Articoli con tag Regolamentazione
“Ammazzablog”: è mobilitazione
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia, Unione Euopea il 28 settembre 2011
Fortunatamente la Rete sa difendere se stessa. Il nuovo tentativo di introdurre la “legge bavaglio” e con essa il suo comma 29, l’“ammazzablog”, ha innescato una serie di reazioni che stanno già convergendo in queste ore; in primis, in Parlamento sono stati presentati 7 emendamenti provenienti da tutti gli schieramenti. In merito, l’associazione radicale Agorà Digitale propone di “provare a portare gli attuali 26 firmatari verso i 316 della maggioranza necessaria all’approvazione di tali emendamenti alla Camera”, inviando a tutti i deputati questa richiesta:
Gentile Onorevole, 26 dei suoi colleghi di PD (8), Radicali (6), UDC (5), PDL (3), IDV (2) e Gruppo Misto (2) hanno presentato alla Camera ben 7 diversi emedamenti volti a limitare ai soli contenuti professionali ed in particolare alle testate registrate la validità del comma 29 del ddl intercettazioni volto ad estendere anche online la normativa sul diritto di rettifica. Riteniamo pericoloso estendere anche a contenitori amatoriali come blog o generici “siti internet” una normativa pensata per testate registrate e che appare sproporzionato applicare ad un contesto di scrittura amatoriale e rivolta a gruppi ristretti di persone. Le chiediamo di apporre la sua firma sui sette emendamenti o quantomeno su alcuni di essi, per dare forza alla richiesta di abrogazione in modo che sia chiaro che la difesa del web, non come luogo di assenza di regole, ma come risorsa anche per l’informazione è condivisa da tutti gli schieramenti politici.Internet è e sarà una risorsa fondamentale per la nostra democrazia e deve essere tutelata”.
E’ possibile aderire qui. Allo stesso tempo, è prevista una manifestazionea Roma (per chi avesse ancora bisogno di delucidazioni sul perché la norma è assurda, può trovarne in questo pezzo di Guido Scorza), davanti al Pantheon.
Dulcis in fundo, segnalo l’iniziativa di Valigiablu, che mira sostanzialmente a unificare gli sforzi che sta compiendo ogni ogni singolo blogger; si propone a corredo anche un lungo ed esauriente articolo su ciò che la norma rappresenta. Il tutto con buona pace dell’onorevole Gasparri, che si diverte a definire Internet uno strumento micidiale…

Forse bisogna prepararsi anche a mobilitarsi su scala internazionale, visto che è imminente un nuovo eG8 che, come il precedente, escluderà dal tavolo i netizen (noi) e i loro (nostri) rappresentanti; in più, proprio oggi il ministro degli esteri giapponese annuncia che il primo ottobre prossimo arriveranno le prime ratifiche dell’Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA), in un giro di firme che vedrà protagonisti, oltre ai nipponici, paesi come il Canada, l’Australia e gli Stati Uniti d’America.
UPDATE 29 settembre 2011 – Resistenza ad oltranza, in tutte le sedi, fino alla “disobbedienza civile” (Maria Luisa Busi, nda). Manifestazioni come quella di oggi danno coraggio, soprattutto perché palesano capacità di rimpallo “mondo virtuale – mondo reale” che hanno, pensate un po’, le potenzialità per fermare quegli imbavagliatori sempre più soli, sempre più precari. Anche se sempre lì. Dunque, ancora, resistenza.

Intercettazioni e bavagli, ci risiamo
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 25 settembre 2011
Ormai non ci stupisce più, il Web da noi è in costante pericolo censura. Tant’è che qualcuno pensa di riprovarci con il DDL intercettazioni per cercare di arginare quello che il nostro caro presidente chiama “stato di polizia”. In quel testo si impone a tutti i “siti informatici” di provvedere entro 48 ore a rettificare contenuti segnalati come impropri da chi se ne ritiene danneggiato. Chiunque, in qualunque modo e di qualunque spazio si tratti (che si il sito del Corriere della Sera o un blog gestito da un sedicenne, secondo loro, cambia poco). E se un blogger non rispetta la norma? Facile, rischia 12mila euro di multa. Così, se la legge dovesse arrivare fino alla Gazzetta Ufficiale, avremmo un universo digitale popolato di contenuti che potrebbero essere disinnescati a mezzo di obbligatorie rettifiche in qualunque momento perché non graditi a chi ci governa o a qualunque altro soggetto. Curioso, per un provvedimento che vuole salvarci dallo “stato di polizia”…
UPDATE 26 settembre 2011 – Alessandro Capriccioli parla di come questa norma significherebbe di fatto un’imposizione a mentire per migliaia di blogger. L’avvocato Fulvio Sarzana invece, oltre a sottolineare quanto difficile sarebbe vedere ancora sfilze di commenti in calce agli articoli online (“le testate, come i blogger preferiranno moderare tutti i commenti per eviatare problemi con coloro che potrebbero richiedere “a spron battuto” le rettifiche”, si concentra sulle contraddizioni insite nella norma:
“La norma oltre che singolare rischia anche di essere vanificata dalle concrete modalità di immissione dei contenuti sul web e dalla caratteristica di transnazionalità della rete internet. L’obbligo di rettifica come è noto, è previsto in generale dalla legge sulla stampa e, precisamente dall’art 8 Legge 8 febbraio 1948, n. 47. La legge sulla stampa prevede una sanzione amministrativa per le testate che non adempiono all’obbligo di rettifica e la possibilità di avvalersi degli strumenti previsti dal codice di procedura civile per ottenere il diritto di rettifica.Orbene la norma sulla stampa è stata emanata in un periodo storico nel quale non c’era internet e non era ipotizzabile che una testata potesse risiedere all’estero. Internet ha portato con sè la possibilità di delocalizzare gli strumenti di comunicazione alla collettività sino al punto in cui un blog, come quello del sottoscritto, essendo ospitato presso una piattaforma che risiede all’estero e che non appare soggetta, almeno per ciò che riguarda la possibilità di essere raggiunta da un ordine di rettifica, alla giurisdizione italiana, può ignorare l’ordine di rettifica senza andare incontro a particolari problemi”.
Il deputato del Pdl Roberto Cassinelli, intanto, annuncia sul suo blog che ripresenterà l’emendamento con il quale nel giugno 2010 chiedeva di allungare a 7 giorni le scadenze imposte ai blogger per effettuare le rettifiche, oltre ad una sensibile diminuzione delle pene pecuniarie.
Internet è una cura per la crisi. Che vi piaccia o no
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 22 settembre 2011
Secondo il rapporto McKinsey Internet farebbe guadagnare molti più posti di lavoro di quanti non ne faccia perdere; nello specifico, nel nostro paese l’economia che viaggia in Rete ha creato 700mila posti di lavoro distruggendone 380mila. Dunque, un saldo netto di 320mila posti di lavoro guadagnati. E il dato sarebbe ancor più positivo se gli investimenti nell’Internet Economy fossero più coraggiosi. Lo dimostra la Francia, dove a fronte di 500mila posti di lavoro bruciati se ne siano materializzati un milione e duecentomila. E questo perché i nostri cugini hanno da tempi capito l’importanza di investire in banda larga e ultralarga; secondo i calcoli di Sacco “è dimostrato che ogni 10 per cento di aumento di penetrazione della banda larga, la ricchezza di un paese in termini di Pil cresce dell’1 per cento. E ogni mille nuovi utenti di banda larga si creano 80 nuovi posti di lavoro”. E le occasioni non riguardano solo le aziende “della rete”, perché, come afferma lo stesso rapporto McKinsey, “Internet comporta una modernizzazione per tutti i settori economici e il maggiore impatto positivo si registra per le imprese tradizionali: tre quarti della ricchezza totale prodotta dalla rete viene da aziende che non si definiscono Internet player ma che hanno beneficiato dalla innovazione digitale”. E sarebbero soprattutto le Piccole e Medie imprese a beneficiare di queste opportunità, cosa che non accade ancora visto che la maggior parte dei 700mila posti vengono fuori dalla grande industria. Dunque, investire nelle nuove tecnologie sembra essere un must per uscire fuori dalla crisi e porre le basi dell’economia del prossimo futuro; azzerare il digital divide e migliorare le infrastrutture di rete per far si che cresca significativamente un settore che già oggi equivale al 2% del PIL (ovvero a 36,1 miliardi di euro).
