Articoli con tag Broadband

Il buongiorno della Vodafone

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Una cabina di regia targata Agcom

All’unanimità l’Agcom invita il governo Monti a mettere a punto una road map per il digitale nel nostro paese. Qualcuno dirà “era ora!”, qualcun altro, “meglio tardi che mai!”. Di sicuro le autorità del nostro paese non ci avevano abituato a questi toni carichi di speranza nei confronti delle ICT. 

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Ma quando la finite?

BASTAE siamo a tre. Tre progetti di legge, tutti volti a rendere più pesanti gli oneri per gli intermediari della comunicazione online, presentati in tre mesi e mezzo.

Si inizia il il 14 luglio 2011 con il disegno di legge n.4511 intitolato “Modifica degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 (quello che recepisce la direttiva 2000/31/CE sulla “Responsabilità dei prestatori intermediari”, nda), in materia di responsabilità e di obblighi dei prestatori di servizi della società dell’informazione”. Firmato dall’onorevole leghista Giovanni Fava (LNP), mira ad introdurre un principio di responsabilità diretta nei confronti degli ISP nel caso di contraffazione e rivendita sulle proprie reti di prodotti che hanno un mercato dedicato, come ad esempio quelli farmaceutici. Solo dodici giorni dopo, veniva depositata alla Camera dei Deputati la proposta di legge C4549, firmata dall’on.Elena Cementero (Pdl), anch’esso mirante a modificare gli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 70/2003 (ne parlavo qui); con il solito sprezzo di diritti costituzionalmente garantiti, si voleva costringere ogni intermediario a rimuovere contenuti illeciti se informato da qualunque soggetto, sia esso un detentore di diritti, un magistrato o un cittadino qualsiasi. Si arriva addirittura a pensare di chiedere agli intermediari “la sospensione della fruizione dei servizi dei destinatari di tali servizi che pongono in esame violazioni dei diritti di proprietà industriale per evitare che siano commesse nuove violazioni della stessa natura da parte degli stessi soggetti”.

E arriviamo all’11 ottobre, con l’arrivo dell’S2951; firmato dal senatore Antonio Tomassini (Pdl) e altri, perfettamente in linea con gli altri due.

Dunque, la domanda non può che essere: quando avranno intenzione di finirla? Quando smetteranno coi tentativi di irrigidire il quadro delle responsabilità per gli operatori della Rete, scoraggiando nuovi ingressi ed investimenti nell’Internet nostrano e alimentando così quel circolo vizioso che ci vede sempre più indietro in un settore chiave a livello di libertà politiche e sociali nonché tasto prioritario sul quale battere per l’uscita da questo momento di crisi?

P.s.: qualche giorno fa su Wired Martina Pennisi metteva in luce come nella lettera presentata a Bruxelles pochi giorni prima dal governo italiano (in ballo le misure richieste dall’Unione al nostro Paese per la crescita) mancasse qualunque riferimento al digitale. Se vi si aggiunge l’ormai cronica mancanza di fondi per lo sviluppo della banda larga e il sempre più dilagante conflitto di interessi di Sua Emittenza (che punta a dare al mondo online una forma più consona possibile al ritorno economico delle sue aziende, e guarda all’economia digitale solo nella maniera che più gli conviene, guarda qui) appare davvero chiaro come ogni giorno di vita in più per questa maggioranza e questo governo è un giorno perso per l’avanzamento della realtà digitale nostrana.

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Una banda sempre più stretta

Giusto per segnalare che nella bozza della Legge di Stabilità sono spariti 770 milioni per la banda larga; si parla della metà di quel surplus ricavato dall’asta delle frequenze che era stato promesso allo sviluppo della Rete veloce nostrana. Chi doveva decidere di quei soldi è nella foto qui sotto, mi sembra inutile ribadire per l’ennesima volta i perché, i per come.Paolo Romani e Giulio Tremonti

Il tutto mentre sembra definitivamente naufragato il Tavolo Romani (la Telecom nei giorni scorsi ha confermato la sua uscita); al suo posto si affaccia il piano di MetrowebAd addolcire la giornata l’annuncio che “Milano sarà la prima città italiana con l’accesso a Internet wireless al 100%”. 

