Archivio per la categoria Italia
Chiude il Commissariato online
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 13 Maggio 2011
Per la serie “non solo non si avanza granché, ma si fanno anche passi indietro”. Come riferisce Repubblica, per via dei tagli imposti da Tremonti servizi come le denunce online non saranno più disponibili per i cittadini.
In Provincia di Roma si paga online
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 13 Maggio 2011
Pagare bollettini e tasse di licenza online? In Provincia di Roma da oggi si può. Al Forum PA è stata infatti presenta l’apposita “Porta dei Pagamenti”, messa a punto da Wizards Consulting Group. Effettuando il login nel portale si potrà gestire il proprio profilo che, oltre ai pagamenti, permetterà di tenerne traccia e segnalerà le scadenze. Si potranno inoltre stampare certificazioni e ottenere autorizzazioni, con un sistema integrato con i servizi finora gestiti da Poste Italiane. Il portale, infine, presenterà anche news e blog sui temi della PA.
Proprio in tema di PA, è stata da poco messo a punto il documento provvisorio con le nuove Linee Guida per la Realizzazione dei Siti Web delle Pubbliche Amministrazione, che tengono conto delle indicazioni date in marzo dal Garante della Privacy in materia di trattamento di dati effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione sul web. La versione definitiva è prevista per la fine del luglio prossimo, quando sarà terminata la consultazione pubblica promossa sul sito del Ministero della Pubblica Amministrazione e Innovazione.
Smartphone spioni: istruttorie italiane, udienze americane
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia, USA il 11 Maggio 2011
Continua la saga degli smartphone spioni; l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ha aperto un’istruttoria sul tracciamento operato da iPhone e iPad in merito agli spostamenti degli utenti. Coincidenza, nelle stesse ore si presentavano di fronte al Congresso degli Stati Uniti i rappresentanti di Google, Apple e Microsoft, impegnati a difendersi di fronte all’apposito Comitato formato dai congressman per investigare sulla faccenda. Il focus delle domande è stato l’uso che di questi dati hanno fatto le aziende; la Apple ha ribadito che, al di là dell’aver già provveduto all’eliminazione di “consolidated.db” con l’aggiornamento 4.3.3 di iOS, il lungo periodo di conservazione dei dati è frutto di una svista in fase di programmazione e che comunque Cupertino non ha mai avuto accesso a quei file. La Microsoft ha invece centrato le proprie tesi sulla limitatezza delle quantità di dati raccolte e sul consenso esplicito richiesto ogni volta agli utenti. Infine, Google ha dichiarato che i dati raccolti sono stati sfruttati solo per migliorare i servizi, e dunque nell’interesse dell’utenza stessa.
Le argomentazioni dei colossi non sembrano però aver convinto tutti al Congresso, tanto che la rappresentante della Federal Trade Commission (FTC) Jessica Rich ha manifestato l’intenzione di aprire un’indagine sulla Apple.
FACEBOOK PERDE DATI – Anche il social network di Zuckerberg è alle prese con una nuova grana legata alla privacy; sul blog ufficiale della Symantec Facebook è infatti accusato di aver concesso per anni a soggetti terzi l’accesso a profili, chat e foto per la messa a punto di database spendibili in ottica di behavioral advertisign. Colpevoli sarebbero applicazioni che provocavano una perdita di dati verso l’esterno del sito; la Symantec stima che ad aprile 2011 esse erano 110mila. Facebook fa sapere di aver già rimosso le Api (Application Programming Interface) incriminate, mentre l’Adoc, associazione a tutela dei consumatori, fa sapere per bocca del presidente Carlo Pileri di aver “richiesto al Garante della privacy di verificare immediatamente la possibile fuga di dati sensibili da Facebook” e “alla società californiana di fornire al più presto chiarimenti sulla questione”, giudicata da Pileri “una grave violazione della privacy, dalle dimensioni mostruose […] Dopo l’attacco di hacker a Sony, che ha messo a rischio i dati di circa 100 milioni di utenti nel mondo, un’eventuale perdita di dati da Facebook costringerebbe a ripensare, a livello internazionale, i sistemi di protezione e sicurezza dei dati online degli utenti”.
UPDATE 17 maggio 2011 – Facebook lancia un ultimatum agli sviluppatori che avranno così 48 ore di tempo per rimediare alla fuoriuscita di dati, che a detta dei soci di Zuckerberg si porrebbe in contrasto proprio con le condizioni d’uso del sito. Il tutto in attesa di passare, dal primo settembre 2011, ai parametri del nuovo standard di sicurezza Oauth 2.0 . Nelle stesse ore il social network in blu riceve un’assoluzione in California: le richieste di risarcimento danni di due utenti, che avevano accusato Facebook di aver reso disponibili alcuni loro dati sensibili a siti terzi, non può essere accolta perché non ci sono prove che questa dinamica abbia generato un danno.