Il nostro governo ha più volte dimostrato di avere molta attenzione per la Rete. Peccato sia sempre stati in senso esattamente opposto; vedi l’ultimo capitolo della saga “Sua Emittenza non gradisce l’ICT”.
CYBERTRUFFE – Certo bisognerà accrescere anche l’attenzione quando si naviga; secondo l’indagine Norton Cybercrime Report della Symantec gli italiani vittime di cyberciminali, nell’ultimo anno, sono stati in media 22646 al giorno. E se dati come il fatto che il 69% dei netizen nostrani non ha un antivirus aggiornato restituiscono una causa scontata, più curioso il fatto che chi mente online sui propri dati ha un bel 20% in più di possibilità di essere colpito dalle frodi telematiche (61% contro 81%). Dopo virus e malaware come cause principali di problematiche subite ci sono le molestie sessuali e profili social vittime di hacker; l’ammontare dei danni si stima, sempre nell’ultimo anno, in 616,7 milioni di euro a livello materiale e ben 6,1 miliardi di euro a livello di tempo perso. Gli stessi numeri su scala globale sono rispettivamente 114 e 274 miliardi di dollari.
UPDATE 24 settembre 2011 – Si conclude l’asta sulle frequenze per la parte relativa a quelle più pregiate (800mhz), che saranno sottratte alle tv locali in loro possesso entro la fine del 2012; Tim, Vodafone e Wind se ne aggiudicano due lotti ciascuno, per un ricavo complessivo per lo stato di 3,7 miliardi di euro. Un passo in avanti verso il 4G nel nostro BelPaese.
Su Google e la sua CyberRepubblica
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web il 22 settembre 2011
Solo una piccola considerazione personale in merito alla modalità con la quale a Mountain View si gestiscono i risultati delle ricerche degli utenti; l’occasione è l’audizione che il presidente di Google Eric Schmidt ha avuto di fronte alla Commissione Giustizia del Senato americano, nella quale ha ribadito che i risultati non vengono manipolati per dare precedenza ai servizi di BigG a meno che essi non vengano ritenuti più utili di altri per l’utente.
Su Wired Martina Pennisi attacca così il pezzo nel quale fa il resoconto dell’audizione:
“Immaginate Google come uno Stato. Un accogliente, servito e funzionante Stato in cui i cittadini non pagano le tasse. Immaginate, come è ovvio che sia, che negli anni sempre più persone decidano di trasferirsi in quest’area e che Google, altro passo ovvio, decida a un certo punto di investire direttamente sul territorio di sua proprietà aprendo negozi, ristoranti e banche che vadano a concorrere direttamente con quelle già presenti e di diversa paternità. È a questo punto che Google viene chiamato da un’autorità sovrastatale a spiegare, o meglio a rassicurare in merito, in che modo gestisce la concorrenza commerciale a Googlelandia: spinge i cittadini verso i suoi esercizi commerciali? In che modo permette o meno a strutture di altri di avere successo? Si comporta correttamente? E, in definitiva, se invece di uno Stato fosse il mondo intero, è giusto che sia Google a decidere cosa funziona o cosa no?”
Io vedo due possibilità: se Google agisce come un privato che fa le regole entro la sua proprietà e manipola ciò che vi passa dentro, allora va rivista la sua posizione di mero intermediario quando qualcuno commette reati sulle sue “reti”. Se no, se vuole rimanere intermediario, mero fornitore degli spazi di quello “stato” di cui parla la Pennisi, deve concorrere con i suoi “cittadini imprenditori” alla pari. Soprattutto perché guadagna grazie al fatto che quei cittadini disseminano di dati le sue “strade”, che vengono inoltre ricoperte di pannelli pubblicitari.
Il Partito Pirata tedesco sbanca Berlino
Pubblicato da Marco Ciaffone in Unione Euopea il 19 settembre 2011
Ottiene quasi il 9% alle amministrative della capitale parlando di file sharing, privacy e lotta alla censura su Internet. Cosa si può dire: complimentoni ragazzi!
Speriamo che sia di buon augurio anche per il Partito Pirata nostrano.
Internet, per il governo, è un bene di lusso
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 18 settembre 2011
Apprendo da Byoblu dell’ennesimo affronto mosso alla Rete da questo governo catodico; mentre a parole dice di voler combattere il digital divide, contribuisce con questa manovra a disincentivare ulteriormente l’utilizzo delle nuove tecnologie:
“Tra i cosiddetti servizi di lusso di cui il governo sembra pensare si possa fare a meno, ci sono infatti i computer e gli abbonamenti a internet. Non solo l’IVA per le connessioni alla rete passa dal 20% al 21%, ma per di più la legge consente ai gestori di retrodatarne l’aumento, che può essere così applicato ai consumi non ancora fatturati. Quando vi arriverà la bolletta, controllate che gli incrementi partano dal 18 settembre e non prima.
Internet non è un servizio di lusso: è un bene essenziale perché afferisce direttamente al diritto dei cittadini di essere informati. L’Iva per le connessioni alla rete non deve essere aumentata. Va semmai ridotta al 4% come quella applicata ai generi di prima necessità o eliminata del tutto, perché mai come ora l’informazione libera e il dibattito aperto che la rete è in grado di garantire sono risorse di vitale importanza”.
L’Agcom dà il via alle audizioni mentre Mediaset batte Yahoo. E arriva un’altra proposta di legge dal secolo scorso…
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 16 settembre 2011
L’avvocato Guido Scorza fotografa la situazione in merito al regolamento che l’Agcom si appresta a varare in materia di tutela dei diritti d’autore online, mettendo in luce pericoli, contraddizioni e possibili alternative:
“E’ scaduto in queste ore il termine – rigorosamente estivo – concesso dall’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni agli addetti ai lavori per partecipare alla consultazione pubblica relativa allo schema del nuovo regolamento sul diritto d’autore online che tante polemiche ha sollevato nei mesi scorsi.
Nei prossimi giorni si aprirà, invece, la fase delle audizioni nel corso della quale i soggetti interessati che hanno presentato, per iscritto, all’Autorità le proprie posizioni sullo schema di regolamento avranno la possibilità di illustrarle, nel dettaglio, ai funzionari dell’Autorità.
Chiusa anche questa fase, quindi, nei prossimi mesi starà all’Autorità – tenuto o meno conto delle osservazioni ricevute e perplessità sollevate da quanti hanno partecipato alla consultazione – adottare il regolamento e stabilire così, una volta per tutte, quali saranno le regole che governeranno la circolazione dei contenuti digitali nello spazio pubblico telematico italiano.
Una piccola Autorità, un minuscolo regolamento per un ambizioso obiettivo.
Tanto ambizioso, quanto pericoloso perché qualsivoglia errore commesso – ed a giudicare dallo schema di regolamento ce ne sono tanti – nella definizione della posizione di equilibrio tra la tutela dei diritti d’autore e quella della libertà di manifestazione del pensiero, finirà, inesorabilmente, con l’incidere sulla misura di democrazia e libertà alla quale avremo diritto, on line, negli anni a venire”.
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MEDIASET VS YAHOO! – Nel frattempo il tribunale di Milano accoglie le richieste di Mediaset e condanna Yahoo per aver indebitamente diffuso sul suo portale materiale coperto da diritto d’autore. Appuntamento al 18 ottobre per la quantificazione della multa.
UPDATE 17 settembre 2011 – Arrivano anche le motivazioni dei giudici, qui brillantemente analizzateda Guido Scorza.
