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Regolamento Agcom: moratoria fino a novembre. E intanto l’Autorità apre al dialogo

Arriva la decisione da parte dell’Agcom di mettere, di fatto, in moratoria fino a novembre il testo del regolamento contenuto nella delibera 668/2010. L’annuncio è arrivato da parte del presidente Corrado Calabrò durante l’audizione di oggi al Senato, seconda parte di quella avuta giovedì scorso. Commentano così il segretario di Agorà Digitale Luca Nicotra e Marco Perduca, senatore radicale: “è un’altro passo nella giusta direzione. Un segnale positivo perché dimostra come il confronto di Agcom con una mobilitazione che ha coinvolto numerose associazioni, partiti, organizzazioni ed esperti del settore stia pian piano erodendo le certezze e la volontà di chiudere con rapidità che l’Autorità stessa aveva espresso solo poche settimane fa. Si tratta pero’ di segnali che ci inducono ad auspicare che la mobilitazione continui, insistendo su un punto: l’Autorità abbia il coraggio di sospendere l’iter del regolamento fino all’approvazione di una riforma del diritto d’autore. Innanzitutto perche’ i riferimenti normativi fatti dall’Autorità sono quantomeno dubbi: il decreto Romani riguarda solo i media audiovisivi e non l’intero diritto d’autore, mentre la normativa sul diritto d’autore, nella parte citata da Agcom (art. 182/bis), è del 2000 e non si comprende, se sussistesse tale legittimità di intervento, il motivo per cui l’Autorità ad oggi non l’abbia messa in atto.
Inoltre il regolamento avrebbe un impatto enorme nel frenare l’innovazione nel paese, escludendo nuovi soggetti per favorire quelli con posizioni consolidate. Ma soprattutto sarebbe un precedente nell’uso di sistemi di censura senza eguali in altri paesi occidentali. Un rischio di un regolamento-apripista nell’uso della censura come sistema per affrontare i problemi che pare confermato dalla richiesta di Calabrò al Parlamento di attribuire ad Agcom il potere di intervento anche sui siti esteri”.

Stamattina attivisti e blogger avevano consegnato a Calabrò il volume “La Rete, una Sinfonia”, iniziativa partorita da Agorà digitale, Avaaz e FakePress contenente gli oltre 20000 messaggi che hanno invaso profili Facebook e Twitter in queste ore; “La richiesta della società civile, dei parlamentari e addirittura di membri del governo è la stessa da mesi – ha dichiarato lo stesso Luca Nicotra, che ha fisicamente consegnato il volume – L’Autorità non ha la possibilità di autoattribuirsi poteri di censura di contenuti e perciò si deve fermare, mettere in moratoria il regolamento, e lasciare che della riforma del sistema del diritto d’autore si occupi il Parlamento”.

UPDATE 29 luglio 2011 – Puntuale, Guido Scorza mette in evidenza le contraddizioni e le incongruenze che si celano dietro questa decisione dell’Agcom; l’Autorità appare così in totale confusione.

UPDATE 3 agosto 2011 – L’Agcom sembra aprire al dialogo: nell’ultima newsletter l’Autorità propone un forum degli addetti ai lavori che, giovandosi anche dei contributi che gli utenti lasciano sui social network, possa creare un centro di discussione sul nuovo regolamento. Commenta così, al Fatto Quotidiano, Luca Nicotra: “Indubbiamente è un passo avanti che testimonia l’importanza della nostra mobilitazione. All’autorità va dato atto di un cambiamento netto nel modo di porsi nei confronti del popolo della Rete, specie nell’uso del linguaggio, prima indirizzato a screditare gli utenti, ora quasi “da vecchi amici. Certo, una cosa è una newsletter, un’altra è un forum, un’altra ancora è il Parlamento, che secondo noi era e rimane l’unico luogo deputato a decidere e legiferare su determinate questioni. In tal senso, una pagina su Facebook non può sostituire la Camera o il Senato. Noi vigileremo su questa iniziativa per comprenderne la reale portata e come sempre lo faremo con molto rigore”.

