L’asta per il dividendo digitale sembra davvero in procinto di partire, dopo che l’Agcom ha reso operative le procedure per l’assegnazione delle frequenze destinate alla banda larga e alle emittenti televisive digitali; in vendita risultano così i circa 300 Mhz di banda liberatisi con il passaggio al digitale terrestre, che comprendono bande a 800, 1800, 2000 e 2600 Mhz (per quelle a 1800Mhz, attualmente usate per il GSM, si prevede l’utilizzo nelle reti telefoniche e di connessione senza fili di nuova generazione LTE e WiMax). Aste del genere si sono già svolte in altri paesi con ottimi ricavi, come i 4,3 miliardi in Germania. Da noi il governo stima di poter ricavare circa 2,4 miliardi di euro da investire per lo sviluppo della broadband nella penisola. Per far si che il risultato sia in linea con questi obiettivi, vengono così posti dei vincoli agli acquirenti: viene stabilito un tetto massimo acquistabile da un singolo operatore e si impone ai futuri proprietari il rispetto di alcune norme legate alla lotta al digital divide e alle tariffe che saranno poi applicate agli utenti.
C’è tuttavia ancora un importante nodo da sciogliere: alcune frequenze sono libere solo in teoria, perché ancora occupate da emittenti locali private. A titolo di risarcimento erano già stati previsti per esse 240 milioni di euro, il 10% dei ricavi dell’asta. Tuttavia, i loro rappresentanti hanno chiesto esattamente il doppio.
PA E PRIVACY – E mentre l’ottava Commissione del Senato porta avanti le audizioni dell’indagine su banda larga e neutralità della rete, l’avvocato Graziano Garrisi e il dottor Lino Fornano mettono in guardia sui pericoli che si celano dietro alcune iniziative del Governo; in particolare, le semplificazioni in materia di applicazione delle norme sulla privacy in ambito burocratico introdotte con lo schema di Decreto Legge approvato a Palazzo Chigi il 5 marzo scorso.