Articoli con tag Diritto d’autore

IP non è ID

Indirizzo IPArriva dal Tribunale dell’Illinois una sentenza che stabilisce un principio importantissimo: un indirizzo IP non corrisponde ad un colpevole. La corte si è espressa in merito al caso della società canadese specializzata in contenuti per adulti VPR International, la quale aveva denunciato più di mille netizen per la loro attività di file sharing. I singoli utenti erano stati rintracciati grazie agli IP forniti dai provider. Agli utenti stessi si richiedeva peraltro di pagare una piccola somma per non essere portati in tribunale.

Il giudice dichiara così inattendibile l’associazione indirizzo IP – singolo utente, citando a proposito il caso di un uomo di Buffalo accusato in aprile di pedopornografia online, accusa decaduta alla scoperta che qualcuno aveva usato la sua rete WiFi non protetta per commettere il reato. Chiaro che anche questa delle reti non protette è una spinosa questione ancora tutta da risolvere e che viene complicata da questa decisione che sembra costringere i detentori di diritti ad un radicale cambio di strategia nella lotta alla pirateria in terra statunitense.

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Se il governo scrive sotto dettatura delle major

Le major dettano al governoSpecial 301 è il rapporto con i quali i vertici dell’Office of the United States Trade Representative (USTR) analizzano lo stato della proprietà intellettuale nei vari paesi del mondo. Da questa analisi si ricava una Priority Watch List che ricomprende le nazioni nelle quali le violazioni di copyright sono più massicce; quest’anno sul podio finiscono Cina, Russia e Canada (il cui governo sarebbe responsabile di non aver aggiornato le leggi in materia di tutela del diritto d’autore come stabilito dagli accordi WIPO del 1997). L’Italia è presente nella lista da dieci anni; quest’anno l’USTR accusa il nostro Garante della Privacy di anteporre il diritto alla riservatezza degli utenti a quello di monitoraggio delle reti di file sharing e P2P riservato alle autorità di controllo. Tuttavia, si esprime un aperto plauso per le politiche di organismi come l’Agcom, che con le delibere 606/10/CONS e 607/10/CONS di fine 2010 avrebbe imboccato la strada giusta verso la lotta alla violazione di copyright. Ma qui viene da pensare alle polemiche che nel nostro paese hanno investito questi tentativi di regolamentazione così poco attenti ai bisogni degli utenti e dello sviluppo della Rete e invece così aderenti alle richieste di major ed interessi economici. E così, l’avvocato Guido Scorza mette in luce quanto l’impostazione, le argomentazione e interi periodi dello Special 301 siano ricalcati sulle posizioni che i rappresentanti dell’industria statunitense del copyright hanno inviato agli estensori del documento. I giudizi sull’Italia sembrano così essere stati scritti sotto dettatura di chi rappresenta gli interessi delle major, sia negli apprezzamenti alle iniziative dell’Agcom, sia nelle critiche mosse alla giustizia nostrana (che vanificherebbe i lodevoli sforzi delle forze dell’ordine), sia nelle suddette critiche al Garante della Privacy.

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Propaganda antipirateria

E se il tuo scaricare film significasse far perdere il posto di lavoro, ad esempio, ad un microfonista?

In sostanza, è questa la domanda che viene rivolta ai netizen americani dal filmato frutto di una collaborazione tra lo U.S. Immigration and Customs Enforcement (ICE) e l’Homeland Security Investigations (HSI). Il video rientra nell’Operation In Our Sites, ampia strategia contro la pirateria online in terra statunitense, e dopo essere stato caricato su Youtube è ora visibile in molti dei domini sequestrati in passato dalle autorità a stelle e strisce. Un finto venditore ambulante chiede ad un uomo intenzionato a comprare DVD pirata se “non ha un’anima” mentre definisce una “bella persona” una ragazza che rifiuta l’acquisto. Il filmato comunque, è stato fatto notare, somiglia molto ad uno già utilizzato in passato dalla Motion Picture American Association (MPAA).

NO AL RECUPERO SOCIAL – Intanto un tribunale della California ha stabilito che le agenzie di recupero crediti non possono utilizzare Facebook e gli altri social network per le richieste di pagamento dei debiti. La decisione arriva in merito alla vicenda di una donna pressata a dismisura sul social di Zuckerberg dall’agenzia MarkOne. Dunque, da oggi per le reti di socialità varranno le stesse limitazioni applicate in materia di SMS. 

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La cura Mandelson va (quasi) bene così

L’Alta Corte d’Inghilterra boccia il ricorso presentato nel novembre 2010 dai due provider British Telecom e TalkTalk contro il Digital Economy Act (DEA), la legge di prossima approvazione che colpirà nel Regno Unito gli utenti colpevoli di condivisione di materiale coperto da copyright. Per la High Court la cosiddetta Cura Mandelson non si pone in contrasto con nessuna delle norme continentali; i due provider, tra i maggiori del paese, contestavano la presenza di obblighi come la notifica agli utenti e il blocco dei siti di condivisione illecita colti in flagrante. Unica vittoria per BT e TalkTalk la rilevata necessità di revisione della disciplina di suddivisione dei costi operativi, che prevederebbe allo stato attuale per gli ISP l’onere del 25% delle spese di gestione del “sistema DEA”.

I ricorrenti non sembrano però arrendersi: nel Regno Unito c’è ancora da attendere il giudizio dell’ Office of Communications (OFCOM) in merito all’applicabilità tecnica delle norme, mentre su scala continentale è sempre aperta la possibilità di un ricorso alla Corte di Giustizia Europea.

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La difesa di Groovershark

Potrete ascoltare liberamente qualsiasi canzone del mondo. Questa la promessa con la quale Paul Geller lanciava l’applicazione pere smartphone Groovershark, tirandosi addosso immediatamente le antipatie di tutto il mondo dei detentori di diritti. Tanto che Google faceva sparire l’app da Android Market; stessa richiesta era stata avanzata anche alla Apple, e medesimo era stato l’esito. Ora è lo stesso Geller ad inviare una lettera aperta a Cupertino, Mountain View e ai rappresentanti dell’industria del disco per chiedere il reintegro della sua app, che non avrebbe violato le condizioni di utilizzo di Android Market a App Store; tutte le regole del Digital Millennium Copyright Act sarebbero state sempre rispettate, tanto che dal lancio dell’applicazione i gestori avrebbero già eliminato 1,76 milioni di brani che si ponevano in violazione di diritto d’autore (con 20mila utenti estromessi dalla piattaforma perché accusati di caricare contenuti illeciti) e ha stipulato contratti con oltre mille etichette di tutto il mondo (anche se nessuna delle major è ricompresa). Dunque, Geller chiede per la sua Grooveshark le tutele del safe harbor.

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Olanda: enforcement sul copyright

E’ in vista una revisione delle leggi sul diritto d’autore all’ombra di mulini a vento e tulipani per inserire tra le pratiche considerate illegali l’upload e il download di contenuti che si pongono in violazione di copyright. Fred Teveen, Segretario di Stato olandese per la Sicurezza e la Giustizia, annuncia l’imminente enforcement che dovrebbe portare al blocco di tutti quei siti votati a favorire l’infrazione di copyright su larga scala, tramite un oscuramento da parte dei provider. Teveen ha però parlato anche di misure volte a favorire gli utenti e bilanciare le nuove restrizioni, dall’eliminazione dell’equo compenso all’allargamento della disciplina del fair use, fino alla garanzia che non saranno i singoli netizen a rischiare in caso di infrazioni al diritto d’autore, a meno che non si macchino di violazioni ripetute e massicce.

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