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Calabrò convocato in Parlamento

Corrado CalabròApprendo dal blog di Luca Nicotra di un importante passaggio verso quello che si spera sarà uno stop alla censura che l’Agcom vorrebbe imporre ad Internet; riporto per intero qui sotto il post:

Levataccia per Corrado Calabrò giovedì mattina e soprattutto un altro passo nella direzione giusta. Giovedì il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stato convocato con urgenza alle ore 8.30 dalle commissioni 7a (Comunicazioni) e 8a (Cultura) del Senato per rispondere dei gravi attacchi alla libertà di informazione e all’accesso alla conoscenza che permangono nel nuovo schema di regolamento sul diritto d’autore (qui il calendario del Senato). Perchè l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stata sì costretta a modificare il suo regolamento, rinunciando di autoattribuirsi il potere di inibire l’accesso ad interi siti web, ma ha deciso di insistere nel faraonico e terrorizzante progetto di diventare arbitro di tutti i contenuti presenti sulla Rete.

Aver ottenuto questa convocazione è un altro importante successo per chi, come Agorà Digitale e tutte le associazioni riunite nell’iniziativa sitononraggiungibile.it (Adiconsum, Altroconsumo, Assoprovider assistiti da Fulvio Sarzana e Marco Scialdone), fin dall’inizio ha preso una posizione chiara e netta che manterremo fino alla fine: l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non può intervenire con un regolamento che mette in pericolo principi fondamentali come giusto processo, libertà di espressione, di informazione, diritto di accesso alla conoscenza e la libertà di impresa. C’e’ bisogno innanzitutto di una riforma delle regole che ci permettono di condividere contenuti in rete. Catastrofico applicare le norme pensate dall’Autorità senza prima riformare un reperto archeologico del 1941 qual’e’ la legge sul diritto d’autore, che deve essere adeguata alle nuove forme della creatività, della circolazione delle informazioni e della possibile remunerazione.

Da una parte il Parlamento non ha strumenti per imporre “formalmente” uno stop al regolamento. Dall’altra Agcom non potrà ignorare la posizione delle istituzioni, tanto piu’ questa sarà forte e motivata. Chiari sono stati innanzitutto i senatori Vita e Vimercati, che con urgenza hanno avanzato la richiesta di convocazione sostenendo che

a questo punto, sia opportuna una moratoria, in attesa di una procedura istituzionalmente più corretta, non lesiva delle prerogative delle Camere”.

Ma sono 23 i senatori che compongono gli uffici di presidenza delle due Commissioni che audiranno Calabrò e sappiamo quanto poca sia la consapevolezza della classe politica dei rischi insiti nel regolamento Agcom. È compito anche nostro, di noi che ci siamo mobilitati fino ad ora, provare a convincerli dell’assoluta necessità di uno stop al provvedimento. Abbiamo meno di 48 ore di tempo.

Per cominciare trovate i loro nomi e la loro attività su questa e quest’altra pagina.

E questi sono i loro indirizzi:

possa_g@posta.senato.it, barelli_p@posta.senato.it, vita_v@posta.senato.it, valditara_g@posta.senato.it, marcucci_a@posta.senato.it, asciutti_f@posta.senato.it, giambrone_f@posta.senato.it, rusconi_a@posta.senato.it, pittoni_m@posta.senato.it, musso_e@posta.senato.it, polibortone_a@posta.senato.it, levimontalcini_r@posta.senato.it, grillo_l@posta.senato.it, menardi_g@posta.senato.it, ranucci_r@posta.senato.it, baldini_m@posta.senato.it, vimercati_l@posta.senato.it, cicolani_a@posta.senato.it, filippi_m@posta.senato.it, stiffoni_p@posta.senato.it, oliva_v@posta.senato.it, fistarol_f@posta.senato.it, detoni_g@posta.senato.it

Sapete cosa fare. Scrivete, informate e condividete. I motivi di questa nuova mobilitazione sono forti e condivisi nella società civile e tra gli addetti ai lavori. Molto dipende dalla nostra capacità di raccontare anche a politici per troppo tempo distanti dalle nuove forme di diffusione dell’informazione e della conoscenza l’enorme rischio che stiamo correndo”.

In una mail Agorà Digitale indica quali documenti potrebbero essere inviati per fare pressione: La lettera aperta ai Membri delle Commissioni VII e VIII del Senato della Repubblica di Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assoprovider e Studio Legale Sarzana e L’approfondimento a cura di Agorà Digitale sul nuovo regolamento Agcom.

Guido Scorza suggerisce qualche domanda da porre al presidente Calabrò, mentre Avaaz propone una nuova campagna di mail bombing.

UPDATE 21 LUGLIO 2011 – Sono qui disponibili gli interventi dell’audizone. Qui il pdf con la relazione scritta del presidente Calabrò relativo alla delibera 398/11CONS, quella che indice la “Consultazione pubblica sullo schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica”. 