Brunetta e la scuola WiFi
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 10 Maggio 2011
Dalle 12 di ieri diecimila scuole possono prenotarsi per avere la dotazione Wi-Fi, parola di Renato Brunetta. Il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione è intervenuto con questo annuncio al Forum PA in corso a Roma. Cinquemila scuole saranno coinvolte nei prossimi sei mesi e altre cinquemila nei sei mesi successivi, così da completare l’operazione entro la metà del prossimo anno, per una spesa pari a circa 5 milioni di euro. Brunetta ha dichiarato che il suo “sogno è dare il kit per tutti i bambini delle scuole elementari”; kit per il quale si sono già prenotati 800 istituti.
CASINI APRE ALL’AGENDA – Dall’Unione di Centro arriva intanto l’apertura all’Agenda Digitale, con Pierferdinando Casini che presenta la proposta con la quale il suo partito appoggia l’inserimento in Costituzione dell’articolo 21-bis. Proposto nel novembre 2010 dal giurista Stefano Rodotà nell’ambito dell’Internet Governance Forum, esso reciterebbe: “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”. L’Udc si dice contestualmente favorevole all’eliminazione dell’equo compenso e alla messa a punto di una legge a favore della Neutralità della Rete.
CAMERA LEAKS – Sul versante opposto, fa la sua comparsa Camera Leaks, applicazione per iPhone nella quale è possibile trovare il dettaglio delle spese parlamentari aggiornato alla fine del 2010.
Quale interpretazione per il decreto Pisanu?
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia il 9 Maggio 2011
E’ ancora confusione sul decreto Pisanu a pochi mesi dall’abolizione delle norme che, in esso contenute, imponevano ai gestori di hot spot pubblici di identificare i clienti e conservarne i documenti. Nelle ultime ore la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) ha inviato una circolare nella quale, rivolgendosi ad una pubblico potenziale di 230mila imprese, consigliava loro di non dare credito a tutti i soggetti che “stanno proponendo la vendita di programmi di identificazione dei clienti che accedono a Internet tramite Wi-Fi sostenendo che sussisterebbero degli obblighi e delle responsabilità in capo ai gestori pubblici esercizi che mettono a disposizione della clientela il sistema di accesso”; la Fipe afferma di aver preso questa posizione ricalcando quella “del Governo assunta formalmente dal ministro Elio Vito”, che in un’interrogazione parlamentare ha chiarito che l’accesso al web diventava “libero” perché “sono abrogate le disposizioni per l’identificazione degli utenti, il monitoraggio delle operazioni e l’archiviazione dei dati”. Si fa notare alla Federazione che pur risultando minori gli oneri di identificazione essi non sono scomparsi del tutto, tanto che nel nostro paese (e non solo) puoi essere condannato anche per reati che qualcuno commette sfruttando la tua rete wireless domestica non protetta. Va ricordato che nell’interrogazione alla quale fa riferimento la Fipe il ministro Vito affermava anche che il governo aveva reso “gratuito” l’accesso alla Rete; la credibilità dell’aggettivo “libero” usato per il nuovo regime ne risulta senza dubbio compromessa.
UPDATE 12 maggio 2011 – Illuminante la “strasintesi” dell’attuale quadro normativo proposta da Stefano Quintarelli:
- no copia della carta di identita’ per nessuno.
- sei un circolo privato/azienda ? no licenza al questore, no autorizzazione generale (e no obblighi conseguenti)
- sei un bar con un terminale ? no licenza al questore, no autorizzazione generale (e no obblighi conseguenti)
- sei un bar con un access point ? no licenza al questore, si autorizzazione generale (e obblighi conseguenti) (oppure fai un abbonamento con un operatore che eroga il servizio presso di te, come fanno la provincia di roma, rete luna, panservice e altri)
Se l’Agcom boicotta chi lotta per una Rete libera
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 6 Maggio 2011
Saranno state le sue posizioni progressiste in materia di tutela del diritto d’autore e neutralità della Rete. Fatto sta che il consigliere dell’Autorità Garante per le Comunicazioni (Agcom) Nicola D’Angelo sarebbe stato sollevato dall’incarico di relatore della delibera 668/10/CONS sul diritto d’autore online. D’Angelo, docente universitario e magistrato amministrativo, si occupava della stesura del documento con Gianluigi Magri, al quale sarà ora affiancato un altro degli 8 consiglieri dell’Authority (c’è chi lo indica in Sebastiano Sortino, ex direttore della Federazione Italiana degli editori di giornali e dunque personaggio con orientamento ben diverso da quello del predecessore). Mesi fa D’Angelo si era espresso parlando delle leggi nostrane sul diritto d’autore come di norme antiquate e non adatte ai tempi e che andrebbero dunque riformulate per essere più adatte alle nuove realtà prima di discutere di soluzioni che, stante un inappropriato quadro legislativo, presenterebbero un “peccato originale”. Nelle stesse ore si dimetteva da relatore della precedente bozza del regolamento sulla disciplina del Web radio e delle Web TV (la 607/10/CONS) in polemica con misure giudicate generalizzanti dell’universo dell’audiovisivo in Rete.