Qui invece un’analisi condotta da Wired sulle richieste di rimozione di contenuti e consegna di dati personali degli utenti avanzate dalle autorità di vari paesi (tra i quali ovviamente l’Italia) a Google (fuori argomento, lo so, però vale la pena dargli più di un’occhiata). 

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Internet è una cura per la crisi. Che vi piaccia o no

Secondo il rapporto McKinsey Internet farebbe guadagnare molti più posti di lavoro di quanti non ne faccia perdere; nello specifico, nel nostro paese l’economia che viaggia in Rete ha creato 700mila posti di lavoro distruggendone 380mila. Dunque, un saldo netto di 320mila posti di lavoro guadagnati. E il dato sarebbe ancor più positivo se gli investimenti nell’Internet Economy fossero più coraggiosi. Lo dimostra la Francia, dove a fronte di 500mila posti di lavoro bruciati se ne siano materializzati un milione e duecentomila. E questo perché i nostri cugini hanno da tempi capito l’importanza di investire in banda larga e ultralarga; secondo i calcoli di Sacco “è dimostrato che ogni 10 per cento di aumento di penetrazione della banda larga, la ricchezza di un paese in termini di Pil cresce dell’1 per cento. E ogni mille nuovi utenti di banda larga si creano 80 nuovi posti di lavoro”. E le occasioni non riguardano solo le aziende “della rete”, perché, come afferma lo stesso rapporto McKinsey, “Internet comporta una modernizzazione per tutti i settori economici e il maggiore impatto positivo si registra per le imprese tradizionali: tre quarti della ricchezza totale prodotta dalla rete viene da aziende che non si definiscono Internet player ma che hanno beneficiato dalla innovazione digitale”. E sarebbero soprattutto le Piccole e Medie imprese a beneficiare di queste opportunità, cosa che non accade ancora visto che la maggior parte dei 700mila posti vengono fuori dalla grande industria. Dunque, investire nelle nuove tecnologie sembra essere un must per uscire fuori dalla crisi e porre le basi dell’economia del prossimo futuro; azzerare il digital divide e migliorare le infrastrutture di rete per far si che cresca significativamente un settore che già oggi equivale al 2% del PIL (ovvero a 36,1 miliardi di euro).

Il nostro governo ha più volte dimostrato di avere molta attenzione per la Rete. Peccato sia sempre stati in senso esattamente opposto; vedi l’ultimo capitolo della saga “Sua Emittenza non gradisce l’ICT”.

CYBERTRUFFE – Certo bisognerà accrescere anche l’attenzione quando si naviga; secondo l’indagine Norton Cybercrime Report della Symantec gli italiani vittime di cyberciminali, nell’ultimo anno, sono stati in media 22646 al giorno. E se dati come il fatto che il 69% dei netizen nostrani non ha un antivirus aggiornato restituiscono una causa scontata, più curioso il fatto che chi mente online sui propri dati ha un bel 20% in più di possibilità di essere colpito dalle frodi telematiche (61% contro 81%). Dopo virus e malaware come cause principali di problematiche subite ci sono le molestie sessuali e profili social vittime di hacker; l’ammontare dei danni si stima, sempre nell’ultimo anno, in 616,7 milioni di euro a livello materiale e ben 6,1 miliardi di euro a livello di tempo perso. Gli stessi numeri su scala globale sono rispettivamente 114 e 274 miliardi di dollari.

UPDATE 24 settembre 2011 – Si conclude l’asta sulle frequenze per la parte relativa a quelle più pregiate (800mhz), che saranno sottratte alle tv locali in loro possesso entro la fine del 2012; Tim, Vodafone e Wind se ne aggiudicano due lotti ciascuno, per un ricavo complessivo per lo stato di 3,7 miliardi di euro. Un passo in avanti verso il 4G nel nostro BelPaese.