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Il motore di ricerca non è uno sceriffo

Yahoo ItaliaE’ davvero importante la decisione presa in data 11 luglio della Sezione Specializzata in proprietà intellettuale del Tribunale di Roma: viene infatti annullata la sentenza con la quale alla fine di marzo 2011 il giudice Muscolo della Nona Sezione del Tribunale Civile di Roma ordinava a Yahoo! Italia di rimuovere tutti i link che portavano a versioni pirata del film iraniano About Elly e lo inibiva a presentarli ancora tra i risultati di ricerca. Si trattava di un’evidente entrata a gamba tesa nell’ambito delle regole sull’intermediazione. Ma c’è di più: il giudice infatti specificava che Yahoo non esercita un controllo preventivo sui contenuti dei siti sorgente a cui è effettuato il link riconoscendo la non responsabilità del motore di ricerca nella fase di selezione e posizionamento delle informazioni (cosa scontata ma sembra ogni volta una conquista) ma da un altro lato affermava che “una volta venuto a conoscenza del contenuto illecito di alcuni siti è in condizione di esercitare un controllo successivo e impedirne la indicizzazione e il collegamento, non essendo materia del contendere la eliminazione dei contenuti dei siti pirata”. Il tutto alla luce del fatto che la società di produzione cinematografica PFA aveva scritto una lettera a Yahoo! Italia per metterla a conoscenza dei siti pirata stessi; “la mancata attivazione del gestore del motore di ricerca in tal senso– continuava il giudice nella sentenza – lo rende responsabile di un concorso nella contraffazione dei diritti di proprietà intellettuale”, e lo espone dunque a condanne, non essendo più la situazione ricompresa nel safe harbor europeo. L’unicità della sentenza risiedeva anche nel fatto che di solito questo tipo di ordini vengono dati ai gestori degli spazi web o ai content provider (come Youtube) e non ai siti di indicizzazione. E così Opengate Italia, la società che ha portato in tribunale Yahoo! Italia, poteva affermare per bocca del suo presidente Tullio Camiglieri, che i prossimi obiettivi sarebbero stati Google e lo stesso Youtube. Dunque, sembrava palesarsi il principio secondo il quale un motore di ricerca è obbligato a rimuovere i link che portano a materiale illegale se viene genericamente a conoscenza della loro esistenza dopo una segnalazione, principio che avrebbe potuto creare una situazione nella quale i search engine vengono ricoperti di richieste in tal senso e devono provvedere, pena l’essere ritenuti responsabili degli illeciti commessi dai siti dei quali si presenta il link tra i risultati.

In ogni caso, Yahoo! Italia annunciava subito ricorso in appello contro la sentenza che veniva così revocata. In sostanza, la Sezione Specializzata stabilisce che la PFA Films deve indicare specifici indirizzi web da oscurare e comunicarli al search engine, e non può limitarsi ad indicare un “generico riferimento ad alcune tipologie di contenuti”. Inoltre, l’onere probatorio grava sul titolare dei diritti, che deve dunque dimostrare la titolarità oltre che il carattere abusivo dei singoli atti di messa a disposizione del pubblico di ciascun contenuto di cui chiede la rimozione e/o l’inibitoria alla diffusione o all’accesso”; principi che nello specifico valgono il doppio, perché oltre ad essere stati riaffermati dopo aver pericolosamente vacillato si applicano al fatto che è stata riconosciuta la non totalità della paternità da parte della PFA sui contenuti “piratati”. La Sezione Specializzata concludeva il suo intervento con una dichiarazione di principio, riaffermando la necessità che nel bilanciamento dei diritti di tutti gli attori in gioco in questo tipo di questioni (utenti, detentori di diritti ed intermediari) venga “assicurato il rispetto delle esigenze di promozione e tutela della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione”. 