UPDATE 12 maggio 2011 – E’ stata recapitata in merito una lettera al presidente dell’Agcom Corrado Calabrò; in essa sono presenti richieste di spiegazioni sulla vicenda, maggiore trasparenza negli atti e incontri dei commissari con i firmatari (Agorà Digitale, ADICONSUM, ALTROCONSUMO, ASSONET-Confesercenti, ASSOPROVIDER-Confcommercio, FEMI, Istituto per le Politiche dell’Innovazione e Studio Legale Sarzana).
LA DELIBERA – Parlando dello specifico della 668/10/CONS (“Consultazione pubblica su lineamenti di provvedimento concernente l’esercizio delle competenze dell’autorità nell’attività di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica”) essa arriva in attuazione dell’articolo 6 del Decreto Romani del marzo 2010. Un’ampia analisi della stessa è presente qui.
IP non è ID
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia, USA il 4 Maggio 2011
Arriva dal Tribunale dell’Illinois una sentenza che stabilisce un principio importantissimo: un indirizzo IP non corrisponde ad un colpevole. La corte si è espressa in merito al caso della società canadese specializzata in contenuti per adulti VPR International, la quale aveva denunciato più di mille netizen per la loro attività di file sharing. I singoli utenti erano stati rintracciati grazie agli IP forniti dai provider. Agli utenti stessi si richiedeva peraltro di pagare una piccola somma per non essere portati in tribunale.
Il giudice dichiara così inattendibile l’associazione indirizzo IP – singolo utente, citando a proposito il caso di un uomo di Buffalo accusato in aprile di pedopornografia online, accusa decaduta alla scoperta che qualcuno aveva usato la sua rete WiFi non protetta per commettere il reato. Chiaro che anche questa delle reti non protette è una spinosa questione ancora tutta da risolvere e che viene complicata da questa decisione che sembra costringere i detentori di diritti ad un radicale cambio di strategia nella lotta alla pirateria in terra statunitense.
Facebook come l’abuso di auto blu?
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia il 4 Maggio 2011
L’uso di Internet sul posto di lavoro è un tema sul quale si arrovellano le menti di chi deve mettere a punto regolamenti aziendali (cerca “orario di lavoro” qui); ma si può essere accusati di peculato e abuso d’ufficio per aver aggiornato il proprio profilo Facebook? A quanto pare, l’eventualità non è da escludere per 5 dipendenti del comune di Bertinoro (Forlì-Cesena).
Se il governo scrive sotto dettatura delle major
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia, USA il 4 Maggio 2011
Special 301 è il rapporto con i quali i vertici dell’Office of the United States Trade Representative (USTR) analizzano lo stato della proprietà intellettuale nei vari paesi del mondo. Da questa analisi si ricava una Priority Watch List che ricomprende le nazioni nelle quali le violazioni di copyright sono più massicce; quest’anno sul podio finiscono Cina, Russia e Canada (il cui governo sarebbe responsabile di non aver aggiornato le leggi in materia di tutela del diritto d’autore come stabilito dagli accordi WIPO del 1997). L’Italia è presente nella lista da dieci anni; quest’anno l’USTR accusa il nostro Garante della Privacy di anteporre il diritto alla riservatezza degli utenti a quello di monitoraggio delle reti di file sharing e P2P riservato alle autorità di controllo. Tuttavia, si esprime un aperto plauso per le politiche di organismi come l’Agcom, che con le delibere 606/10/CONS e 607/10/CONS di fine 2010 avrebbe imboccato la strada giusta verso la lotta alla violazione di copyright. Ma qui viene da pensare alle polemiche che nel nostro paese hanno investito questi tentativi di regolamentazione così poco attenti ai bisogni degli utenti e dello sviluppo della Rete e invece così aderenti alle richieste di major ed interessi economici. E così, l’avvocato Guido Scorza mette in luce quanto l’impostazione, le argomentazione e interi periodi dello Special 301 siano ricalcati sulle posizioni che i rappresentanti dell’industria statunitense del copyright hanno inviato agli estensori del documento. I giudizi sull’Italia sembrano così essere stati scritti sotto dettatura di chi rappresenta gli interessi delle major, sia negli apprezzamenti alle iniziative dell’Agcom, sia nelle critiche mosse alla giustizia nostrana (che vanificherebbe i lodevoli sforzi delle forze dell’ordine), sia nelle suddette critiche al Garante della Privacy.
