quanto poca sia la consapevolezza della classe politica dei rischi insiti nel regolamento Agcom. È compito anche nostro, di noi che ci siamo mobilitati fino ad ora, provare a convincerli dell’assoluta necessità di uno stop al provvedimento. Abbiamo meno di 48 ore di tempo.

Per cominciare trovate i loro nomi e la loro attività su questa e quest’altra pagina.

E questi sono i loro indirizzi:

possa_g@posta.senato.it, barelli_p@posta.senato.it, vita_v@posta.senato.it, valditara_g@posta.senato.it, marcucci_a@posta.senato.it, asciutti_f@posta.senato.it, giambrone_f@posta.senato.it, rusconi_a@posta.senato.it, pittoni_m@posta.senato.it, musso_e@posta.senato.it, polibortone_a@posta.senato.it, levimontalcini_r@posta.senato.it, grillo_l@posta.senato.it, menardi_g@posta.senato.it, ranucci_r@posta.senato.it, baldini_m@posta.senato.it, vimercati_l@posta.senato.it, cicolani_a@posta.senato.it, filippi_m@posta.senato.it, stiffoni_p@posta.senato.it, oliva_v@posta.senato.it, fistarol_f@posta.senato.it, detoni_g@posta.senato.it

Sapete cosa fare. Scrivete, informate e condividete. I motivi di questa nuova mobilitazione sono forti e condivisi nella società civile e tra gli addetti ai lavori. Molto dipende dalla nostra capacità di raccontare anche a politici per troppo tempo distanti dalle nuove forme di diffusione dell’informazione e della conoscenza l’enorme rischio che stiamo correndo”.

In una mail Agorà Digitale indica quali documenti potrebbero essere inviati per fare pressione: La lettera aperta ai Membri delle Commissioni VII e VIII del Senato della Repubblica di Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assoprovider e Studio Legale Sarzana e L’approfondimento a cura di Agorà Digitale sul nuovo regolamento Agcom.

Guido Scorza suggerisce qualche domanda da porre al presidente Calabrò, mentre Avaaz propone una nuova campagna di mail bombing.

UPDATE 21 LUGLIO 2011 – Sono qui disponibili gli interventi dell’audizone. Qui il pdf con la relazione scritta del presidente Calabrò relativo alla delibera 398/11CONS, quella che indice la “Consultazione pubblica sullo schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica”. 

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1 Commento

Agcom signora dei tranelli

Analizzando la delibera pubblicata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Guido Scorza ha rilevato la presenza di alcuni importanti dettagli che nel comunicato stampa di presentazione erano stati tralasciati…

Sfortunatamente, il testo del Regolamento ora posto in consultazione pubblica, continua ad evidenziare i tanti aspetti di criticità al centro delle discussioni, mobilitazioni e dibattiti delle ultime settimane. Le poche luci del testo del Regolamento, infatti, non valgono a dissipare le troppe ombre che permangono. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – dispiace doverlo scrivere dopo essersi illusi di un più significativo ripensamento – continua ad arrogarsi l’esercizio di un potere normativo che non le compete e che non le attribuisce alcuna disposizione di legge primaria, sulla circolazione di ogni genere di contenuto nello spazio pubblico telematico. L’Autorità, infatti, a quanto si legge nello schema di regolamento sembrerebbe intenzionata a dettare regole valide per “ogni contenuto sonoro, audiovisivo, giornalistico ed editoriale coperto da copyright diffuso su reti di comunicazione elettronica” anziché per i soli contenuti audiovisivi. Ambiguo, almeno nell’attuale formulazione, inoltre il limite soggettivo di applicazione delle norme contenute nella nuova disciplina che l’Autorità sembra intenzionata – anche qui in assenza di qualsiasi copertura normativa – a rendere applicabili anche ai soggetti che esercitano attività per scopo non commerciale e/o all’estero. Tante, troppe e davvero di grande rilievo, inoltre, le perplessità che il testo del Regolamento solleva in merito al procedimento che, nelle intenzioni dell’Autorità, dovrebbe condurre alla rimozione di un contenuto dallo spazio pubblico telematico.