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Agcom e copyright: pronti per l’autunno?

Dunque, siamo in attesa di nuove mosse da parte dall’Agcom, dopo la moratoria scattata in luglio, con scadenza a novembre, sul testo del regolamento contenuto nella delibera 668/2010. Nel frattempo, il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio EU ha in programma di estendere da 50 a 95 anni il termine dei diritti d’autore dei quali beneficiano artisti (interpreti ed esecutori) e produttori di fotogrammi.

Sempre in ambito internazionale, Parigi è pronta ad ospitare un nuovo G8 per la Rete, questa volta focalizzato sul copyright. E mentre alcune telco francesi iniziano a prospettare nel loro paese un limite di utilizzo della banda, si consumano stravolgimenti negli assetti delle maggiori società del mondo della tecnologia, con conseguenze già a breve termine su tutto il sistema.

E’ giusto una serie di appunti per dire che, tornati dalle ferie, bisogna prepararsi alla mobilitazione autunnale…

UPDATE 31 agosto 2011 – Quasi dimenticavo: inizia oggi l’asta delle frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre e utili per le reti di nuova generazione 4G. Sono quattro le compagnie di telecomunicazioni in corsa: Telecom Italia, Vodafone, Wind e H3G. Poste Mobile e Linkem si sono tirati indietro all’ultimo. Si spera di ricavare almeno 3,1 miliardi di euro che le aziende dovranno versare entro al fine di settembre; la base d’asta è di 2,4 miliardi con possibilità di un rilancio minino del 3%. Sarà possibile consultare le graduatorie sul sito del ministero dello Sviluppo Economico. 

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Broadband italiana in zona retrocessione

Corrado CalabròL’allarma è forte: “L’Italia, sulla banda larga, è sull’orlo della retrocessione in serie B”. A lanciarlo è il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò davanti al Parlamento, in occasione della presentazione della relazione annuale sulle attività svolte dall’Authority. Le motivazioni sono presto dette: “la penetrazione della banda larga è del 22% per cento, a fronte di una media europea del 26,6 per cento […] esiste ancora un digital divide del 4 %” e “circa il 18 per cento della popolazione è servita da ADSL sotto i 2 Mbit al secondo”, il che potrebbe rendere impossibile al nostro paese la diffusione della broadband su tutto il territorio, soprattutto vista la differenza di velocità che ancora persiste tra connessioni fisse e mobili. L’immobilismo del Governo e la mancanza di accordo tra gli attori in causa sono altre importanti cause alla base di una situazione tanto critica, nella quale continua a mancare una seria Agenda Digitale.

Nella stessa sede, come riportato in un precedente post, è arrivata la “controrelazione” di Agorà Digitale, Adiconsum, Assonet Assoprovider-Confcommercio e Studio Legale Sarzana collegata alla presentazione del “Libro Bianco su copyright e tutela dei diritti fondamentali sulla rete internet”. Qui il video dell’intervento al quale ha preso parte anche il commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Nicola D’Angelo, che ad inizio maggio era stato sollevato dall’incarico di relatore della delibera dell’Agcom668/2010. Segnalo anche le reazioni espresse a caldo da Stefano Quintarelli.