Dov’è finita l’Agenda Digitale?
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia, USA il 30 aprile 2011
Ho ricevuto stamattina una email da Agenda Digitale, l’iniziativa pubblica che si pone l’obiettivo di portare le questioni relative alle nuove tecnologie al centro del dibattito politico nazionale, chiedendo alla politica di assumersi le sue responsabilità. Mi si ricordava come l’11 maggio scadessero i 100 giorni indicati “per ricevere dalla politica le proposte concrete necessarie per dare finalmente una strategia per il digitale al nostro paese”. Dopo avermi segnalato “alcune importanti iniziative” (“Resetting Italia”, “Rinascimento digitale” e l’incontro del 10 maggio promosso dall’Agenzia per l’Innovazione presso il Forum PA), il messaggio si chiudeva così: ”Chi ha seguito la nostra iniziativa sa che abbiamo ricevuto dai partiti e dalle istituzioni molte dichiarazioni di sostegno, impegni al confronto, qualche polemica e, perfino, alcune proposte. Tuttavia, nonostante numerosissime adesioni, articoli di stampa, interviste in radio e tv, e il sostegno di tante personalità della rete (e non solo), non vediamo ancora le azioni concrete da noi auspicate. In particolare, il tema del digitale è ancora posto ai margini della discussione pubblica mentre noi tutti siamo convinti che esso debba essere posto al centro di qualunque discussione attorno al futuro del paese”. Il che dice tutto a proposito.
CLOUD SECURITY – Diventa intanto attualissimo il tema della sicurezza nell’ambito del cloud computing alla luce degli “infortuni” capitati alle reti di PlayStation e Aruba. Episodi che non sembrano comunque causare ripensamenti e marce indietro; la Apple, ad esempio, ha da poche ore acquistato il dominio iCloud, mentre il responsabile marketing di PalyStation Italia Andrea Cuneo afferma: “Si tratta di un progresso (quello del cloud, nda) che non può essere bloccato da un’incidente , seppur grave. Così come i virus non hanno certo fermato lo sviluppo di Windows, anzi, l’incursione nei nostri server renderà le porte di ingresso ai nostri servizi online meglio difese”. Il tema delle “nuvole” sarà anche quello centrale nel prossimo e-piracy, il convegno dedicato ai problemi della tutela dei dati personali nell’era digitale, che si svolgerà presso il Palazzo Vecchio di Firenze il 3 e 4 giugno 2011.
A proposito di difese: l’Icann, l’ente internazionale che sovrintende all’assegnazione degli indirizzi Internet, ha un nuovo capo della sicurezza. Si tratta del 41enne Jeff Moss, il leggendario hacker conosciuto con il nome di battaglia “Dark Tangent”. In realtà il capitolo “pirata informatico” nella vita di Moss sembra essersi chiuso già da anni, e dopo aver collaborato con aziende leader nella messa a punto di sistemi di sicurezza per le reti aziendali, è stato nominato nel 2008 membro dell’”Homeland Security Council” americano da Barack Obama in persona. “Dark Tangent” entra all’Icann anche con il ruolo di vicepresidente. Ha dichiarato Rod Beckstrom, presidente e amministratore delegato dell’Internet Corporation for Assigned Name and Numbers: “Non posso immaginare nessun altro che abbia le conoscenze di cui dispone Moss. Solo lui é in grado di captare per tempo i pericoli e difenderci dagli attacchi informatici”.
Diffami da Arezzo, ti processano a Sassari
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 29 aprile 2011
La diffamazione ha luogo dove le offese sono percepite, a prescindere dal luogo nel quale avviene l’azione. E’ quanto stabilisce una sentenza della Prima sezione penale della Corte di Cassazione. La Corte si è espressa perché chiamata a risolvere un conflitto di competenza territoriale fra due tribunali in merito ad un processo che pende sull’amministratore di un sito web accusato di diffamazione per un articolo apparso tra le sue colonne di bit. I server del sito risiedono ad Arezzo ma l’imputato risiede a Sassari. La Cassazione ha deciso che è la procura sarda ad avere voce in capitolo.
