Articoli con tag Responsabilità
La scure al posto del bisturi
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 30 settembre 2011
Sequestro preventivo per il forum Alfemminile.com, spazio di discussione online per donne tra i più popolati in Italia. Il motivo è la comparsa di quasi 3 milioni di messaggi che rimandavano alla vendita di medicinali anoressizzanti ad azione stupefacente e dopante messi fuorilegge da un decreto legge del 2 agosto scorso. Il provvedimento è stato emesso dalla Procura della Repubblica di Savona alla fine di un’indagine condotta per un anno dai Carabinieri del NAS di Roma. Dunque, con l’accusa di cessione di sostanza stupefacenti vengono denunciati i soggetti responsabili dell’illecito e la piattaforma sequestrata per aver permesso questa distribuzione.
Si ripropone purtroppo la questione della proporzionalità della misura: che senso ha sequestrare tutto il forum per via di alcuni messaggi? Quali sono le responsabilità specifiche dei gestori del sito? Tornano in mente i casi di sequestri di interi blog per via di singoli post contenenti diffamazioni o simili, senza contare le sentenze che hanno dovuto fare chiarezza in merito alle responsabilità di chi gestisce un blog o un forum nel caso in cui qualcuno commetta reati commentandone i contenuti. Last but not least, tutte le implicazioni dal punto di vista della tutela della libertà d’espressione: da un giorno all’altro vengono praticamente censurati tutti i contenuti (compresi quelli di altre sezioni e discussioni) di un forum che conta in media tre milioni e settecentomila utenti unici al mese. In Italia si continua ad agire con la scure dove servirebbe il bisturi.
PA e digitalizzazione – Intanto arriva una condanna per la Regione Basilicata: l’articolo 11 del dlgs n.150 del 2009 e il nuovo CAD prevedono che ogni organismo della Pubblica Amministrazione debba mostrare sul proprio sito Internet un indirizzo di posta certificata, norma che non è stata rispettata dai vertici della suddetta Regione, il che faceva partire un ricorso promosso dall’Associazione Radicale Agorà Digitale. Ora il Tar lucano emette una sentenza con la quale condanna la Regione a versare 5000 euro ad Agorà Digitale per il disservizio del quale si è resa responsabile.
UPDATE 3 ottobre 2011 – Per restare in tema di sequestri preventivi e garanzie costituzionali, vale la pena prestare attenzione all’esperienza raccontata da Massimo Russo. Documenti online per 12 ore prima che arrivino i Carabinieri per farli rimuovere:
“La magistratura accerterà se effettivamente vi sia stata una violazione del segreto investigativo, e nel caso come essa vada sanzionata. Il punto su cui mi vorrei soffermare, tuttavia, è il sequestro preventivo e l’oscuramento delle pagine web, prima ancora che vi sia stato in proposito un giudizio di merito. Il provvedimento è firmato dal procuratore della Repubblica di Caltanissetta Sergio Lari. Colleghi giornalisti che lo conoscono lo descrivono come un magistrato preparato e coscienzioso. Non si tratta dell’unico caso in cui vi sia stato l’oscuramento preventivo di pagine web, anche se a mia memoria è di sicuro uno dei più clamorosi per la fattispecie contestata, ovvero la rivelazione di notizie di ufficio secretate. Tuttavia, nessuno di questi magistrati sembra aver considerato la gravità dell’oscuramento di articoli di giornale prima di un giudizio di merito […] Non serve il diritto. Basta il buon senso per rendersi conto dell’insensatezza di un simile provvedimento. Che per fortuna non c’è stato. Ma allora perché su web questo è concepibile? E non si tratta di un eccesso di zelo da parte degli esecutori. Ai carabinieri è stato chiesto se ci si dovesse limitare ai soli documenti o se andassero cancellati anche gli articoli. Dopo alcune verifiche, hanno spiegato in tono cortese e civile che andavano cancellati anche i pezzi. Sulla carta sarebbe impensabile. Su web si fa. La censura digitale fa meno paura? Sporca meno? E’ una semplice questione di ignoranza che impedisce di cogliere che cancellare un pezzo di un giornale dal web prima di un qualsiasi giudizio definitivo è esattamente come andare in edicola e rimuovere fisicamente quelle pagine da tutte le copie disponibili?”
RI-UPDATE 7 ottobre 2011 – Un’altra scure porta al sequestro di 493 siti Internet (su denuncia della Moncler) e getta un’ombra sulle future possibilità di operare nel nostro paese di servizi come eBay.
E anche Libero soccombe a Mediaset
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 17 giugno 2011
Una nuova vittoria per Mediaset: il Tribunale di Milano ha condannato il portale Libero.it a rimuovere un migliaio di filmati che appartengono alle reti di Cologno Monzese. A nulla sono valsi i tentativi dei legali dello spazio online di dimostrare la posizione di mero intermediario del “proprio assistito”: il giudice ha infatti sancito che il servizio “sarebbe stato dolosamente inadempiente agli obblighi di diligenza su di esso incombenti pur avendo avuto contezza del contenuto illecito di materiali inviati da utenti”, soprattutto per il fine di lucro che perseguiva abbinando spazi pubblicitari ai contenuti incriminati. La Wind, proprietaria di Libero, rischia ora una sanzione pecuniaria fino a 100 milioni di euro.
