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Partecipare al cambiamento nell’era della trasparenza

C’è un concetto che attraversa, fa da sfondo, apre e conclude l’Open Government Summit 2012: l’apertura dei governi e delle istituzioni a open data e trasparenza vale poco o nulla senza la partecipazione dei cittadini.

Come ha ben spiegato nel suo intervento Ruta Mrazauskaite di Transparency International, “è ingenuo pensare che il futuro della pubblica amministrazione sarà roseo per il mero ricambio degli amministratori, perché i giovani hanno appreso le pratiche deviate di chi è al potere ora, e molti di loro pensano che in un sistema corrotto l’unico modo per sopravvivere è essere corrotti; sono invece i cittadini attivi la risorsa sulla quale puntare, ma a loro deve essere spiegato il valore della partecipazione. Il primo paso è dunque l’educazione”.

Tutto questo significa due cose: la prima è che i dati devono essere fruibili ai più e non liberati come un’indistinta, caotica e (spesso volutamente) illeggibile valanga di file .csv; la seconda, è che i cittadini devono acquisire la consapevolezza che la trasparenza è la strada maestra che permette loro di passare dal momento della critica al momento della partecipazione al processo di cambiamento, e che questo ha un ritorno positivo (soprattutto economico) anche per loro. Detto in altre parole, devono acquisire la cultura dell’open data e farlo proprio nel momento di crisi economica e di legittimazione del sistema politico.

Dunque, l’era della trasparenza e della reale redistribuzione del potere nelle mani dei cittadini passa per una piattaforma che permetta loro di mettere le mani su quei dati, capirli, remixarli e proporre tramite essi un’alternativa. La buona notizia è che questa piattaforma è in rampa di lancio, e non è il testo unico sulla trasparenza annunciato dal ministro Patroni Griffi (che durante il suo intervento ha comunque mostrato una buona sensibilità nei confronti della trasparenza amministrativa e della partecipazione).

Update: Il mio report dell’evento su CheFuturo!

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Liberare i dati della Regione

Agorà Digitale  e i Radicali sono entrati a gamba tesa nei database della Regione Lazio, e per me è stato un piacere darne notizia su Repubblica.

Spiega Luca Nicotra:

Il principio è che i dati appartengono al cittadino, che li ha letteralmente pagati con le sue tasse. Ecco, con questa legge si stabilisce il diritto di accesso a quei dati. Un diritto che apre scenari vantaggiosi non solo dal punto di vista della trasparenza, ma anche da quello economico.

Faccio un esempio: la Regione libera i dati, un programmatore in gamba li prende e li usa per mettere a punto un sistema che può indicare il tasso di criminalità in una determinata zona della città incrociandoli con il valore degli immobili e la fluttuazione di entrambe le variabili nel tempo. Questo non ha un valore per chi vuole comprare casa in quella zona? Di progetti di questo tipo, con i dati liberi e accessibili da un pc, se ne possono immaginare a migliaia, basti pensare alla sanità e a tutti gli altri servizi pubblici.

Ci sono alcuni utilizzi dei dati che le amministrazioni neanche considerano perché implicano un costo. Ecco, da domani ci potrà pensare qualcun’altro”.

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