PROCESSO TELEMATICO – E’ intanto questione di ore l’entrata in vigore delle nuove regole sul processo telematico introdotte dal decreto n.44 del ministero della Giustizia e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 aprile. Secondo quanto da esse stabilito, nelle procedure per gli atti necessari allo svolgimento del processo giuridico avranno spazio la firma digitale e le tecniche di autenticazioni che sollevino dall’obbligo di conservazione degli atti in formato cartaceo. Allo stesso tempo, le comunicazioni e l’invio dei documenti stessi potrà avvenire tramite posta elettronica certificata.
Banda larga: il dossier del Senato
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia il 29 aprile 2011
Si intitola semplicemente “Banda larga” ed è il documento con il quale il Servizio Studi del Senato della Repubblica intende fare “una ricognizione normativa” sul tema, oltre a presentare in allegato “documenti di interesse provenienti dalla magistratura contabile, da autorità indipendenti e dal Governo”. Dai programmi di lotta al “rural divide” si passa alle misure prese in materia di New Generation Network, presentando interventi e documenti di Corte dei Conti, Agcom, Antitrust e ministeri direttamente coinvolti nell’Agenda Digitale. Clicca qui per il Pdf.
BUON COMPLEANNO LINUX – Volevo anche segnalare un breve video nel quale si riassume la storia di Linux in occasione del suo ventesimo anno di vita e nel giorno del lancio di Ubuntu 11.04, la distribuzione per pc ultra user friendly dello stesso Linux.
La difesa di Jobs. Che non basta
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia, Unione Euopea, USA il 28 aprile 2011
Sarebbe una mancanza degli sviluppatori la causa della presenza del file che registra i dati di localizzazione degli utenti di iPhone. In sostanza, Apple ammette di aver dimenticato di mettere un limite temporale alla conservazione, che al momento vede registrato fino ad un anno di cronologia. E’ poi colpa di un bug se le informazioni di geolocalizzazione vengono incamerate anche con la relativa funzione spenta. Tuttavia, gli utenti possono comunque tranquillizzarsi perché i dati raccolti non sono associabili ad un singolo dispositivo, ma sono aggregati anonimi che Cupertino usa per lo sviluppo dei software, per la risoluzione dei problemi nonché per la messa a punto delle pubblicità di iAd. Lo stesso Jobs, in un’intervista al settimanale Mobilized, afferma: “Non seguiamo nessuno. I file trovati nei telefoni, come abbiamo spiegato, erano sostanzialmente creati attraverso informazioni anonime che raccogliamo da decine di milioni di iPhone”. Il numero uno di Apple giustifica poi così l’accaduto:”Quando una nuova tecnologia fa il suo ingresso c’è un periodo di aggiustamento e di insegnamento”. Dulcis in fundo, consolidated.db, il file incriminato, verrà cancellato con il prossimo aggiornamento di iOS.
PAROLE SOLTANTO PAROLE? – Di sicuro non basteranno le parole giunte da Cupertino a chiudere la questione. Analoghe prese di posizione sono attese anche da Google e Microsoft, e le iniziative legali già intraprese in più parti del mondo spingono a credere che la vicenda sarà ancora lunga. Anche alla luce di chi allarga il raggio della questione accusando Mountain View e Cupertino di manovrare illecitamente i dati di localizzazione raccolti dai Pc sfruttando interazioni tra reti WiFi e browser come Chrome. Il problema risiederebbe nell’opacità che ricopre l’utilizzo che di questi dati viene fatto dalle aziende dopo aver ricevuto comunque il consenso degli utenti alla loro raccolta.
Smartphone spioni: le prime iniziative legali
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia, Unione Euopea, USA il 26 aprile 2011
La sensazione è che siamo solo all’inizio della vicenda relativa agli iPhone spioni (che in realtà coinvolge gli smartphone in generale). Sono infatti partite le prime iniziative legali volte a far luce su queste pratiche potenzialmente lesive della privacy degli utenti, i cui spostamenti vengono memorizzati sotto forma di coordinate non criptate. Apple e Google hanno ricevuto una lettera con una richiesta di chiarimenti da Lisa Madigan, procuratore generale dell’Illinois, mentre l’autorità garante per le comunicazioni sudcoreana apre un’indagine sul caso. E nonostante entrambe le società affermino di aver sempre richiesto il consenso degli utenti per la raccolta di qualunque tipo di dato, si profila una class action proprio in merito a questo punto; il primo passo in questo senso è stata la denuncia che i due utenti della Mela morsicata Vikram Ajjampur e William Devito hanno depositato presso la Corte Federale di Tampa (Florida). Con essa i due chiedono un risarcimento per non aver ricevuto un’esplicita richiesta per la memorizzazione dei dati di geolocalizzazione e un’ingiunzione permanente nei confronti di questo stesso servizio.