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Fastweb ed NGI indagati per favoreggiamento nel caso Btjunkie

BtunkiePer la prima volta in Italia l’Autorità Giudiziaria ha delineato i contorni della responsabilità degli Internet Service Provider in casi della specie”. E’ quanto si legge nel comunicato stampa diramato dalla Guardia di Finanza di Cagliari nel quale si annuncia che il sostituto procuratore del tribunale del capoluogo sardo, Giangiacomo Pilia, ha diramato un provvedimento con il quale si mettono sotto indagine Fastweb ed NGI. I due ISP si sarebbero macchiati di favoreggiamento nei confronti del sito Btjunkie.org (e .com), motore di ricerca di BitTorrent diventato irraggiungibile nel nostro paese alla fine di aprile 2011 nell’ambito dell’operazione Poisonous Dahlia condotta dalla stessa Guardia di Finanza di Cagliari. Gioia della Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI), che aveva definito il search engine come un enorme supermercato del falso multimediale alla luce di circa 500mila accessi quotidiani dall’Italia e dei 3,5 milioni di euro annui che si stima i gestori del sito abbiano guadagnato con questo servizio.

I due provider indagati sostanzialmente non avrebbero oscurato del tutto la piattaforma nonostante l’ordine del magistrato. Da parte sua Fastweb si difende parlando di problema tecnico e specifica in una nota ufficiale: In relazione alle indagini della Procura della Repubblica di Cagliari su FASTWEB per non aver inibito l’accesso ai siti e agli indirizzi IP di ” Btjunkie”, la Società rende noto che, in seguito alla richiesta della Procura della Repubblica, aveva già in passato provveduto a inibire i domini http://www.btjunkie.org e http://www.btjunkie.com . Per cause ancora da accertare, alcuni indirizzi IP erano invece ancora raggiungibili dalla rete Fastweb. Da questa mattina tutti gli indirizzi IP, oggetto del decreto di inibizione, non sono più raggiungibili”.

UPDATE 15 LUGLIO – La vicenda si è aggrovigliata in poche ore. Qui Luca Annunziata prova a fare un po’ di chiarezza.

UPDATE 16 luglio 2011 – La Guardia di Finanza di Cagliari comunica di aver oscurato anche i server proxy tramite i quali venivano bypassati i blocchi imposti a Btjunkie; nello specifico, offline risultano i servizi legati a proxyitalia.com/btjunkie.org. Segnalo un simpatico commento di Massimo Mantellini, mentere l’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP) dirama un comunicato nel quale afferma: “AIIP respinge l’accusa diffamatoria che le aziende che offrono servizi di telecomunicazioni favoriscano in alcun modo l’illegalità, quando ne sono invece fortemente danneggiate a causa della alterazione dei profili medi di traffico”; è essenziale, secondo l’Associazione, “garantire la tutela del diritto d’autore contemperandola con il diritto di accesso ai contenuti digitali a condizioni eque e ragionevoli che consentano di remunerare gli effettivi titolari dei diritti fruiti”, posizione già espressa nella consultazione in merito alla delibera Agcom 668/2010. E prorpi in merito a quest’ultimo punto, segnalo le 10 risposte di Guido Scorza alle altrettante domande poste dalla SIAE.

UPDATE 19 LUGLIO 2011 – I gestori di Btjunkie per permettere alla loro creatura di tornare online annunciano di voler creare un proxy ad hoc tramite il servizio Google Apps, il che metterebbe le autorità italiane di fronte alla prospettiva di dover oscurare direttamente IP di Mountain View. Ovviamente, la prospettiva di scontro vale anche per Google, le cui decisioni in merito andranno aspettate. 

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Agcom signora dei tranelli

Analizzando la delibera pubblicata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Guido Scorza ha rilevato la presenza di alcuni importanti dettagli che nel comunicato stampa di presentazione erano stati tralasciati…

Sfortunatamente, il testo del Regolamento ora posto in consultazione pubblica, continua ad evidenziare i tanti aspetti di criticità al centro delle discussioni, mobilitazioni e dibattiti delle ultime settimane. Le poche luci del testo del Regolamento, infatti, non valgono a dissipare le troppe ombre che permangono. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – dispiace doverlo scrivere dopo essersi illusi di un più significativo ripensamento – continua ad arrogarsi l’esercizio di un potere normativo che non le compete e che non le attribuisce alcuna disposizione di legge primaria, sulla circolazione di ogni genere di contenuto nello spazio pubblico telematico. L’Autorità, infatti, a quanto si legge nello schema di regolamento sembrerebbe intenzionata a dettare regole valide per “ogni contenuto sonoro, audiovisivo, giornalistico ed editoriale coperto da copyright diffuso su reti di comunicazione elettronica” anziché per i soli contenuti audiovisivi. Ambiguo, almeno nell’attuale formulazione, inoltre il limite soggettivo di applicazione delle norme contenute nella nuova disciplina che l’Autorità sembra intenzionata – anche qui in assenza di qualsiasi copertura normativa – a rendere applicabili anche ai soggetti che esercitano attività per scopo non commerciale e/o all’estero. Tante, troppe e davvero di grande rilievo, inoltre, le perplessità che il testo del Regolamento solleva in merito al procedimento che, nelle intenzioni dell’Autorità, dovrebbe condurre alla rimozione di un contenuto dallo spazio pubblico telematico.