Mentre, con meraviglioso tempismo, viene depositata alla Camera dei Deputati la proposta di legge C4549, mirante a modificare gli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, quello che recepisce la direttiva 2000/31/CE (sulla “Responsabilità dei prestatori intermediari”). La proposta parte dal presupposto che la direttiva solleva gli intermediari da responsabilità qualora gli utenti dei servizi da loro gestiti commettano reati, ma solo quando è accertato che lo stesso intermediario era ignaro della presenza del suddetto contenuto. Dunque, affermano i proponenti, in tutti quei casi nei quali l’intermediario (che sia esso provider di connessione o di servizi telematici) viene informato, da qualunque soggetto, in merito ad una violazione perpetrata sulle sue reti, esso deve intervenire per risolvere il problema. Il punto critico della proposta è che si salta il momento nel quale viene accertato che un contenuto genera reato, il che spetta alla magistratura e a nessun altro. Inoltre, nonostante si riconosce all’intermediario di non avere obblighi di sorveglianza, si spinge affinché egli implementi dei filtri contro la pubblicazione di materiale, ad esempio, in violazione di copyright. Si arriva addirittura a pensare di chiedere agli intermediari “la sospensione della fruizione dei servizi dei destinatari di tali servizi che pongono in esame violazioni dei diritti di proprietà industriale per evitare che siano commesse nuove violazioni della stessa natura da parte degli stessi soggetti”. Cioè, non si deve far pubblicare di nuovo a quel soggetto quel contenuto, imboccando la china pericolosa che porta fino alla richiesta di impedire l’accesso al servizio e, perché no, alla Rete Internet.
Per approfondire in merito agli scempi di questa iniziativa legislativa clicca qui.
Una “curiosità”: la 4549 fa il paio con il disegno di legge 4511, intitolato proprio “Modifica degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, in materia di responsabilità e di obblighi dei prestatori di servizi della società dell’informazione”; firmato dall’onorevole leghista Giovanni Fava, sembra proprio il testo sul quale è stata ricalcata questa nuova proposta.
Cronologia delle leggi e delle sentenze sull’Internet italiano
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 15 settembre 2011
Clicca sull’immagine per aprire la timeline che ripercorre la cronologia delle principali leggi e sentenze che hanno dato forma alla rete Internet sotto il cielo d’Italia.
Si allungano le tutele del copyright europeo
Pubblicato da Marco Ciaffone in Unione Euopea il 13 settembre 2011
Legge Cliff o “Nuove regole sui termini di protezione delle registrazioni musicali”. Comunque la si chiami, la nuova norma continentale estende i termini per la tutela della proprietà intellettuale di interpreti e produttori musicali da 50 a 70 anni. L’iniziativa nascerebbe dalla considerazione che spesso gli artisti “cominciano giovani la loro carriera e capita spesso che la durata attuale della tutela di 50 anni non basti a proteggere le loro performance per tutta la vita”. Con buona pace di chi si batte per una sterzata, un salto di qualità nella gestione dei diritti d’autore in chiave digitale, arriva un enforcement che sa di favore a chi, come Paul McCartney, alle soglie della pensione vede nelle nuove tecnologie un pericolo più che un occasione. A nulla sono valse le proteste di paesi come Belgio, Svezia e Olanda (per citarne alcuni), mentre possiamo essere orgogliosi del nostro paese che, stando a quanto dichiara entusiasta il presidente di FIMI Enzo Mazza, “ha giocato un ruolo fondamentale nella costruzione del consenso necessario a Bruxelles per ottenere questo importante risultato”.
UPDATE 15 settembre 2011 – E ci sono già i primi studi sugli effetti di questa mossa, che costerebbe ai cittadini europei 1 miliardo di euro. Se si allungasse ulteriormente a 95 anni permetterebbe invece all’80% degli artisti continentali un incremento del profitto di, udite udite, 50 sterline.
Agcom e copyright: pronti per l’autunno?
Pubblicato da Marco Ciaffone in Il mondo del Web, Italia, Unione Euopea il 29 agosto 2011
Dunque, siamo in attesa di nuove mosse da parte dall’Agcom, dopo la moratoria scattata in luglio, con scadenza a novembre, sul testo del regolamento contenuto nella delibera 668/2010. Nel frattempo, il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio EU ha in programma di estendere da 50 a 95 anni il termine dei diritti d’autore dei quali beneficiano artisti (interpreti ed esecutori) e produttori di fotogrammi.
Sempre in ambito internazionale, Parigi è pronta ad ospitare un nuovo G8 per la Rete, questa volta focalizzato sul copyright. E mentre alcune telco francesi iniziano a prospettare nel loro paese un limite di utilizzo della banda, si consumano stravolgimenti negli assetti delle maggiori società del mondo della tecnologia, con conseguenze già a breve termine su tutto il sistema.
E’ giusto una serie di appunti per dire che, tornati dalle ferie, bisogna prepararsi alla mobilitazione autunnale…
UPDATE 31 agosto 2011 – Quasi dimenticavo: inizia oggi l’asta delle frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre e utili per le reti di nuova generazione 4G. Sono quattro le compagnie di telecomunicazioni in corsa: Telecom Italia, Vodafone, Wind e H3G. Poste Mobile e Linkem si sono tirati indietro all’ultimo. Si spera di ricavare almeno 3,1 miliardi di euro che le aziende dovranno versare entro al fine di settembre; la base d’asta è di 2,4 miliardi con possibilità di un rilancio minino del 3%. Sarà possibile consultare le graduatorie sul sito del ministero dello Sviluppo Economico.
Regolamento Agcom: moratoria fino a novembre. E intanto l’Autorità apre al dialogo
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 28 luglio 2011
Arriva la decisione da parte dell’Agcom di mettere, di fatto, in moratoria fino a novembre il testo del regolamento contenuto nella delibera 668/2010. L’annuncio è arrivato da parte del presidente Corrado Calabrò durante l’audizione di oggi al Senato, seconda parte di quella avuta giovedì scorso. Commentano così il segretario di Agorà Digitale Luca Nicotra e Marco Perduca, senatore radicale: “è un’altro passo nella giusta direzione. Un segnale positivo perché dimostra come il confronto di Agcom con una mobilitazione che ha coinvolto numerose associazioni, partiti, organizzazioni ed esperti del settore stia pian piano erodendo le certezze e la volontà di chiudere con rapidità che l’Autorità stessa aveva espresso solo poche settimane fa. Si tratta pero’ di segnali che ci inducono ad auspicare che la mobilitazione continui, insistendo su un punto: l’Autorità abbia il coraggio di sospendere l’iter del regolamento fino all’approvazione di una riforma del diritto d’autore. Innanzitutto perche’ i riferimenti normativi fatti dall’Autorità sono quantomeno dubbi: il decreto Romani riguarda solo i media audiovisivi e non l’intero diritto d’autore, mentre la normativa sul diritto d’autore, nella parte citata da Agcom (art. 182/bis), è del 2000 e non si comprende, se sussistesse tale legittimità di intervento, il motivo per cui l’Autorità ad oggi non l’abbia messa in atto.
Inoltre il regolamento avrebbe un impatto enorme nel frenare l’innovazione nel paese, escludendo nuovi soggetti per favorire quelli con posizioni consolidate. Ma soprattutto sarebbe un precedente nell’uso di sistemi di censura senza eguali in altri paesi occidentali. Un rischio di un regolamento-apripista nell’uso della censura come sistema per affrontare i problemi che pare confermato dalla richiesta di Calabrò al Parlamento di attribuire ad Agcom il potere di intervento anche sui siti esteri”.
Stamattina attivisti e blogger avevano consegnato a Calabrò il volume “La Rete, una Sinfonia”, iniziativa partorita da Agorà digitale, Avaaz e FakePress contenente gli oltre 20000 messaggi che hanno invaso profili Facebook e Twitter in queste ore; “La richiesta della società civile, dei parlamentari e addirittura di membri del governo è la stessa da mesi – ha dichiarato lo stesso Luca Nicotra, che ha fisicamente consegnato il volume – L’Autorità non ha la possibilità di autoattribuirsi poteri di censura di contenuti e perciò si deve fermare, mettere in moratoria il regolamento, e lasciare che della riforma del sistema del diritto d’autore si occupi il Parlamento”.