Nelle ultime ore, inoltre, si è allargato il ventaglio dei punti critici: un’indagine del Wall Street Journal mette in luce come i dati vengano memorizzati anche con il sistema di localizzazione disattivato, mentre si scopre che una clausola nelle condizioni d’uso diventa una liberatoria per la memorizzazione dei dati in questione anche al di fuori del solo sistema GPS. Sempre più coinvolto risulta Google: alcune app dell’Android Market provvederebbero all’invio alla rete di inserzionisti di informazioni sul posizionamento dell’utente con altissima frequenza. E sembrano valere poco le spiegazioni di Mountain View che cercano di far rientrare il tutto nel servizio Google Location; il fatto che esso sia opt-in non rende meno grave che oltre all’aggregazione di dati per il miglioramento del servizio ci sia anche la possibilità di risalire al singolo utente. L’argomento principale della difesa di Apple è invece il fatto che i dati memorizzati non arrivino a Cupertino.
UPDATE 27 aprile – Finiscono direttamente coinvolti anche i dispositivi Windows Phone 7, con Redmond che non ha ancora chiarito con quale frequenza vengano raccolti questi dati, per quanto tempo vengano conservati e se rendono possibile risalire al singolo utente.
iPhone spioni
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia, Unione Euopea, USA il 23 aprile 2011
Si incendia il dibattito scaturito dalle denunce dei ricercatori di sicurezza Alasdair Allan e Pete Warren; i due hanno sollevato nei giorni scorsi l’attenzione sul fatto che il sistema operativo iOS, quello implementato sugli iPhone della Apple, conserva dei file nei quali sono registrati tutti gli spostamenti che compie il possessore del dispositivo. La liceità e i limiti ai quali devono sottostare gli strumenti di geolocalizzazione per non sconfinare nella violazione della privacy non sono argomenti dell’ultima ora, anche se divengono sempre più centrali perché i rischi di un abuso di questo tipo di tecnlogie sono innegabili. Rischi dei quali gli utenti, secondo un’indagine di Microsoft Italia del gennaio 2011, sono per la maggior parte preoccupati (52%) anche se solo il 62% è consapevole dell’esistenza dei servizi di geolocalizzazione nei propri smartphone. In ogni caso, fanno notare Allan e Warren, non è l’azienda ad attingere a questi dati, che vengono invece salvati nei computer sui quali si effettua la sincronizzazione col dispositivo mobile. Inoltre, non sono file segreti ed è possibile la loro cifratura. Tuttavia, i timori sembrano essere forti tra i rappresentanti dell’ADOC (l”associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori), tanto da richiedere al Garante della privacy un intervento per mettere luce a quella che viene definita una situazione “sconcertante”.
Si è già attivata sul caso l’Agenzia bavarese per la protezione dei dati, mentre la francese Commission nationale de l’informatique et des libertès (CNIL) afferma per bocca del suo segretario generale Yann Padova: ”Se [i dati, nda] vengono solo conservati si tratta di un semplice caso di mancata richiesta di autorizzazione, se invece sono accessibili da Apple è una questione ben più seria”. Chiarimenti a Steve jobs vengono richiesti anche dal Congresso americano e le autorità del New Jersey hanno aperto un’indagine sull’uso dei dati incamerati dagli smartphone. La questione della geolocalizzazione investe behavioral advertising, servizi location based nonché l’utilizzo che di questi dati possono fare le forze di polizia. E non di sola apple si tratta: ormai coinvolti anche gli altri sistemi operativi per dispositivi intelligenti, Android su tutti.
Le email come prova
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia il 22 aprile 2011
Un’importante sentenza arriva dal Tribunale di Prato: le email sono da considerarsi strumenti dotati di firma elettronica. Username e password sarebbero dunque un riconoscimento valido quanto quelli contenuti nella definizione di firma elettronica contenuti nel nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale (articolo 1, lett.Q). Un messaggio di posta elettronica ha dunque sufficienti e oggettivi requisiti di integrità, sicurezza, qualità e immodificabilità per avere efficacia probatoria in giudizio.