Il procedimento, infatti – nonostante il comunicato stampa avesse fatto ipotizzare il contrario – rimane sommario: il gestore del sito e/o il fornitore del servizio media audiovisivo [e non l’uploader del contenuto, se diverso] infatti avrà a disposizione solo 48 ore per far pervenire all’AGCom – peraltro attraverso la posta elettronica certificata in uso, come è noto, solo a un manipolo di geek italici e/o brunettiani – eventuali controdeduzioni.

Si tratta, evidentemente, di una colossale ipocrisia dell’Autorità che sa perfettamente che in un intervallo di tempo tanto breve nessun gestore di sito internet e/o di piattaforma di condivisione di contenuti sarà mai in grado di formulare e trasmettere osservazioni difensive su di un contenuto che, peraltro, è stato prodotto e pubblicato da un terzo.
Il modo con il quale l’AGCom finge di riconoscere ai contro interessati il diritto ala difesa e quello a un giusto processo loro costituzionalmente garantiti, è, a dir poco, offensivo.
Egualmente irrisorio – e da stato di guerra – il
termine di 48 ore entro il quale, a seguito dell’adozione del provvedimento da parte degli uffici dell’Autorità, il destinatario dello stesso dovrà/potrà procedere alla spontanea rimozione prima che gli uffici stessi trasmettano al Collegio dell’Autorità gli atti per l’adozione di un formale ordine di rimozione.
Non è chiaro, inoltre, a quale genere di provvedimento l’Autorità stia pensando quando scrive che, in relazione ai soggetti localizzati all’estero, qualora non ottemperino all’ordine di rimozione del quale pure possono essere destinatari, “l’organo collegiale può ordinare al fornitore di servizi di media audiovisivi o radiofonici attivo in Italia la cessazione della trasmissione o della ritrasmissione di programmi audiovisivi diffusi in violazione delle norme sul diritto d’autore”.
Il rischio è che nonostante nel comunicato stampa sia stato espressamente dichiarato l’esatto contrario, l’AGCom continui a ipotizzare di riservarsi il diritto di chiedere ai provider italiani di
rendere inaccessibili i contenuti oggetto di sospette [solo l’autorità giudiziaria può accertare l’effettiva violazione] violazioni del diritto d’autore.
Inaccettabile, infine, l’idea che l’AGCom si riservi il diritto di irrogare
salatissime sanzioni pecuniarie per l’ipotesi di violazione di provvedimenti da essa stessa sommariamente adottati – e, quindi, con un ampio margine di errore – in forza di regole da essa medesima scritte, in gran parte, senza disporre della necessaria copertura normativa.
Troppe ombre, purtroppo, soprattutto alla luce delle tante occasioni sin qui offerte all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per ritornare sui suoi passi e proporre il varo di un provvedimento più equilibrato.
Non resta che partecipare alla consultazione pubblica e provare, ancora una volta, a far comprendere all’Autorità che i diritti e le libertà fondamentali degli utenti valgono almeno quanto quelli – solo economici – dei Signori del Copyright.

Leggi anche il suo intervento su Punto Informatico, del quale propongo qui sotto un estratto.

Accadrà così che centinaia di migliaia di contenuti – video, post e podcast – di cittadini ed utenti verranno rimossi dallo spazio pubblico telematico senza che questi ultimi ne abbiano notizia né siano posti nella condizione di difendersi. Si tratta di una previsione a dir poco anti-costituzionale perché in aperta violazione, con un colpo solo, degli articoli 21 (libertà di manifestazione del pensiero), 24 (diritto alla difesa) e 111 (diritto ad un giusto processo).

Siamo dinanzi ad un autentico golpe istituzionale per effetto del quale un’Autorità amministrativa pretende di spogliare i cittadini di diritti e libertà fondamentali loro riconosciuti dalla Carta Costituzionale. I perversi ideatori di questo procedimento andrebbero probabilmente processati per attentato alla costituzione (lo scrivo in senso atecnico) o, più semplicemente, occorrerebbe augurare loro che, se in affitto, venissero sfrattati dalla propria abitazione all’esito di un procedimento celebrato in 48 ore davanti ad un’Autorità amministrativa formata dai rappresentanti dei proprietari degli immobili e senza neppure essere informati della pendenza del procedimento medesimo.