UPDATE 29 luglio 2011 – Puntuale, Guido Scorza mette in evidenza le contraddizioni e le incongruenze che si celano dietro questa decisione dell’Agcom; l’Autorità appare così in totale confusione.
UPDATE 3 agosto 2011 – L’Agcom sembra aprire al dialogo: nell’ultima newsletter l’Autorità propone un forum degli addetti ai lavori che, giovandosi anche dei contributi che gli utenti lasciano sui social network, possa creare un centro di discussione sul nuovo regolamento. Commenta così, al Fatto Quotidiano, Luca Nicotra: “Indubbiamente è un passo avanti che testimonia l’importanza della nostra mobilitazione. All’autorità va dato atto di un cambiamento netto nel modo di porsi nei confronti del popolo della Rete, specie nell’uso del linguaggio, prima indirizzato a screditare gli utenti, ora quasi “da vecchi amici. Certo, una cosa è una newsletter, un’altra è un forum, un’altra ancora è il Parlamento, che secondo noi era e rimane l’unico luogo deputato a decidere e legiferare su determinate questioni. In tal senso, una pagina su Facebook non può sostituire la Camera o il Senato. Noi vigileremo su questa iniziativa per comprenderne la reale portata e come sempre lo faremo con molto rigore”.
Calabrò convocato in Parlamento
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 19 luglio 2011
Apprendo dal blog di Luca Nicotra di un importante passaggio verso quello che si spera sarà uno stop alla censura che l’Agcom vorrebbe imporre ad Internet; riporto per intero qui sotto il post:
“Levataccia per Corrado Calabrò giovedì mattina e soprattutto un altro passo nella direzione giusta. Giovedì il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stato convocato con urgenza alle ore 8.30 dalle commissioni 7a (Comunicazioni) e 8a (Cultura) del Senato per rispondere dei gravi attacchi alla libertà di informazione e all’accesso alla conoscenza che permangono nel nuovo schema di regolamento sul diritto d’autore (qui il calendario del Senato). Perchè l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stata sì costretta a modificare il suo regolamento, rinunciando di autoattribuirsi il potere di inibire l’accesso ad interi siti web, ma ha deciso di insistere nel faraonico e terrorizzante progetto di diventare arbitro di tutti i contenuti presenti sulla Rete.
Aver ottenuto questa convocazione è un altro importante successo per chi, come Agorà Digitale e tutte le associazioni riunite nell’iniziativa sitononraggiungibile.it (Adiconsum, Altroconsumo, Assoprovider assistiti da Fulvio Sarzana e Marco Scialdone), fin dall’inizio ha preso una posizione chiara e netta che manterremo fino alla fine: l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non può intervenire con un regolamento che mette in pericolo principi fondamentali come giusto processo, libertà di espressione, di informazione, diritto di accesso alla conoscenza e la libertà di impresa. C’e’ bisogno innanzitutto di una riforma delle regole che ci permettono di condividere contenuti in rete. Catastrofico applicare le norme pensate dall’Autorità senza prima riformare un reperto archeologico del 1941 qual’e’ la legge sul diritto d’autore, che deve essere adeguata alle nuove forme della creatività, della circolazione delle informazioni e della possibile remunerazione.
Da una parte il Parlamento non ha strumenti per imporre “formalmente” uno stop al regolamento. Dall’altra Agcom non potrà ignorare la posizione delle istituzioni, tanto piu’ questa sarà forte e motivata. Chiari sono stati innanzitutto i senatori Vita e Vimercati, che con urgenza hanno avanzato la richiesta di convocazione sostenendo che
a questo punto, sia opportuna una moratoria, in attesa di una procedura istituzionalmente più corretta, non lesiva delle prerogative delle Camere”.
Ma sono 23 i senatori che compongono gli uffici di presidenza delle due Commissioni che audiranno Calabrò e sappiamo quanto poca sia la consapevolezza della classe politica dei rischi insiti nel regolamento Agcom. È compito anche nostro, di noi che ci siamo mobilitati fino ad ora, provare a convincerli dell’assoluta necessità di uno stop al provvedimento. Abbiamo meno di 48 ore di tempo.
Per cominciare trovate i loro nomi e la loro attività su questa e quest’altra pagina.
E questi sono i loro indirizzi:
possa_g@posta.senato.it, barelli_p@posta.senato.it, vita_v@posta.senato.it, valditara_g@posta.senato.it, marcucci_a@posta.senato.it, asciutti_f@posta.senato.it, giambrone_f@posta.senato.it, rusconi_a@posta.senato.it, pittoni_m@posta.senato.it, musso_e@posta.senato.it, polibortone_a@posta.senato.it, levimontalcini_r@posta.senato.it, grillo_l@posta.senato.it, menardi_g@posta.senato.it, ranucci_r@posta.senato.it, baldini_m@posta.senato.it, vimercati_l@posta.senato.it, cicolani_a@posta.senato.it, filippi_m@posta.senato.it, stiffoni_p@posta.senato.it, oliva_v@posta.senato.it, fistarol_f@posta.senato.it, detoni_g@posta.senato.it
Sapete cosa fare. Scrivete, informate e condividete. I motivi di questa nuova mobilitazione sono forti e condivisi nella società civile e tra gli addetti ai lavori. Molto dipende dalla nostra capacità di raccontare anche a politici per troppo tempo distanti dalle nuove forme di diffusione dell’informazione e della conoscenza l’enorme rischio che stiamo correndo”.
In una mail Agorà Digitale indica quali documenti potrebbero essere inviati per fare pressione: La lettera aperta ai Membri delle Commissioni VII e VIII del Senato della Repubblica di Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assoprovider e Studio Legale Sarzana e L’approfondimento a cura di Agorà Digitale sul nuovo regolamento Agcom.
Guido Scorza suggerisce qualche domanda da porre al presidente Calabrò, mentre Avaaz propone una nuova campagna di mail bombing.
UPDATE 21 LUGLIO 2011 – Sono qui disponibili gli interventi dell’audizone. Qui il pdf con la relazione scritta del presidente Calabrò relativo alla delibera 398/11CONS, quella che indice la “Consultazione pubblica sullo schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica”.
Il motore di ricerca non è uno sceriffo
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 14 luglio 2011
E’ davvero importante la decisione presa in data 11 luglio della Sezione Specializzata in proprietà intellettuale del Tribunale di Roma: viene infatti annullata la sentenza con la quale alla fine di marzo 2011 il giudice Muscolo della Nona Sezione del Tribunale Civile di Roma ordinava a Yahoo! Italia di rimuovere tutti i link che portavano a versioni pirata del film iraniano About Elly e lo inibiva a presentarli ancora tra i risultati di ricerca. Si trattava di un’evidente entrata a gamba tesa nell’ambito delle regole sull’intermediazione. Ma c’è di più: il giudice infatti specificava che Yahoo non esercita un controllo preventivo sui contenuti dei siti sorgente a cui è effettuato il link riconoscendo la non responsabilità del motore di ricerca nella fase di selezione e posizionamento delle informazioni (cosa scontata ma sembra ogni volta una conquista) ma da un altro lato affermava che “una volta venuto a conoscenza del contenuto illecito di alcuni siti è in condizione di esercitare un controllo successivo e impedirne la indicizzazione e il collegamento, non essendo materia del contendere la eliminazione dei contenuti dei siti pirata”. Il tutto alla luce del fatto che la società di produzione cinematografica PFA aveva scritto una lettera a Yahoo! Italia per metterla a conoscenza dei siti pirata stessi; “la mancata attivazione del gestore del motore di ricerca in tal senso– continuava il giudice nella sentenza – lo rende responsabile di un concorso nella contraffazione dei diritti di proprietà intellettuale”, e lo espone dunque a condanne, non essendo più la situazione ricompresa nel safe harbor europeo. L’unicità della sentenza risiedeva anche nel fatto che di solito questo tipo di ordini vengono dati ai gestori degli spazi web o ai content provider (come Youtube) e non ai siti di indicizzazione. E così Opengate Italia, la società che ha portato in tribunale Yahoo! Italia, poteva affermare per bocca del suo presidente Tullio Camiglieri, che i prossimi obiettivi sarebbero stati Google e lo stesso Youtube. Dunque, sembrava palesarsi il principio secondo il quale un motore di ricerca è obbligato a rimuovere i link che portano a materiale illegale se viene genericamente a conoscenza della loro esistenza dopo una segnalazione, principio che avrebbe potuto creare una situazione nella quale i search engine vengono ricoperti di richieste in tal senso e devono provvedere, pena l’essere ritenuti responsabili degli illeciti commessi dai siti dei quali si presenta il link tra i risultati.