TORRENTISMO OFFLINE – Diventa intanto irraggiungibile dal nostro paese Btjunkie.org, motore di ricerca di BitTorrent. Il blocco è stato attuato a seguito dell’ordine di inibizione emesso da un PM e appellabile solo in Cassazione (procedura divenuta lecita nell’ambito del caso di The Pirate Bay), ordine imposto sulla base della normativa sul commercio elettronico (il D.lgs 70/2003). Btjunke.org è stato così messo offline nell’ambito dell’operazione Poisonous Dahlia condotta dalla Guardia di Finanza di Cagliari, spesso impegnata in questo tipo di operazioni. Gioia della Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI), che aveva definito il search engine come un enorme supermercato del falso multimediale alla luce di circa 500mila accessi quotidiani dall’Italia e dei 3,5 milioni di euro annui che si stima i gestori del sito abbiano guadagnato con questo servizio.
UPDATE 26/4/2011 – I gestori del sito sembrano non voler presentare ricorso bensì intraprendere la strada dell’aggiramento. Sull’home page del search engine è infatti apparsa la scritta: “Attenzione Italiani: btjunkie.org verrà presto bloccato a causa della censura giudiziaria italiana. Potrete continuare ad accedere al sito tramite proxyitalia.com/btjunkie.org”. Già in molti avevano evidenziato come le regole imposte dall’operazione Poisonous Dahlia avrebbero potuto essere aggirate tramite semplici meccanismi di VPN.
iPHONE SPIONI – Si incendia nel frattempo il dibattito scaturito dalle denunce dei ricercatori di sicurezza Alasdair Allan e Pete Warren; i due hanno sollevato nei giorni scorsi l’attenzione sul fatto che il sistema operativo iOS, quello implementato sugli iPhone della Apple, conservi dei file nei quali sono registrati tutti gli spostamenti che compie il possessore del dispositivo. La liceità e i limiti ai quali devono sottostare gli strumenti di geolocalizzazione per non sconfinare nella violazione della privacy non sono argomenti dell’ultima ora, anche se divengono sempre più centrali perché i rischi di un abuso di questo tipo di tecnlogie sono innegabili. Rischi dei quali gli utenti, secondo un’indagine condotta da Microsoft Italia nel gennaio 2011, sono per la maggior parte preoccupati (52%) anche se solo il 62% è consapevole dell’esistenza dei servizi di geolocalizzazione nei propri smartphone. In ogni caso, fanno notare Allan e Warren, non è l’azienda ad attingere a questi dati, che vengono invece salvati nei computer sui quali si effettua la sincronizzazione col dispositivo mobile. Inoltre, non sono file segreti ed è possibile la loro cifratura.
Tuttavia, i timori sembrano essere forti tra i rappresentanti dell’ADOC (l’associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori), tanto da spingerli a richiedere al Garante della privacy un intervento per fare luce su quella che viene definita una situazione “sconcertante”.
Scuole in WiFi: siamo alla vigilia
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 21 aprile 2011
L’Operazione Scuole in WiFi partirà il 9 maggio. Lo annuncia il ministro Renato Brunetta, specificando che grazie a questo progetto ogni istituto aderente al progetto ScuolaMia (attualmente 3mila) beneficerà di un access point gratuito alla Rete a scopo didattico. Un ulteriore tassello del Piano e-Gov 2012 che si giova, tra l’altro, di alcuni dati: negli ultimi tre anni tutte le scuole sarebbero state connesse alla Rete, mentre l’80% di esse sarebbero in possesso di una casella di posta certificata. Costo complessivo: 5 milioni di euro.
A margine, Brunetta ha annunciato che dal prossimo anno saranno disponibili online le pagelle e i servizi di pagamento delle tasse di iscrizione alle scuole pubbliche; un sistema che dovrebbe generare un risparmio complessivo di 120 milioni di euro.
Confalonieri e la retefobia
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia il 21 aprile 2011
Nel mercato di Internet “regna la totale assenza di regole e controlli” e si produce così “un’asimmetria dannosa” rispetto al mercato televisivo nel quale “vi è una pesante ingerenza degli organi di regolamentazione”. A parlare è il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, che centra il discorso tenuto davanti alla platea degli azionisti soprattutto su diritto d’autore e copyright, materia sulla quale la sua azienda si è già scontrata in tribunale con Youtube nell’affaire dei video del Grande Fratello ospitati sul Tubo; in quell’occasione il giudice diede ragione a Mediaset, a differenza di quanto accaduto in Spagna con la controllata Telecinco in un processo del tutto simile.
Dunque Internet sarebbe un pericolo per la Tv perché permetterebbe una seriale e massiccia violazione di copyright, con gli obiettivi futuri dell’azienda di Cologno Monzese così tratteggiati: “Difendere gli investimenti contro ogni utilizzo parassitario e ogni pirateria. Non vogliamo privare il mondo degli internauti dei contenuti più preziosi e apprezzati. Vogliamo invece fare in modo che questi contenuti continuino a essere pensati, finanziati, distribuiti dentro a una logica economica, l’unica che garantisce la loro generazione”. A pensare male si potrebbero ricondurre certe affermazioni alle intenzioni del famigerato Decreto Romani di imporre alla Rete oneri e balzelli tipici delle reti televisive tout court. E sempre a pensare male si risalirebbe al conflitto di interessi di chi guida sia il governo del quale fa parte Romani sia l’azienda presieduta da Confalonieri.
