Il 25 maggio scorso è scaduto per i paesi membri dell’Unione Europea il termine ultimo per il recepimento delle nuove regole sulle telecomunicazioni, quelle contenute nella direttiva “e-privacy” 2009/136/CE. Tuttavia, solo Estonia e Danimarca hanno notificato l’avvenuto recepimento il giorno della scadenza, seguiti a distanza di 24 ore dal Regno Unito. E così la Commissione Europea annuncia, per bocca del suo portavoce Jonathan Todd, l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti di tutti gli altri paesi (Italia inclusa) che sembrano aver ignorato il passaggio temporale sopra ricordato. C’è chi ha sottolineato come le proteste delle aziende del Web possono essere state la causa fondamentale dei ritardi; ad esempio, gli stessi Regno Unito e Danimarca hanno comunque deciso di concedere ad esse un anno di tempo per uniformarsi al nuovo quadro normativo. Tuttavia, da Bruxelles non si fanno sconti, e si indaga anche in merito alla liceità di questa misura di deroga. Per Todd il paese più distante dalla piena ricezione della direttiva sembra essere la Germania; Italia e Spagna dovrebbero invece essere pronte per la fine dell’estate, mentre per la Francia bisognerà attendere almeno fino all’autunno.
P2P – Arrivano nelle stesse ore un paio di rilevanti notizie di cronaca dal Vecchio continente: in Scozia un’infermiera di 58 anni viene condannata a 3 anni con la condizionale per aver scaricato illegalmente circa 30mila brani (i legali sono pronti a presentare un memorandum con le prove dei disturbi mentali ossessivo-compulsivi da accumulo di oggetti dei quali soffre la donna); in Germania invece la ECO, associazione che tutela gli interessi dei principali ISP, annuncia in un comunicato che i provider teutonici hanno iniziato una rastrellamento di indirizzi IP di “scariconi” del Web, e sono pronti a consegnare gli elenchi (che comprendono anche nomi degli utenti e indirizzi fisici ed elettronici) mensilmente ai detentori di diritti. Questi ultimi li utilizzano per spingere gli utenti a patteggiare risarcimenti tra i 300 e i 1200 euro per ogni file indebitamente condiviso, pena azioni legali che potrebbero avere conseguenze peggiori.