In ogni caso, Yahoo! Italia annunciava subito ricorso in appello contro la sentenza che veniva così revocata. In sostanza, la Sezione Specializzata stabilisce che la PFA Films deve indicare specifici indirizzi web da oscurare e comunicarli al search engine, e non può limitarsi ad indicare un “generico riferimento ad alcune tipologie di contenuti”. Inoltre, l’onere probatorio grava sul titolare dei diritti, che deve dunque dimostrare la titolarità oltre che il carattere abusivo dei singoli atti di messa a disposizione del pubblico di ciascun contenuto di cui chiede la rimozione e/o l’inibitoria alla diffusione o all’accesso”; principi che nello specifico valgono il doppio, perché oltre ad essere stati riaffermati dopo aver pericolosamente vacillato si applicano al fatto che è stata riconosciuta la non totalità della paternità da parte della PFA sui contenuti “piratati”. La Sezione Specializzata concludeva il suo intervento con una dichiarazione di principio, riaffermando la necessità che nel bilanciamento dei diritti di tutti gli attori in gioco in questo tipo di questioni (utenti, detentori di diritti ed intermediari) venga “assicurato il rispetto delle esigenze di promozione e tutela della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione”.
Fastweb ed NGI indagati per favoreggiamento nel caso Btjunkie
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 13 luglio 2011
“Per la prima volta in Italia l’Autorità Giudiziaria ha delineato i contorni della responsabilità degli Internet Service Provider in casi della specie”. E’ quanto si legge nel comunicato stampa diramato dalla Guardia di Finanza di Cagliari nel quale si annuncia che il sostituto procuratore del tribunale del capoluogo sardo, Giangiacomo Pilia, ha diramato un provvedimento con il quale si mettono sotto indagine Fastweb ed NGI. I due ISP si sarebbero macchiati di favoreggiamento nei confronti del sito Btjunkie.org (e .com), motore di ricerca di BitTorrent diventato irraggiungibile nel nostro paese alla fine di aprile 2011 nell’ambito dell’operazione Poisonous Dahlia condotta dalla stessa Guardia di Finanza di Cagliari. Gioia della Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI), che aveva definito il search engine come un enorme supermercato del falso multimediale alla luce di circa 500mila accessi quotidiani dall’Italia e dei 3,5 milioni di euro annui che si stima i gestori del sito abbiano guadagnato con questo servizio.
I due provider indagati sostanzialmente non avrebbero oscurato del tutto la piattaforma nonostante l’ordine del magistrato. Da parte sua Fastweb si difende parlando di problema tecnico e specifica in una nota ufficiale: “In relazione alle indagini della Procura della Repubblica di Cagliari su FASTWEB per non aver inibito l’accesso ai siti e agli indirizzi IP di ” Btjunkie”, la Società rende noto che, in seguito alla richiesta della Procura della Repubblica, aveva già in passato provveduto a inibire i domini http://www.btjunkie.org e http://www.btjunkie.com . Per cause ancora da accertare, alcuni indirizzi IP erano invece ancora raggiungibili dalla rete Fastweb. Da questa mattina tutti gli indirizzi IP, oggetto del decreto di inibizione, non sono più raggiungibili”.
UPDATE 15 LUGLIO – La vicenda si è aggrovigliata in poche ore. Qui Luca Annunziata prova a fare un po’ di chiarezza.
UPDATE 16 luglio 2011 – La Guardia di Finanza di Cagliari comunica di aver oscurato anche i server proxy tramite i quali venivano bypassati i blocchi imposti a Btjunkie; nello specifico, offline risultano i servizi legati a proxyitalia.com/btjunkie.org. Segnalo un simpatico commento di Massimo Mantellini, mentere l’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP) dirama un comunicato nel quale afferma: “AIIP respinge l’accusa diffamatoria che le aziende che offrono servizi di telecomunicazioni favoriscano in alcun modo l’illegalità, quando ne sono invece fortemente danneggiate a causa della alterazione dei profili medi di traffico”; è essenziale, secondo l’Associazione, “garantire la tutela del diritto d’autore contemperandola con il diritto di accesso ai contenuti digitali a condizioni eque e ragionevoli che consentano di remunerare gli effettivi titolari dei diritti fruiti”, posizione già espressa nella consultazione in merito alla delibera Agcom 668/2010. E prorpi in merito a quest’ultimo punto, segnalo le 10 risposte di Guido Scorza alle altrettante domande poste dalla SIAE.
UPDATE 19 LUGLIO 2011 – I gestori di Btjunkie per permettere alla loro creatura di tornare online annunciano di voler creare un proxy ad hoc tramite il servizio Google Apps, il che metterebbe le autorità italiane di fronte alla prospettiva di dover oscurare direttamente IP di Mountain View. Ovviamente, la prospettiva di scontro vale anche per Google, le cui decisioni in merito andranno aspettate.
Agcom signora dei tranelli
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 9 luglio 2011
Analizzando la delibera pubblicata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Guido Scorza ha rilevato la presenza di alcuni importanti dettagli che nel comunicato stampa di presentazione erano stati tralasciati…
“Sfortunatamente, il testo del Regolamento ora posto in consultazione pubblica, continua ad evidenziare i tanti aspetti di criticità al centro delle discussioni, mobilitazioni e dibattiti delle ultime settimane. Le poche luci del testo del Regolamento, infatti, non valgono a dissipare le troppe ombre che permangono. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – dispiace doverlo scrivere dopo essersi illusi di un più significativo ripensamento – continua ad arrogarsi l’esercizio di un potere normativo che non le compete e che non le attribuisce alcuna disposizione di legge primaria, sulla circolazione di ogni genere di contenuto nello spazio pubblico telematico. L’Autorità, infatti, a quanto si legge nello schema di regolamento sembrerebbe intenzionata a dettare regole valide per “ogni contenuto sonoro, audiovisivo, giornalistico ed editoriale coperto da copyright diffuso su reti di comunicazione elettronica” anziché per i soli contenuti audiovisivi. Ambiguo, almeno nell’attuale formulazione, inoltre il limite soggettivo di applicazione delle norme contenute nella nuova disciplina che l’Autorità sembra intenzionata – anche qui in assenza di qualsiasi copertura normativa – a rendere applicabili anche ai soggetti che esercitano attività per scopo non commerciale e/o all’estero. Tante, troppe e davvero di grande rilievo, inoltre, le perplessità che il testo del Regolamento solleva in merito al procedimento che, nelle intenzioni dell’Autorità, dovrebbe condurre alla rimozione di un contenuto dallo spazio pubblico telematico.
Il procedimento, infatti – nonostante il comunicato stampa avesse fatto ipotizzare il contrario – rimane sommario: il gestore del sito e/o il fornitore del servizio media audiovisivo [e non l’uploader del contenuto, se diverso] infatti avrà a disposizione solo 48 ore per far pervenire all’AGCom – peraltro attraverso la posta elettronica certificata in uso, come è noto, solo a un manipolo di geek italici e/o brunettiani – eventuali controdeduzioni.