L’espressione “illegittimità costituzionale” non rende giustizia all’iniquità della previsione che l’Autorità vorrebbe introdurre nel nostro ordinamento. L’unica concessione, si è detto, che l’Autorità sembra intenzionata a fare agli utenti della Rete è il riconoscimento del principio del cosiddetto fair use. Gli utilizzi di opere dell’ingegno altrui a scopo non commerciale, e non in concorrenza con l’uso commerciale delle opere stesse da parte degli aventi diritto, non dovrebbero costituire una violazione dei diritti d’autore.

In linea di principio si tratta – occorre darne atto agli uomini del Presidente Calabrò – di un fatto non di poco conto e da salutare con favore. A ben vedere, tuttavia, anche sotto tale profilo l’AGCOM concede a parole molto di più di quanto non riconosca effettivamente a sfogliare le norme contenute nel Regolamento.

La verifica circa la sussistenza di un’ipotesi di fair use, infatti, è rimessa in prima battuta agli stessi titolari dei diritti (art. 6, comma 1) ed in seconda battuta alla competente Direzione dell’Autorità (art. 9, comma 3) che anziché valutarla alla stregua della giurisprudenza sembra chiamata a farlo sulla base di parametri autonomamente individuati dalla medesima AGCOM all’art. 10 del Regolamento. Tutto, in altro parole, sembra confermare la convinzione dell’Autorità di poter scrivere un codice speciale – di merito e rito – per questo genere di procedimenti ed essere preordinato a confinare le ipotesi di fair use a reali e rarissime eccezioni.

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Calabrò, recepito il messaggio?

La Notte della ReteA difesa di una Rete libera e dei diritti ad essa connessi nel nostro paese c’è un movimento guidato da persone competenti, appassionate e straordinariamente affiatate. E’ questa la sensazione che ho avuto partecipando a “La Notte della Rete”; ad una classe dirigente miope, sorda alle tematiche del nuovo mondo digitale o peggio interessata a che esso sia riconducibile ad uno schema quanto più televisivo e controllabile, si contrappone una rete di persone che unendo le loro competenze e professionalità è in grado di trasmettere un messaggio forte ed inequivocabile come lo è stato il NO alla CENSURA gridato ieri non alzando la voce, ma mettendo in fila argomentazioni di altissimo valore tecnico, giuridico, civile e morale. Il materiale filmato dell’incontro di ieri (qui e quidiventa così una specie di collezione di “perle” sulla libertà della Rete che rendono l’idea di cosa significa davvero pensare 2.0, di cosa significa approcciare le tematiche di Internet imponendosi un cambio di paradigma, una nuova forma mentis indispensabile per mettere a punto soluzioni di regolamentazione degli aspetti critici del mezzo. “Conoscere per deliberare” è stato il motto lanciato da Emma Bonino e ripreso in serie da molti dei protagonisti della giornata; e non c’è dubbio sul fatto che questi ultimi continueranno in questa loro opera di sensibilizzazione, alfabetizzazione, divulgazione e mobilitazione, online ed offline. E noi saremo al loro fianco, in una lotta che non sarà contro il diritto d’autore, ma per una disciplina sul copyright moderna e fedele alla sua ragion d’essere, così come non sarà contro l’Agcom, ma a favore di un’Autorità che possa essere davvero indipendente nelle decisioni che prende e nelle delibere che mette a punto e smetta di essere diretta espressione dell’establishment politico-economico (tanto che gli stessi membri dell’Agcom dovrebbero ribellarsi a questa situazione, come hanno sottolineato, tra gli altri, l’avvocato Marco Scialdone e Nicola D’Angelo, il commissario Agcom rimosso dal ruolo di relatore della delibera 668/2010). Diritto d’autore e Autorità sono (diversi) strumenti che vanno e possono essere utilizzati per la messa a punto di un quadro che sia funzionale allo sviluppo del mezzo, di chi ne fruisce e dunque della società tutta, senza che nessuno ne tragga un vantaggio sproporzionato a danno di altri. E’ l’utilizzo di questi strumenti al servizio di interessi di parte che va combattuto. Come afferma oggi l’avvocato Guido Scorza, anch’egli intervenuto alla manifestazione: “Una la convinzione di tutti i partecipanti all’incontro: il diritto d’autore è solo una scusa ma la reale intenzione di quanti, sin qui, hanno imbeccato l’AgCom è quella di difendere anacronistici modelli di business e di creare, in Via Isonzo, la cabina di regia della web-televisione nella quale minacciano di trasformare Internet […] La Rete, ormai, è diventata sul piano commerciale un concorrente pericoloso della televisione e sul piano politico un efficace strumento di aggregazione e mobilitazione capace di togliere alla TV ed ai giornali il primato sull’orientamento ed il controllo delle masse. I Lorsignori del Palazzo non hanno dubbi, pertanto, che l’informazione, la creatività e le idee, libere, on line, vadano controllate e fermate attraverso un’efficace regia politico-economica che, appunto, nell’Autorità, con la scusa della tutela del diritto d’autore, trova la sua sede ideale.”.

