Articoli con tag Open Data

La Regione Lazio diventa open

L’open data passa la prova del Consiglio regionale, che approva il testo di legge sul “riutilizzo delle informazioni e dei dati pubblici”. Grazie a questa norma sarà possibile avere accesso all’enorme mole di dati custoditi nei database della “Pisana” così da permettere a chiunque lo sviluppo di statistiche e servizi o anche solo una più dettagliata valutazione dell’attività amministrativa regionale. L’esempio dichiarato non è da poco: il portale Data.gov, fortemente voluto negli Stati Uniti da Barack Obama. Una norma che viaggia verso il Bollettino ufficiale grazie all’impegno sul tema da parte dei Radicali.

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Liberare i dati della Regione

Agorà Digitale  e i Radicali sono entrati a gamba tesa nei database della Regione Lazio, e per me è stato un piacere darne notizia su Repubblica.

Spiega Luca Nicotra:

Il principio è che i dati appartengono al cittadino, che li ha letteralmente pagati con le sue tasse. Ecco, con questa legge si stabilisce il diritto di accesso a quei dati. Un diritto che apre scenari vantaggiosi non solo dal punto di vista della trasparenza, ma anche da quello economico.

Faccio un esempio: la Regione libera i dati, un programmatore in gamba li prende e li usa per mettere a punto un sistema che può indicare il tasso di criminalità in una determinata zona della città incrociandoli con il valore degli immobili e la fluttuazione di entrambe le variabili nel tempo. Questo non ha un valore per chi vuole comprare casa in quella zona? Di progetti di questo tipo, con i dati liberi e accessibili da un pc, se ne possono immaginare a migliaia, basti pensare alla sanità e a tutti gli altri servizi pubblici.

Ci sono alcuni utilizzi dei dati che le amministrazioni neanche considerano perché implicano un costo. Ecco, da domani ci potrà pensare qualcun’altro”.

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Il nostro giochino preferito

C’è una evidente differenza di approccio tra il risicato spazio che viene riservato all’Agenda Digitale sui mezzi d’informazione mainstream e l’entusiasmo con il quale invece gli addetti ai lavori della Rete accolgono ogni piccolo passo in avanti che si registra in questo senso.

Guardando i nostri Tg nazionali sembra quasi che le questioni legate al digitale restino confinate nello spazio degli “smanettoni”, quello spazio che non influirebbe su tutto il sistema ma si limiterebbe a restituire un giochino più prestante a noi che lo utilizziamo tutti i giorni per alimentare quello che è un volano economico che non ha alcun paragone nella “vita materiale”. No, molto meglio le disquisizioni sui massimi sistemi, il faccione di Gasparri che viene chiamato ancora a commentare anche la farfalla di Belen e gli interminabili “braccio di ferro” tra le “parti sociali”, con la Camusso che ogni tanto scende dal “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo e dice che no, l’articolo 18 non si tocca e no, le email per parlare con il Ministro non vanno bene, salvo poi permettere ai suoi di utilizzare Twitter per degli slogan che sembrano uscire dai tavoli di una Festa dell’Unità quando i fiaschi di vino rosso sono finiti.

Insomma, più i temi legati allo sviluppo digitale si impongono come prioritari più il nostro sistema si rivela impreparato ad accogliergli come tali. Non si può dunque che fare affidamento sulle forzature e gli strappi che unilateralmente (ma neanche tanto) questo Governo sta imponendo al sistema di cui sopra. E a proposito di “Agenda Digitale per l’Italia di Domani“, gli si dedica un discreto spazio nel documento col quale gli uomini del presidente riassumono i primi cento giorni dell’Esecutivo.

Risulta confermata la volontà di farla viaggiare in parallelo agli obiettivi fissati da Europa2020, con la fine del decennio, appunto, indicata come scadenza per i piani che vedono al centro la liberazione dei dati delle pubbliche amministrazioni, “la trasparenza, la responsabilità e l’efficienza del settore pubblico”, il tutto “puntando ad alimentare l’innovazione e stimolare la crescita economica”.

Priorità vengono indicate nell’ “uso sociale della tecnologia, la realizzazione delle reti di nuova generazione e, più in generale, l’alfabetizzazione digitale”. Si parla dell’ormai celeberrima “cabina di regia”: “a questa spetterà il compito di coordinare l’azione delle amministrazioni centrali e territoriali: i Ministeri, le Regioni, gli Enti locali e le Autorità indipendenti. La cabina di regia opererà su cinque fronti: Banda larga e ultra-larga (quasi 5,6 milioni di italiani si trovano in condizione di divario digitale, mentre sono almeno 3000 le località nel Paese che soffrono di un ‘deficit infrastrutturale’ soprattutto al Sud e nelle aree rurali), Smart Communities/Cities (l’Agenda digitale italiana stanzia nuovi finanziamenti per realizzare le piattaforme tecnologiche necessarie a consentire alle città di adottare la filosofia smart), Open data (si pensi che, nella sola Europa, il “valore” dell’informazione pubblica ammonta a circa 140 miliardi di euro l’anno), Cloud Computing e E-government (un esempio concreto è quello degli appalti pubblici, con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici. Le imprese, dal 1 gennaio 2013, presenteranno alla Banca tutta la documentazione contenente i requisiti di carattere generale, tecnico ed economico)”.

Si parla poi di deroghe al patto di stabilità interno che permetteranno a diverse regioni di sfruttare per quest’anno, il prossimo e il 2014, circa un miliardo di euro per co-finanziare i fondi strutturali europei; di questa cifra, 423 milioni di euro sono indirizzati verso l’Agenda Digitale.

Ora attendiamo di sapere cosa ne pensa Gasparri e se la Camusso e gli altri sindacati inizieranno a capire che un nuovo sistema economico che scalpita a ridosso del sistema delle tutele rende indispensabile la revisione di alcune pratiche, schemi mentali e modalità d’azione politico-sociale ormai segnati dal tempo.

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I conti in tasca alla spesa pubblica

Si chiama Open Spending e si pone semplicemente come spazio dal quale evincere i dati relativi alla spesa pubblica. Con un grafico interattivo ed un elenco di dati accessibili a chiunque in home page, OS si pone l’obiettivo di creare un database internazionale nei prossimi anni, sfruttando gruppi analoghi sorti in una ventina di nazioni (tra i quali l’inglese Does My Money Go?) nell’ambito di un più ampio progetto di Open Data della Open Knowledge Foundation.

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