Il buon Fedele conclude parlando dell’asta sulla banda da 800mhz, a proposito della quale parla si “un’incomprensibile politica di favore verso il mondo delle telecomunicazioni e a scapito del mondo di noi televisivi” da parte dell’Europa, che ha prescritto l’assegnazione della suddetta banda agli operatori telefonico mobile. Tornando a pensare male, bisogna far notare che il nostro governo si è già mosso per “risarcire” le reti televisive di cotanta razzia
POLITICA E SOCIAL NETWORK – Intanto la società di social management Info realizza un’infografica (pubblicata da isuu.com) nella quale si analizzano i dati della presenza su Facebook dei nostri politici. Silvio Berlusconi insegue Nichi Vendola in quanto a fans (240.547 contro 386.821) ed è a sua volta tallonato da Antonio Di Pietro. Uno dei punti principali che risaltano è l’uso scarsamente interattivo che molti fanno del mezzo (in una logica figlia di comizi elettorali e televisione); a distinguersi, come facilmente immaginabile, le fasce più giovani. Clicca sull’immagine per vedere tutti i dati.
I conti in tasca alla spesa pubblica
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia il 19 aprile 2011
Si chiama Open Spending e si pone semplicemente come spazio dal quale evincere i dati relativi alla spesa pubblica. Con un grafico interattivo ed un elenco di dati accessibili a chiunque in home page, OS si pone l’obiettivo di creare un database internazionale nei prossimi anni, sfruttando gruppi analoghi sorti in una ventina di nazioni (tra i quali l’inglese Does My Money Go?) nell’ambito di un più ampio progetto di Open Data della Open Knowledge Foundation.
WiFi ancora nel mirino della burocrazia
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 18 aprile 2011
Un nuovo capitolo della difficile storia del WiFi nel nostro paese. Era il 26 ottobre 2010 quando il nostro governo proponeva per
decreto una bozza di regolamento in attuazione della direttiva europea 2008/63/CE relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni. Si chiude oggi la consultazione pubblica sul documento nel quale è possibile leggere che “i lavori di installazione, di allacciamento e di collaudo delle apparecchiature terminali […] finalizzati alla realizzazione di un impianto interno di comunicazione elettronica, nonché i lavori di manutenzione o di trasformazione, sono eseguiti dalle imprese titolari di autorizzazione generale per l’installazione e la fornitura di reti pubbliche di comunicazione elettronica”. Insomma, gli utenti sarebbero tenuti ad affidarsi a questi professionisti (che a loro volta sono tenuti ad iscriversi ad un albo la cui creazione è prevista nello stesso decreto) per ognuno dei passaggi e degli aspetti relativi alla connessione, con evidenti aumenti di intermediazione e dunque costi, per dare seguito ad una fino ad ora inapplicata legge del 1992 per effetto della quale erano arrivate pochi mesi prima del decreto multe a negozianti milanesi. L’articolo 10 della bozza esclude gli impianti con “una capacità non superiore a dieci punti di utilizzo finale”, il che escluderebbe i router che acquistiamo nei negozi ma non quelli che verrebbero inviati dagli operatori su richiesta dell’abbonato; operatori che si troverebbero così a dover inviare una squadra di tecnici ( un direttore dei lavori e due aiutanti) a casa di chi richiede un abbonamento per collegare router e modem, oltre a vari altri cavilli burocratici presenti su tutto il percorso. Il fai da te potrebbe costare caro, con multe che vanno dai 15 ai 150mila euro.
Ancora una volta sembra ribaltato lo spirito della direttiva dalla quale si parte, visto che la 2008/63/CE prescriveva misure volte a alla liberalizzazione del settore di telecomunicazione e il controllo dei dispositivi per promuovere standard che rendano la concorrenza praticabile su scala continentale. La norma invece sembra scoraggiare la nascita di piccoli Isp che si ritroverebbero di fronte ad una burocrazia ostile. Sembra che per norme definitive si debba attendere fino al prossimo dicembre; nel frattempo però il ministero è obbligato ad emettere provvedimenti in materia, che si spera siano correttivi. Speranza non peregrina dato che lo stesso Paolo Romani dichiara di non aver ancora preso in mano il testo. Magari dandogli una letta…