La vicenda ricalca molto da vicino quella già vista quattro anni fa; la ricostruisco: nel luglio 2008 Mediaset deposita al tribunale Civile di Roma un atto di citazione nei confronti di Google, proprietaria di Youtube, chiedendogli un risarcimento danni di 500 milioni di euro. Il reato contestato è “illecita diffusione e sfruttamento commerciale di file audio-video di proprietà delle società del gruppo”. L’azienda della famiglia Berlusconi spiega così, in un comunicato, la sua decisione: “alla data del 10 giugno 2008, dalla rilevazione a campione effettuata da Mediaset sono stati infatti individuati sul sito Youtube almeno 4.643 filmati di nostra proprietà, pari a oltre 325 ore di materiale emesso senza possedere i diritti. Alla luce dei contatti rilevati e vista la quantità dei documenti presenti illecitamente sul sito è possibile stabilire che le tre reti televisive italiane del gruppo abbiano perduto ben 315.672 giornate di visione da parte dei telespettatori”. Tra il 16 dicembre 2009 e il febbraio 2010 due ordinanze del tribunale danno parziale ragione a Mediaset, condannando Youtube a rimuovere dal sito tutti i frammenti della trasmissione “Grande Fratello”, vero argomento della disputa. Simile epilogo nell’omologo processo che vedeva contrapposti in Spagna il colosso di Mountain View e l’emittente televisiva Telecinco, anch’essa controllata da Mediaset.
Bisgona però segnalare una certa distanza tra la sentenza del tribunale di Roma e quella di Madrid in merito alle dispute tra Youtube e le reti televisive: nella seconda si chiarisce a chiare lettere che l’intermediario passivo non può mai essere colpevolizzato a meno che i titolari di diritto d’autore non provino di aver infruttuosamente provato ad utilizzare le procedure di segnalazione e rimozione dei video rese disponibili agli utenti, e che la produzione di un lucro non cambia questo quadro; nella prima si propende invece verso una valutazione delle responsabilità caso per caso e si affermacome non apparirebbe “nemmeno ragionevole sostenere l’assoluta estraneità alla commissione dell’illecito posto che le reclamanti (n.d.r. Google e YouTube) hanno continuato la trasmissione del Grande Fratello nei loro siti internet, organizzando la gestione dei contenuti video anche a fini pubblicitari, nonostante le ripetute diffide ed azioni giudiziarie iniziate da RTI che rivendicava la paternità e titolarità dell’opera, né può farsi carico a RTI che agisce per la tutela dei propri diritti di fornire alle reclamanti i riferimenti necessari alla esatta individuazione dei singoli materiali caricati sulla piattaforma URLs”. In pratica, si toglie un pezzo di onere al detentore di diritti accollandolo all’intermediario, pur assolvendolo perché comunque più forti gli argomenti cardine del regime imposto dalla direttiva europea 2000/31/CE (sulla “Responsabilità dei prestatori intermediari”, recepita in Italia dal D.lgs. n. 70/2003 che disciplina i “servizi della società dell’informazione”) la quale agli articoli dal 12 al 15, stabilisce principi fondamentali: da essi si evince come gli intermediari che hanno un ruolo passivo (e dunque non fanno attività editoriale di alcun tipo) siano esonerati da qualunque responsabilità nella misura in cui provvedono semplicemente al “trasporto” di informazioni provenienti da terzi. Inoltre, viene limitata la responsabilità dei prestatori di servizi per altre attività intermediarie come l’archiviazione delle informazioni. In altri termini, i fornitori d’infrastruttura e i fornitori d’accesso non potranno essere ritenuti responsabili delle informazioni trasmesse, purché non diano origine alla trasmissione e non selezionino il destinatario della trasmissione o le informazioni trasmesse. Questo regime “assolutorio” è valido però solo nel caso in cui i servizi di hosting, gli ISP e i content provider si impegnino in una tempestiva e proficua collaborazione con le forze dell’ordine e le autorità per la rimozione e il blocco dei contenuti incriminati, nonché per la fornitura dei dati necessari all’individuazione dei colpevoli.
BIVI – Segnalo due importanti date che si avvicinano: il 25 giugno il ministro Paolo Romani pubblicherà il disciplinare definitivo per l’assegnazione di nuove frequenze alla banda larga mobile, con l’asta che dovrebbe concludersi entro settembre; e il 21 giungo, giorno nel quale il ministero allo Sviluppo Economico presenterà (in ritardo di un paio di mesi) il primo piano della società pubblico-privata che farà da sfondo al progetto di Next Generation Networking (NGN).
UPDATE 22 giugno 2011 – Il Comitato esecutivo per l’NGN ha presentato agli operatori di telecomunicazioni riuniti al Tavolo Romani il programma per la costituzione della società FiberCo, la società a partenariato pubblico (Cassa Depositi e Prestiti) e privato che dovrà gestire la messa a punto della rete di nuova generazione. Ai suddetti operatori viene concessa una settimana di tempo per valutare il piano che punta a connettere alla fibra il 50% delle “unità immobiliari” entro al fine del 2020. Nel programma è presente anche una clausola che rende possibile per Telecom accaparrarsi il controllo dell’infrastruttura una volta terminato lo switch dal rame alla fibra.