Il procedimento, infatti – nonostante il comunicato stampa avesse fatto ipotizzare il contrario – rimane sommario: il gestore del sito e/o il fornitore del servizio media audiovisivo [e non l’uploader del contenuto, se diverso] infatti avrà a disposizione solo 48 ore per far pervenire all’AGCom – peraltro attraverso la posta elettronica certificata in uso, come è noto, solo a un manipolo di geek italici e/o brunettiani – eventuali controdeduzioni.

Si tratta, evidentemente, di una colossale ipocrisia dell’Autorità che sa perfettamente che in un intervallo di tempo tanto breve nessun gestore di sito internet e/o di piattaforma di condivisione di contenuti sarà mai in grado di formulare e trasmettere osservazioni difensive su di un contenuto che, peraltro, è stato prodotto e pubblicato da un terzo.
Il modo con il quale l’AGCom finge di riconoscere ai contro interessati il diritto ala difesa e quello a un giusto processo loro costituzionalmente garantiti, è, a dir poco, offensivo.
Egualmente irrisorio – e da stato di guerra – il
termine di 48 ore entro il quale, a seguito dell’adozione del provvedimento da parte degli uffici dell’Autorità, il destinatario dello stesso dovrà/potrà procedere alla spontanea rimozione prima che gli uffici stessi trasmettano al Collegio dell’Autorità gli atti per l’adozione di un formale ordine di rimozione.
Non è chiaro, inoltre, a quale genere di provvedimento l’Autorità stia pensando quando scrive che, in relazione ai soggetti localizzati all’estero, qualora non ottemperino all’ordine di rimozione del quale pure possono essere destinatari, “l’organo collegiale può ordinare al fornitore di servizi di media audiovisivi o radiofonici attivo in Italia la cessazione della trasmissione o della ritrasmissione di programmi audiovisivi diffusi in violazione delle norme sul diritto d’autore”.
Il rischio è che nonostante nel comunicato stampa sia stato espressamente dichiarato l’esatto contrario, l’AGCom continui a ipotizzare di riservarsi il diritto di chiedere ai provider italiani di
rendere inaccessibili i contenuti oggetto di sospette [solo l’autorità giudiziaria può accertare l’effettiva violazione] violazioni del diritto d’autore.
Inaccettabile, infine, l’idea che l’AGCom si riservi il diritto di irrogare
salatissime sanzioni pecuniarie per l’ipotesi di violazione di provvedimenti da essa stessa sommariamente adottati – e, quindi, con un ampio margine di errore – in forza di regole da essa medesima scritte, in gran parte, senza disporre della necessaria copertura normativa.
Troppe ombre, purtroppo, soprattutto alla luce delle tante occasioni sin qui offerte all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per ritornare sui suoi passi e proporre il varo di un provvedimento più equilibrato.
Non resta che partecipare alla consultazione pubblica e provare, ancora una volta, a far comprendere all’Autorità che i diritti e le libertà fondamentali degli utenti valgono almeno quanto quelli – solo economici – dei Signori del Copyright.

Leggi anche il suo intervento su Punto Informatico, del quale propongo qui sotto un estratto.

Accadrà così che centinaia di migliaia di contenuti – video, post e podcast – di cittadini ed utenti verranno rimossi dallo spazio pubblico telematico senza che questi ultimi ne abbiano notizia né siano posti nella condizione di difendersi. Si tratta di una previsione a dir poco anti-costituzionale perché in aperta violazione, con un colpo solo, degli articoli 21 (libertà di manifestazione del pensiero), 24 (diritto alla difesa) e 111 (diritto ad un giusto processo).

Siamo dinanzi ad un autentico golpe istituzionale per effetto del quale un’Autorità amministrativa pretende di spogliare i cittadini di diritti e libertà fondamentali loro riconosciuti dalla Carta Costituzionale. I perversi ideatori di questo procedimento andrebbero probabilmente processati per attentato alla costituzione (lo scrivo in senso atecnico) o, più semplicemente, occorrerebbe augurare loro che, se in affitto, venissero sfrattati dalla propria abitazione all’esito di un procedimento celebrato in 48 ore davanti ad un’Autorità amministrativa formata dai rappresentanti dei proprietari degli immobili e senza neppure essere informati della pendenza del procedimento medesimo.