TAVOLO ROMANI – Il tema broadband, in ogni caso, è caldo già da diverse ore. La settimana scorsa infatti il Presidente di Telecom Franco Bernabè esprimeva questa posizione in merito in merito al Tavolo Romani: “Da nessun’altra parte c’è un intervento diretto del pubblico. Se lo Stato vuole tornare a essere imprenditore va benissimo: ha Infratel e lo faccia per conto suoi”, rischiando però così di tornare “indietro di 15 anni, al ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni […] No allo Stato imprenditore e basta perdite di tempo: si bloccano gli investimenti in banda larga e ultralarga. Abbiamo un piano di investimenti su 13 città nel 2011 e 125 città entro il 2018 e siamo trattenuti dall’andare avanti”, soprattutto per i “vincoli rappresentati dalla regolamentazione e quelli dei tavoli che ci impediscono di accelerare i tempi”. Bernabè rilanciava così il dibattito tra la Telecom, che ribadisce di poter mettere a punto da sola una rete di nuova generazione, e chi invece pensa che il paese se ne possa permettere una sola e condivisa tra tutti gli operatori. Poche ore dopo, il presidente di Telecom allarga la questione indirizzando alla Commissione Europea (in particolare al responsabile dell’Agenda Digitale Neelie Kroes) una lettera nella quale si lamentava dell’Agcom e delle sue politiche in materia di sviluppo delle infrastrutture di rete in Italia, proprio mentre il ministro Paolo Romani risponde alle accuse: “Non si tratta assolutamente di una nazionalizzazione anche perché il 10 di novembre del 2010 abbiamo firmato con Telecom Italia un memorandum of understanding dove c’è scritto che la società pubblico-privata, la Infraco, agisce secondo il principio di sussidiarietà e interviene con un’infrastruttura passiva. Lo Stato non si mette dunque a fare nessuna concorrenza alle aziende italiane di telecomunicazione ma contribuisce a favorire il mercato”. Romani aggiungeva che Telecom non vorrebbe l’intervento pubblico per la paura di perdere quella posizione di vantaggio nei confronti degli avversari garantitale dall’essere ex monopolista.

Il tutto mentre ancora si attende l’avvio dell’asta delle frequenze, altra vicenda sempre più vicina ad assumere i tratti della telenovela.

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Agenda Digitale, primi bilanci dalla Commissione

Agenda Digitale Neelie KroesAd un anno dall’avvio dell’Agenda Digitale constato con piacere i progressi compiuti. Ma gli stati membri, l’intero settore, la società civile e la Commissione, noi tutti dobbiamo fare di più se vogliamo sfruttare appieno il potenziale dell’Agenda per conservare la competitività europea, stimolare l’innovazione e creare posti di lavoro e prosperità”. Il commissario responsabile Neelie Kroes commenta così i risultati del quadro di valutazione che i vertici dell’Unione hanno diramato in queste ore per fare un primo bilancio dell’Agenda Digitale europea. Un ricco corpus di dati relativi ad ogni singolo stato membro dal quale emergono alcune importanti indicazioni; il 65% dei cittadini europei è connesso alla Rete, il 40% di essi effettua acquisti online, il 41% sfrutta i servizi di e-Government e il digital divide interno è stato ridotto del 4%. Dunque, la strada sembra essere quella giusta per arrivare, come da programma, ad avere entro il 2015 un numero di netizen pari al 75% dei cittadini comunitari e un uso dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni esteso ad almeno metà dei cittadini (e all’80% delle imprese). Anche in tema banda larga vengono sottolineati progressi sul fronte della lotta al rural divide. All’Italia viene riservato un plauso per le iniziative legate all’e-Gov, ma non si risparmiano critiche per il basso numero di utenti abitudinari (48%) e lo scarso utilizzo delle pratiche di commercio elettronico. Il che ci introduce alla nota negativa del rapporto della Commissione: l’e-commerce transfrontaliero è arrivato all’8,8% nel 2010, registrando un aumento del solo 0,7%.

CYBERWAR – Intanto le autorità inglesi sembrano intenzionate ad intraprendere in un futuro molto prossimo la strada che porterà il paese a dotarsi di vere e proprie armi di cyberguerra per difendersi da attacchi esterni. Ancor più concreti i segnali che arrivano dall’altra parte dell’Atlantico, con il Pentagono ad affermare che gli attacchi informatici provenienti da una altro paese possono essere considerati atti di guerra e come tali giustificare risposte convenzionali (bombe e carri armati, per intenderci), soprattutto se l’attacco informatico crea danni e vittime. 