Si tratta, evidentemente, di una colossale ipocrisia dell’Autorità che sa perfettamente che in un intervallo di tempo tanto breve nessun gestore di sito internet e/o di piattaforma di condivisione di contenuti sarà mai in grado di formulare e trasmettere osservazioni difensive su di un contenuto che, peraltro, è stato prodotto e pubblicato da un terzo.
Il modo con il quale l’AGCom finge di riconoscere ai contro interessati il diritto ala difesa e quello a un giusto processo loro costituzionalmente garantiti, è, a dir poco, offensivo.
Egualmente irrisorio – e da stato di guerra – il termine di 48 ore entro il quale, a seguito dell’adozione del provvedimento da parte degli uffici dell’Autorità, il destinatario dello stesso dovrà/potrà procedere alla spontanea rimozione prima che gli uffici stessi trasmettano al Collegio dell’Autorità gli atti per l’adozione di un formale ordine di rimozione.
Non è chiaro, inoltre, a quale genere di provvedimento l’Autorità stia pensando quando scrive che, in relazione ai soggetti localizzati all’estero, qualora non ottemperino all’ordine di rimozione del quale pure possono essere destinatari, “l’organo collegiale può ordinare al fornitore di servizi di media audiovisivi o radiofonici attivo in Italia la cessazione della trasmissione o della ritrasmissione di programmi audiovisivi diffusi in violazione delle norme sul diritto d’autore”.
Il rischio è che nonostante nel comunicato stampa sia stato espressamente dichiarato l’esatto contrario, l’AGCom continui a ipotizzare di riservarsi il diritto di chiedere ai provider italiani di rendere inaccessibili i contenuti oggetto di sospette [solo l’autorità giudiziaria può accertare l’effettiva violazione] violazioni del diritto d’autore.
Inaccettabile, infine, l’idea che l’AGCom si riservi il diritto di irrogaresalatissime sanzioni pecuniarie per l’ipotesi di violazione di provvedimenti da essa stessa sommariamente adottati – e, quindi, con un ampio margine di errore – in forza di regole da essa medesima scritte, in gran parte, senza disporre della necessaria copertura normativa.
Troppe ombre, purtroppo, soprattutto alla luce delle tante occasioni sin qui offerte all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per ritornare sui suoi passi e proporre il varo di un provvedimento più equilibrato.
Non resta che partecipare alla consultazione pubblica e provare, ancora una volta, a far comprendere all’Autorità che i diritti e le libertà fondamentali degli utenti valgono almeno quanto quelli – solo economici – dei Signori del Copyright”.
Leggi anche il suo intervento su Punto Informatico, del quale propongo qui sotto un estratto.
“Accadrà così che centinaia di migliaia di contenuti – video, post e podcast – di cittadini ed utenti verranno rimossi dallo spazio pubblico telematico senza che questi ultimi ne abbiano notizia né siano posti nella condizione di difendersi. Si tratta di una previsione a dir poco anti-costituzionale perché in aperta violazione, con un colpo solo, degli articoli 21 (libertà di manifestazione del pensiero), 24 (diritto alla difesa) e 111 (diritto ad un giusto processo).
Siamo dinanzi ad un autentico golpe istituzionale per effetto del quale un’Autorità amministrativa pretende di spogliare i cittadini di diritti e libertà fondamentali loro riconosciuti dalla Carta Costituzionale. I perversi ideatori di questo procedimento andrebbero probabilmente processati per attentato alla costituzione (lo scrivo in senso atecnico) o, più semplicemente, occorrerebbe augurare loro che, se in affitto, venissero sfrattati dalla propria abitazione all’esito di un procedimento celebrato in 48 ore davanti ad un’Autorità amministrativa formata dai rappresentanti dei proprietari degli immobili e senza neppure essere informati della pendenza del procedimento medesimo.
L’espressione “illegittimità costituzionale” non rende giustizia all’iniquità della previsione che l’Autorità vorrebbe introdurre nel nostro ordinamento. L’unica concessione, si è detto, che l’Autorità sembra intenzionata a fare agli utenti della Rete è il riconoscimento del principio del cosiddetto fair use. Gli utilizzi di opere dell’ingegno altrui a scopo non commerciale, e non in concorrenza con l’uso commerciale delle opere stesse da parte degli aventi diritto, non dovrebbero costituire una violazione dei diritti d’autore.
In linea di principio si tratta – occorre darne atto agli uomini del Presidente Calabrò – di un fatto non di poco conto e da salutare con favore. A ben vedere, tuttavia, anche sotto tale profilo l’AGCOM concede a parole molto di più di quanto non riconosca effettivamente a sfogliare le norme contenute nel Regolamento.
La verifica circa la sussistenza di un’ipotesi di fair use, infatti, è rimessa in prima battuta agli stessi titolari dei diritti (art. 6, comma 1) ed in seconda battuta alla competente Direzione dell’Autorità (art. 9, comma 3) che anziché valutarla alla stregua della giurisprudenza sembra chiamata a farlo sulla base di parametri autonomamente individuati dalla medesima AGCOM all’art. 10 del Regolamento. Tutto, in altro parole, sembra confermare la convinzione dell’Autorità di poter scrivere un codice speciale – di merito e rito – per questo genere di procedimenti ed essere preordinato a confinare le ipotesi di fair use a reali e rarissime eccezioni“.
Calabrò, recepito il messaggio?
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 6 luglio 2011
A difesa di una Rete libera e dei diritti ad essa connessi nel nostro paese c’è un movimento guidato da persone competenti, appassionate e straordinariamente affiatate. E’ questa la sensazione che ho avuto partecipando a “La Notte della Rete”; ad una classe dirigente miope, sorda alle tematiche del nuovo mondo digitale o peggio interessata a che esso sia riconducibile ad uno schema quanto più televisivo e controllabile, si contrappone una rete di persone che unendo le loro competenze e professionalità è in grado di trasmettere un messaggio forte ed inequivocabile come lo è stato il NO alla CENSURA gridato ieri non alzando la voce, ma mettendo in fila argomentazioni di altissimo valore tecnico, giuridico, civile e morale. Il materiale filmato dell’incontro di ieri (qui e qui) diventa così una specie di collezione di “perle” sulla libertà della Rete che rendono l’idea di cosa significa davvero pensare 2.0, di cosa significa approcciare le tematiche di Internet imponendosi un cambio di paradigma, una nuova forma mentis indispensabile per mettere a punto soluzioni di regolamentazione degli aspetti critici del mezzo. “Conoscere per deliberare” è stato il motto lanciato da Emma Bonino e ripreso in serie da molti dei protagonisti della giornata; e non c’è dubbio sul fatto che questi ultimi continueranno in questa loro opera di sensibilizzazione, alfabetizzazione, divulgazione e mobilitazione, online ed offline. E noi saremo al loro fianco, in una lotta che non sarà contro il diritto d’autore, ma per una disciplina sul copyright moderna e fedele alla sua ragion d’essere, così come non sarà contro l’Agcom, ma a favore di un’Autorità che possa essere davvero indipendente nelle decisioni che prende e nelle delibere che mette a punto e smetta di essere diretta espressione dell’establishment politico-economico (tanto che gli stessi membri dell’Agcom dovrebbero ribellarsi a questa situazione, come hanno sottolineato, tra gli altri, l’avvocato Marco Scialdone e Nicola D’Angelo, il commissario Agcom rimosso dal ruolo di relatore della delibera 668/2010). Diritto d’autore e Autorità sono (diversi) strumenti che vanno e possono essere utilizzati per la messa a punto di un quadro che sia funzionale allo sviluppo del mezzo, di chi ne fruisce e dunque della società tutta, senza che nessuno ne tragga un vantaggio sproporzionato a danno di altri. E’ l’utilizzo di questi strumenti al servizio di interessi di parte che va combattuto. Come afferma oggi l’avvocato Guido Scorza, anch’egli intervenuto alla manifestazione: “Una la convinzione di tutti i partecipanti all’incontro: il diritto d’autore è solo una scusa ma la reale intenzione di quanti, sin qui, hanno imbeccato l’AgCom è quella di difendere anacronistici modelli di business e di creare, in Via Isonzo, la cabina di regia della web-televisione nella quale minacciano di trasformare Internet […] La Rete, ormai, è diventata sul piano commerciale un concorrente pericoloso della televisione e sul piano politico un efficace strumento di aggregazione e mobilitazione capace di togliere alla TV ed ai giornali il primato sull’orientamento ed il controllo delle masse. I Lorsignori del Palazzo non hanno dubbi, pertanto, che l’informazione, la creatività e le idee, libere, on line, vadano controllate e fermate attraverso un’efficace regia politico-economica che, appunto, nell’Autorità, con la scusa della tutela del diritto d’autore, trova la sua sede ideale.”.