L’espressione “illegittimità costituzionale” non rende giustizia all’iniquità della previsione che l’Autorità vorrebbe introdurre nel nostro ordinamento. L’unica concessione, si è detto, che l’Autorità sembra intenzionata a fare agli utenti della Rete è il riconoscimento del principio del cosiddetto fair use. Gli utilizzi di opere dell’ingegno altrui a scopo non commerciale, e non in concorrenza con l’uso commerciale delle opere stesse da parte degli aventi diritto, non dovrebbero costituire una violazione dei diritti d’autore.

In linea di principio si tratta – occorre darne atto agli uomini del Presidente Calabrò – di un fatto non di poco conto e da salutare con favore. A ben vedere, tuttavia, anche sotto tale profilo l’AGCOM concede a parole molto di più di quanto non riconosca effettivamente a sfogliare le norme contenute nel Regolamento.

La verifica circa la sussistenza di un’ipotesi di fair use, infatti, è rimessa in prima battuta agli stessi titolari dei diritti (art. 6, comma 1) ed in seconda battuta alla competente Direzione dell’Autorità (art. 9, comma 3) che anziché valutarla alla stregua della giurisprudenza sembra chiamata a farlo sulla base di parametri autonomamente individuati dalla medesima AGCOM all’art. 10 del Regolamento. Tutto, in altro parole, sembra confermare la convinzione dell’Autorità di poter scrivere un codice speciale – di merito e rito – per questo genere di procedimenti ed essere preordinato a confinare le ipotesi di fair use a reali e rarissime eccezioni.

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Calabrò, recepito il messaggio?

La Notte della ReteA difesa di una Rete libera e dei diritti ad essa connessi nel nostro paese c’è un movimento guidato da persone competenti, appassionate e straordinariamente affiatate. E’ questa la sensazione che ho avuto partecipando a “La Notte della Rete”; ad una classe dirigente miope, sorda alle tematiche del nuovo mondo digitale o peggio interessata a che esso sia riconducibile ad uno schema quanto più televisivo e controllabile, si contrappone una rete di persone che unendo le loro competenze e professionalità è in grado di trasmettere un messaggio forte ed inequivocabile come lo è stato il NO alla CENSURA gridato ieri non alzando la voce, ma mettendo in fila argomentazioni di altissimo valore tecnico, giuridico, civile e morale. Il materiale filmato dell’incontro di ieri (qui e quidiventa così una specie di collezione di “perle” sulla libertà della Rete che rendono l’idea di cosa significa davvero pensare 2.0, di cosa significa approcciare le tematiche di Internet imponendosi un cambio di paradigma, una nuova forma mentis indispensabile per mettere a punto soluzioni di regolamentazione degli aspetti critici del mezzo. “Conoscere per deliberare” è stato il motto lanciato da Emma Bonino e ripreso in serie da molti dei protagonisti della giornata; e non c’è dubbio sul fatto che questi ultimi continueranno in questa loro opera di sensibilizzazione, alfabetizzazione, divulgazione e mobilitazione, online ed offline. E noi saremo al loro fianco, in una lotta che non sarà contro il diritto d’autore, ma per una disciplina sul copyright moderna e fedele alla sua ragion d’essere, così come non sarà contro l’Agcom, ma a favore di un’Autorità che possa essere davvero indipendente nelle decisioni che prende e nelle delibere che mette a punto e smetta di essere diretta espressione dell’establishment politico-economico (tanto che gli stessi membri dell’Agcom dovrebbero ribellarsi a questa situazione, come hanno sottolineato, tra gli altri, l’avvocato Marco Scialdone e Nicola D’Angelo, il commissario Agcom rimosso dal ruolo di relatore della delibera 668/2010). Diritto d’autore e Autorità sono (diversi) strumenti che vanno e possono essere utilizzati per la messa a punto di un quadro che sia funzionale allo sviluppo del mezzo, di chi ne fruisce e dunque della società tutta, senza che nessuno ne tragga un vantaggio sproporzionato a danno di altri. E’ l’utilizzo di questi strumenti al servizio di interessi di parte che va combattuto. Come afferma oggi l’avvocato Guido Scorza, anch’egli intervenuto alla manifestazione: “Una la convinzione di tutti i partecipanti all’incontro: il diritto d’autore è solo una scusa ma la reale intenzione di quanti, sin qui, hanno imbeccato l’AgCom è quella di difendere anacronistici modelli di business e di creare, in Via Isonzo, la cabina di regia della web-televisione nella quale minacciano di trasformare Internet […] La Rete, ormai, è diventata sul piano commerciale un concorrente pericoloso della televisione e sul piano politico un efficace strumento di aggregazione e mobilitazione capace di togliere alla TV ed ai giornali il primato sull’orientamento ed il controllo delle masse. I Lorsignori del Palazzo non hanno dubbi, pertanto, che l’informazione, la creatività e le idee, libere, on line, vadano controllate e fermate attraverso un’efficace regia politico-economica che, appunto, nell’Autorità, con la scusa della tutela del diritto d’autore, trova la sua sede ideale.”.