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Asta delle frequenze: si parte (finalmente)

Asta delle frequenzeL’asta per il dividendo digitale sembra davvero in procinto di partire, dopo che l’Agcom ha reso operative le procedure per l’assegnazione delle frequenze destinate alla banda larga e alle emittenti televisive digitali; in vendita risultano così i circa 300 Mhz di banda liberatisi con il passaggio al digitale terrestre, che comprendono bande a 800, 1800, 2000 e 2600 Mhz (per quelle a 1800Mhz, attualmente usate per il GSM, si prevede l’utilizzo nelle reti telefoniche e di connessione senza fili di nuova generazione LTE e WiMax). Aste del genere si sono già svolte in altri paesi con ottimi ricavi, come i 4,3 miliardi in Germania. Da noi il governo stima di poter ricavare circa 2,4 miliardi di euro da investire per lo sviluppo della broadband nella penisola. Per far si che il risultato sia in linea con questi obiettivi, vengono così posti dei vincoli agli acquirenti: viene stabilito un tetto massimo acquistabile da un singolo operatore e si impone ai futuri proprietari il rispetto di alcune norme legate alla lotta al digital divide e alle tariffe che saranno poi applicate agli utenti.

C’è tuttavia ancora un importante nodo da sciogliere: alcune frequenze sono libere solo in teoria, perché ancora occupate da emittenti locali private. A titolo di risarcimento erano già stati previsti per esse 240 milioni di euro, il 10% dei ricavi dell’asta. Tuttavia, i loro rappresentanti hanno chiesto esattamente il doppio.

PA E PRIVACY – E mentre l’ottava Commissione del Senato porta avanti le audizioni dell’indagine su banda larga e neutralità della rete, l’avvocato Graziano Garrisi e il dottor Lino Fornano mettono in guardia sui pericoli che si celano dietro alcune iniziative del Governo; in particolare, le semplificazioni in materia di applicazione delle norme sulla privacy in ambito burocratico introdotte con lo schema di Decreto Legge approvato a Palazzo Chigi il 5 marzo scorso. 

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Banda larga: il dossier del Senato

Banda largaSi intitola semplicemente “Banda larga” ed è il documento con il quale il Servizio Studi del Senato della Repubblica intende fare “una ricognizione normativa” sul tema, oltre a presentare in allegato “documenti di interesse provenienti dalla magistratura contabile, da autorità indipendenti e dal Governo”. Dai programmi di lotta al “rural divide” si passa alle misure prese in materia di New Generation Network, presentando interventi e documenti di Corte dei Conti, Agcom, Antitrust e ministeri direttamente coinvolti nell’Agenda Digitale. Clicca qui per il Pdf.

BUON COMPLEANNO LINUX – Volevo anche segnalare un breve video nel quale si riassume la storia di Linux in occasione del suo ventesimo anno di vita e nel giorno del lancio di Ubuntu 11.04, la distribuzione per pc ultra user friendly dello stesso Linux.

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Next Generation Networking, forse si parte

Next Generation NetworkingLa Cassa dei Depositi e Prestiti parteciperà insieme alle società di telecomunicazione alla formazione della Newco che dovrà gestire la messa a punto in Italia della NGN, la rete di nuova generazione. Almeno è quello che si afferma nel Piano Nazionale di Riforma (documento con il quale si indicano in sostanza i passi che il governo intende compiere per tenere fede agli obiettivi della strategia comunitaria Europa2020) presentato il 13 aprile 2011 dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Il cammino del New Generation Networking nel nostro paese sembra dunque essere ad un punto di svolta, e al punto 69 del capitolo “Innovazione” del PNR si prevede “l’avvio di un piano per portare le reti di nuova generazione al 50% dei cittadini italiani. Un’iniziativa in partenariato pubblico-privato che vede coinvolti i 20 principali operatori di telecomunicazione in Italia”. Certo non è quantificato l’impegno economico della Cdp e lo stato di implementazione del progetto è ancora in fase di “definizione del piano esecutivo”, che dovrebbe tuttavia essere terminato entro il 2016.