Oggi l’Agcom ha approvato (7 voti a favore, un astenuto ed un contrario) il suo schema di regolamento: si stabilisce, con una limatina, che la procedura di rimozione dei contenuti per via amministrativa è alternativa e non sostitutiva di quella ordinaria che passa per la magistratura (quella prevista dallo stato di diritto insomma) e che verrebbe bloccata da un ricorso di una delle parti al giudice. Scompare anche la possibilità di inibizione dell’accesso ai contenuti e ai siti online. Si allungano i tempi della procedura dinanzi all’Autorità (20 giorni prorogabili di altri 15) alla quale si arriva se i contenziosi non vengono risolti con una procedura simile al notice-and-takedown. Viene infine aperta una consultazione pubblica di 60 giorni che rimanderà ogni decisione a settembre. Il tutto mentre si dimette il primo relatore Gianluigi Magri (per “svelenire il clima ed evitare strumentalizzazioni”). Dunque, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni temporeggia, accusando evidentemente il colpo delle mobilitazioni. Dobbiamo comunque tenere gli occhi aperti e continuare a lottare, con la raggiunta consapevolezza che battaglia dopo battaglia ad averla vinta potrebbe non essere questo regime politico-mediatico sulla cui facciata iniziano a vedersi alcune crepe…
Già che ci sono segnalo questo puntualissimo post che ho trovato su METILPARABEN.
Qui sotto invece un paio di foto scattate ieri.
Dalle ore 17:30 in streaming “La Notte della Rete”, la piazza virtuale contro la censura
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 5 luglio 2011
“La Notte della Rete”: contro la la censura
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 2 luglio 2011
Occorre portare il dissenso contro la delibera 668/2010 dell’Agcom dal Web alla piazza. Martedì 5 luglio sarà così “La notte della Rete”: 4 ore no-stop in cui si alterneranno cittadini e associazioni in difesa di Internet, oltre a politici, giornalisti, cantanti ed esperti del settore. L’evento avrà luogo a partire dalle ore 17:30 alla Domus Talenti a Roma (qui l’evento su Facebook) e sarà trasmesso in diretta streaming su Fattoquotidiano.it e su una rete di tv locali.
Intanto, sul sito Avaz.org è possibile aderire alla campagna che si pone l’obiettivo di inondare i membri dell’Autorità di messaggi per chiedere loro “di respingere la regolamentazione e preservare così il nostro diritto ad accedere all’informazione su internet”. Il messaggio in questione recita:
Cari membri dell’Autorità per le comunicazioni,
Vi chiediamo di astenervi dall’adottare la nuova regolamentazione numero 668/2010 che vi darebbe il potere di rimuovere contenuti da siti internet italiani e di chiudere i siti stranieri, se sospettati di violare il copyright. Nessuna decisione che sopprime la libertà della rete e i nostri diritti fondamentali di accedere alle informazioni può essere presa senza la decisione di un giudice. Vi chiediamo di rimettere la questione al Parlamento, come prevede la nostra Costituzione.
Segnalo anche l’iniziativa di protesta promossa da Agorà Digitale e Valigia Blu del 4 luglio.
Cosa succede il 6 luglio?
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 28 giugno 2011
Provo a sintetizzarlo al massimo: il 6 luglio entra in vigore un nuovo regolamento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) che affiderà a quest’ultima il potere di oscurare siti sospettati di facilitare la pirateria. Il che fa sorgere almeno tre ordini di problemi: il primo è che, unico caso nel mondo occidentale, ad un organismo amministrativo vengono rimessi poteri che spettano alla magistratura, assurdo in quanto entrano in ballo diritti costituzionalmente tutelati come la libertà di manifestazione del pensiero sul quale solo un organo costituzionale può decidere (la magistratura, appunto); il secondo è che quasi certamente l’Agcom verrà sommersa da un numero di richieste da parte dei detentori di diritti che la manderanno in tilt; l’ultimo, è il chiaro interesse delle reti televisive del Presidente del Consiglio a che il Web venga riportato il più possibile in una logica più vicina al tubo catodico che al router. Appare infine una presa in giro da parte dell’Authority l’aver ignorato le voci sollevatesi contro questi provvedimenti negli oltre sei mesi di consultazione pubblica indetta con la delibera 668/10/CONS.
Occorre dunque mobilitarsi su tutti i canali; rilanciamo l’iniziativa NoCensura promossa da Agorà Digitale alla quale è possibile aderire cliccando qui. Una “disobbedienza civile al contrario” viene inoltre proposta da Guido Scorza, il quale nella stessa sede mette in luce anche come il regolamento Agcom si ponga in contrasto con le previsioni dello stesso Decreto Romani dalle cui deleghe prende vita.
Proprio mentre scrivo questo post mi arriva la notizia che il sito dell’Agcom è sotto attacco DDOS, operazione già rivendicata dal gruppo Anonymous.
UPDATE 29 giugno 2011 – Marco Calamari ricostruisce il percorso della censura online nel nostro paese partendo dal decreto Gentiloni del 2007.
UPDATE 30 giugno 2011 – Guido Scorza presenta 10 domande da sottoporre all’Agcom.
L’Autorità Dipendente
Pubblicato da Marco Ciaffone in Italia il 27 giugno 2011
Pochi giorni fa gli estensori del “Libro Bianco su copyright e tutela dei diritti fondamentali sulla rete internet” hanno incontrato il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò; vale la pena di leggere per intero il (pesante, denso e pesante) resoconto che fa Luca Nicotra sul suo blog.
“Ho pensato inizialmente di scrivere questo messaggio solo alla cerchia di alcuni conoscenti da mobilitare. Mandare una mail collettiva per raccontar loro questa storia incredibile di potere a cui ho assistito incontrando il Presidente dell’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, Corrado Calabrò. Ho avuto un intero viaggio in treno Roma-Pisa per pensarci. Alla fine mi sono deciso leggendo i post degli amici avvocati Fulvio Sarzana e Marco Scialdone, che impressionati come e piu’ di me dall’incontro, chiamano alla mobilitazione, e lo fanno pero’ raccontando un bollettino di una sconfitta.
Non è così. Dobbiamo dirlo altrimenti non si capisce perche’ stiamo urlando ai bari. Non c’era nessuna partita. L’intera Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è un enorme imbroglio, un gioco di prestigio del potere. E non credo di fare l’eroe nel raccontarvelo. Sono un semplice cittadino che decide che è arrivato il giorno di rischiare seriamente di prendersi una querela per raccontare davvero cio’ che ha visto.
Ho visto (ed è diverso da sentirselo dire) che chi dovrebbe vigilare sull’informazione, il cibo che ci e vi permette di pensare o di non pensare, è un ologramma proiettato da qualcun’altro. E c’entrano poco, Enzo Mazza e l’Industria dell’Intrattenimento (i colossi del cinema e della musica) con cui ce la siamo presa fino ad ora. Poveri noi e scusa Enzo, non avevamo capito niente, non avevamo capito che la partita era ben più grande, di un livello che tocca invece quell’enorme conflitto di interesse del nostro Presidente del Consiglio e proprietario di Mediaset e tutti i suoi (ex?)dipendenti all’interno del Ministero dello Sviluppo Economico e nell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. O cominciamo a dire che è questa la partita o non ci capirete, non capirete perchè ci agitiamo e sbraitiamo.