Oggi l’Agcom ha approvato (7 voti a favore, un astenuto ed un contrario) il suo schema di regolamento: si stabilisce, con una limatina, che la procedura di rimozione dei contenuti per via amministrativa è alternativa e non sostitutiva di quella ordinaria che passa per la magistratura (quella prevista dallo stato di diritto insomma) e che verrebbe bloccata da un ricorso di una delle parti al giudice. Scompare anche la possibilità di inibizione dell’accesso ai contenuti e ai siti online. Si allungano i tempi della procedura dinanzi all’Autorità (20 giorni prorogabili di altri 15) alla quale si arriva se i contenziosi non vengono risolti con una procedura simile al notice-and-takedown. Viene infine aperta una consultazione pubblica di 60 giorni che rimanderà ogni decisione a settembre. Il tutto mentre si dimette il primo relatore Gianluigi Magri (per “svelenire il clima ed evitare strumentalizzazioni”). Dunque, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni temporeggia, accusando evidentemente il colpo delle mobilitazioni. Dobbiamo comunque tenere gli occhi aperti e continuare a lottare, con la raggiunta consapevolezza che battaglia dopo battaglia ad averla vinta potrebbe non essere questo regime politico-mediatico sulla cui facciata iniziano a vedersi alcune crepe…

Già che ci sono segnalo questo puntualissimo post che ho trovato su METILPARABEN. 

Qui sotto invece un paio di foto scattate ieri.

La Notte della ReteLa notte della Rete


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Dalle ore 17:30 in streaming “La Notte della Rete”, la piazza virtuale contro la censura

http://www.ustream.tv/flash/viewer.swf
Online video chat by Ustream

La Notte della Rete

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“La Notte della Rete”: contro la la censura

La notte della Rete 5 luglio 2011Occorre portare il dissenso contro la delibera 668/2010 dell’Agcom dal Web alla piazza. Martedì 5 luglio sarà cosìLa notte della Rete”: 4 ore no-stop in cui si alterneranno cittadini e associazioni in difesa di Internet, oltre a politici, giornalisti, cantanti ed esperti del settore. L’evento avrà luogo a partire dalle ore 17:30 alla Domus Talenti a Roma (qui l’evento su Facebook) e sarà trasmesso in diretta streaming su Fattoquotidiano.it e su una rete di tv locali.

Intanto, sul sito Avaz.org è possibile aderire alla campagna che si pone l’obiettivo di inondare i membri dell’Autorità di messaggi per chiedere loro “di respingere la regolamentazione e preservare così il nostro diritto ad accedere all’informazione su internet”. Il messaggio in questione recita: 

Cari membri dell’Autorità per le comunicazioni,

Vi chiediamo di astenervi dall’adottare la nuova regolamentazione numero 668/2010 che vi darebbe il potere di rimuovere contenuti da siti internet italiani e di chiudere i siti stranieri, se sospettati di violare il copyright. Nessuna decisione che sopprime la libertà della rete e i nostri diritti fondamentali di accedere alle informazioni può essere presa senza la decisione di un giudice. Vi chiediamo di rimettere la questione al Parlamento, come prevede la nostra Costituzione.

Segnalo anche l’iniziativa di protesta promossa da Agorà Digitale e Valigia Blu del 4 luglio. 


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