DIGITAL DIVIDE E LTE – Sono altri due i punti del Pnr che parlano di banda larga: al punto 68 si menziona l’eliminazione del digital divide e si dipinge uno scenario nel quale, entro il 2013, si porterebbe una connessione a 20mbps per tutti i cittadini. Fondi per 370 milioni di euro sarebbero già utilizzabili grazie al Fondo strategico per il paese (Fas). Subito dopo viene invece indicata una generica “maggiore disponibilità per compensare la liberalizzazione delle frequenze da parte delle emittenti locali” nell’ambito dell’asta che dovrebbe fruttare al governo 2,4 miliardi di euro da reinvestire nelle nuove reti mobile Lte; proprio pochi giorni fa le società che si occupano della rappresentanza delle tv locali nella vicenda avevano fatto sapere che se il governo vuole le frequenze che appartengono ad esse deve sborsare 480 milioni di euro anziché i 240 previsti dalla Legge di Stabilità. Nel Pnr si prevede così l’emanazione di un “Dpcm per l’istituzione del Comitato dei Ministri incaricato di sovraintendere alla procedura di gara. Anticipazione al 2011 della gara per le frequenze del cosiddetto dividendo digitale ora in uso all’emittenza televisiva locale da destinare alla telefonia mobile a banda larga”. 

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Italia: l’Internet Economy vale 56 miliardi

Il Boston Consulting Group, su commissione di Google, ha condotto uno studio su Internet in relazione all’economia italiana. Da esso si evince innanzitutto che l’Internet Economy nel nostro paese nel 2010 ha raggiunto un giro d’affari di 31,6 miliardi di euro (2% del PIL), ai quali vanno sommati i 17 miliardi che proverrebbero dall’indotto e i 7,4 dell’e-procurement, la somma dei beni e servizi acquistati online dalla Pubblica Amministrazione. La proiezione per il futuro, vista la crescita di 10 punti percentuali registrata rispetto al 2009, è l’arrivo al 4,3% del Prodotto Interno Lordo per il 2015. Importante appare la crescita di introiti dell’1,2% per le PMI che usano attivamente la rete per la compravendita, mentre i contenuti digitali sono dominati dal poker online, settore che ha fatturato da solo 3 miliardi di euro nell’ultimo anno. Importante per lo sviluppo dell’Internet Economy italiana è poi il settore mobile, sul quale il nostro paese parte avvantaggiato vista l’alta diffusione di dispositivi tramite i quali affermano di compiere acquisti il 3% degli utenti e il 10% intende farlo in futuro.

ASTA DELLE FREQUENZE – Certo che proprio questo sviluppo, come si sa, rende indispensabile investire nelle infrastrutture delle connessioni in mobilità, le cui reti sarebbero vicine al collasso per saturazione. Investimenti che subiscono rallentamenti di fronte a richieste come quelle delle tv nell’ambito dell’asta delle frequenze che dovrebbe garantire un rientro di 2,4 miliardi di euro da utilizzare per lo sviluppo della broadband mobile. Aeranti-Corallo e Frt, società che si occupano della rappresentanza delle tv locali nella vicenda, fanno sapere che se il governo vuole le frequenze che appartengono ad esse deve sborsare 480 milioni di euro anziché i 240 previsti dalla Legge di Stabilità. E sembrano intenzionate ad andare fino in fondo, compreso un eventuale ricorso al Tar del Lazio che bloccherebbe l’asta e tutte le dinamiche ad essa correlate. Il tutto mentre in Germania l’asta ha già avuto luogo e in Spagna, Francia e Regno Unito si accelera per arrivare a realizzarla.

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