E non capendo non ci telefonerete e scriverete per darci una mano. Chi è di voi giornalista non ne parlerà infuriato, e anzi vi chiederete se è giusto dare cosi’ tanto spazio ad un gruppo di mitomani. Non verranno decine di attivisti o di esperti nella sede di Agorà Digitale ad aiutarci. Mentre abbiamo dannatamente bisogno di voi, e del vostro sostegno. Abbiamo bisogno che ci andiate alla pagina www.agoradigitale.org/nocensura e lasciate i due euro che date ogni giorno a quel passante bisognoso ma non ad una battaglia cruciale per la democrazia come questa.
Nei giorni precedenti all’incontro di Calabrò con gli altri amici dell’iniziativa www.sitononraggiungibile.it avevamo molti dubbi sull’atteggiamento da tenere con il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che finalmente si era deciso a riceverci. Marco Pierani di Altroconsumo suggeriva di provare a stimolare il giurista che era in lui, facendogli capire che sarebbe stato ricordato nella storia come l’autore di un mostro “giuridico” e “civile” nell’occidente. Fulvio Sarzana ragionava sul fatto che sarebbe comunque stato possibile ottenere qualche concessione, e quindi di insistere sulle nostre argomentazioni. Solo Marco Scialdone, mi dava corda, cominciava a capire che c’era qualcosa di diverso da tentare, che forse era ora di iniziare una mobilitazione, che forse ci stavano prendendo in giro.
Il fatto è che nessuno di noi era pronto a cio’ che ci si è presentato di fronte.
Calabrò non si era preparato un discorso o una parte da recitare. Non ha provato a contrapporre argomentazioni alle nostre, che ignari, siamo subito partiti, ordinati come scolaretti, a spiegare pacatamente le nostre posizioni e le nostre critiche.
Calabrò ha deciso di mettere in scena il potere che non deve giustificarsi, che può dire beffardamente, quasi ingenuamente “Speriamo di no” mentre gli spieghiamo l’inferno di decine di migliaia di richieste di rimozione di contenuti da cui saranno sommersi. Sarà il far west, con un approssimazione totale nella decisione di rimuovere o chiudere siti web, e decine, centinaia forse migliaia di contentuti innocenti e abusi del sistema. È questa l’ovvio risultato della censura. È questo il motivo per cui non è MAI accettabile in democrazia.
“Speriamo di no” non è dialogo. È la frase che può dire un pezzo di potere perchè sa che non c’e’ scelta, non c’e’ dibattito, la decisione di far passare il regolamento è già avvenuta altrove e il massimo che può fare è sperare di non essere travolto.
Chissà com’eravamo buffi agli occhi di Calabrò quando gli abbiamo chiesto conto del fatto che senza preavviso aveva rimosso Nicola D’Angelo, l’unico commissario che aveva promesso una lotta fino all’ultimo per evitare un sistema di censura cosi’ pervasivo. Eravamo buffi e gli abbiamo ispirato una sorta di barzelletta: “Mi avevano informato ” – ci ha detto sorridendo – “che D’Angelo voleva dimettersi. E allora l’ho dimesso io, il giorno prima”. Cosa potevamo rispondere noi di fronte a questo?
Quando ci ha detto che le nostre preoccupazioni erano infondate, che l’Autorità vuole solo rimuovere singoli contenuti anche all’estero e non oscurare interi siti web, abbiamo provato a dirgli che non è possibile, se non con un controllo totale del contenuto del traffico in rete, e quindi dell’attività di ogni cittadino. Gli abbiamo anche detto dei costi ingenti, che porteranno alla chiusura di molte imprese e lui ha risposto, mentendo: “Strano, nessuno ci aveva parlato di costi fino ad ora. Ci avevano detto che prima non era possibile e che ora è possibile.”. “Strano”, ci ha detto. “Strano”. Il Presidente dell’Autorità ci ha detto “strano” di fronte a quello che a noi invece pare un folle incubo.
È stato inutile ovviamente provare a parlare di dati di studi indipendenti. Non sa nemmeno cosa voglia dire il concetto di indipendenza, l’Autorità Dipedente che ci ha risposto “a noi invece l’industria ha detto che ad essere penalizzati sono i giovani”.
Ovviamente non ha risposto a nessuna delle preoccupazioni giuridiche esposte dai bravi avvocati presenti. Come se non gli interessasse che l’Autorità di cui è Presidente sta per violare le leggi con il suo regolamento. Non gli interessa probabilmente perchè il potere ha mille risorse e se il TAR a cui ricorreremo boccerà il regolameno, probabilmente interverrà il Governo a riproporre lo stesso regolamento in forma di decreto legge, mettendoci una pezza.
“L’Italia sarà un esperimento, noi saremo un esperimento. Possiamo fermarci?” ha chiuso Calabrò, e senza motivazione, e anzi contraddicendo quanto aveva appena detto circa la complessità della materia si è risposto “No, dobbiamo chiudere subito, dobbiamo chiudere entro l’estate”.
È sceso il silenzio mentre poi tutti abbiamo cominciato a lasciare la sala riunioni. Impietriti ci guardavamo e allo stesso tempo ragionavamo sul baratro potenzialmente senza fondo, in cui sta per buttarci l’Autorità.
E ci chiedevamo perché?
Chi è che cosa può portare un’Autorità a rischiare a mettere in gioco se stessa e quindi anche le poltrone di tutti quelli che ci stanno all’interno? Perchè rischiano cosi’ tanto, perche’ stanno accellerando, in una corsa folle e senza freni? Perchè qualcosa che era previsto per l’autunno verrà approvato tra pochi giorni, il 6 luglio? Perche’?
E la risposta è semplice, e la sanno tutti dentro l’autorità. La sanno i funzionari e gli altri dirigenti che in gran parte tifano per noi e non ce la fanno piu’ a sopportare questo schifo. Si teme che presto l’aria politica fuori e dentro Agcom non sarà cosi’ favorevole. Forse non ci sarà la stessa protezione dei grandi soggetti dominanti il mercato dei media e non sarà cosi’ facile spianare la strada ai progetti di conquista che il sistema mainstream ha sull’informazione online. E allora bisogna fare in fretta, raccogliere tutto il possibile in tempi brevi.
E allora che importa se ci avevano assicurato che ci sarebbe stato un nuovo incontro con tutti i soggetti interessati per discutere i risultati della consultazione pubblica? Che importa se ci avevano rassicurato che il regolamento, nella sua forma definitiva sarebbe anch’esso entrato nuovamente in consultazione permettendo un ampio dibattito? Che importa mentire e mentire pubblicamente? Che importa? Hanno tagliato tutto perche’ hanno una fretta terribile. Se mamma televisione impone che il Web italiano debba essere forgiato in questo modo, Agcom e Calabrò obbediscono.
Ci ha detto un funzionario: “Ma è possibile che qui sotto vengano a protestare per ogni stronzata e ora, che stanno per portare una censura infernale in Italia non c’e’ un cane che venga a dire qualcosa?”.
Mentre il Web si sta mostrando in tutta la sua magnficenza, in tutta la sua capacità di mobilitazione, in tutto il suo potenziale di sviluppo per la società, dobbiamo tentare di raccontare all’Italia l’incubo in cui stiamo per finire. Dobbiamo riuscire a mettervi un tarlo nella testa. A voi che avete usato la rete per far passare contro ogni probabilità i referendum, voi che leggete questo post.
Continuo a postare questo dannato indirizzo www.agoradigitale.org/nocensura con la speranza che vi venga questo dubbio, continuo ad invitarvi a scrivermi (nicotra (at) agoradigitale.org), a venire a darci una mano, a scriverne sui giornali online e offline, a darci la forza economica di giocare una partita in cui per ora non ci hanno neppure permesso di scendere in campo.
Che dite, ci aiutate a fare qualcosa di buono?”.
Segnalo anche il commento dell’avvocato Guido Scorza.
UPDATE 28 giugno 2011 – Intervista a Luca Nicotra su L’Espresso.