Oggi l’Agcom ha approvato (7 voti a favore, un astenuto ed un contrario) il suo schema di regolamento: si stabilisce, con una limatina, che la procedura di rimozione dei contenuti per via amministrativa è alternativa e non sostitutiva di quella ordinaria che passa per la magistratura (quella prevista dallo stato di diritto insomma) e che verrebbe bloccata da un ricorso di una delle parti al giudice. Scompare anche la possibilità di inibizione dell’accesso ai contenuti e ai siti online. Si allungano i tempi della procedura dinanzi all’Autorità (20 giorni prorogabili di altri 15) alla quale si arriva se i contenziosi non vengono risolti con una procedura simile al notice-and-takedown. Viene infine aperta una consultazione pubblica di 60 giorni che rimanderà ogni decisione a settembre. Il tutto mentre si dimette il primo relatore Gianluigi Magri (per “svelenire il clima ed evitare strumentalizzazioni”). Dunque, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni temporeggia, accusando evidentemente il colpo delle mobilitazioni. Dobbiamo comunque tenere gli occhi aperti e continuare a lottare, con la raggiunta consapevolezza che battaglia dopo battaglia ad averla vinta potrebbe non essere questo regime politico-mediatico sulla cui facciata iniziano a vedersi alcune crepe…

Già che ci sono segnalo questo puntualissimo post che ho trovato su METILPARABEN. 

Qui sotto invece un paio di foto scattate ieri.

La Notte della ReteLa notte della Rete


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“La Notte della Rete”: contro la la censura

La notte della Rete 5 luglio 2011Occorre portare il dissenso contro la delibera 668/2010 dell’Agcom dal Web alla piazza. Martedì 5 luglio sarà cosìLa notte della Rete”: 4 ore no-stop in cui si alterneranno cittadini e associazioni in difesa di Internet, oltre a politici, giornalisti, cantanti ed esperti del settore. L’evento avrà luogo a partire dalle ore 17:30 alla Domus Talenti a Roma (qui l’evento su Facebook) e sarà trasmesso in diretta streaming su Fattoquotidiano.it e su una rete di tv locali.

Intanto, sul sito Avaz.org è possibile aderire alla campagna che si pone l’obiettivo di inondare i membri dell’Autorità di messaggi per chiedere loro “di respingere la regolamentazione e preservare così il nostro diritto ad accedere all’informazione su internet”. Il messaggio in questione recita: 

Cari membri dell’Autorità per le comunicazioni,

Vi chiediamo di astenervi dall’adottare la nuova regolamentazione numero 668/2010 che vi darebbe il potere di rimuovere contenuti da siti internet italiani e di chiudere i siti stranieri, se sospettati di violare il copyright. Nessuna decisione che sopprime la libertà della rete e i nostri diritti fondamentali di accedere alle informazioni può essere presa senza la decisione di un giudice. Vi chiediamo di rimettere la questione al Parlamento, come prevede la nostra Costituzione.

Segnalo anche l’iniziativa di protesta promossa da Agorà Digitale e Valigia Blu del 4 luglio. 


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Cosa succede il 6 luglio?

No CensuraProvo a sintetizzarlo al massimo: il 6 luglio entra in vigore un nuovo regolamento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) che affiderà a quest’ultima il potere di oscurare siti sospettati di facilitare la pirateria. Il che fa sorgere almeno tre ordini di problemi: il primo è che, unico caso nel mondo occidentale, ad un organismo amministrativo vengono rimessi poteri che spettano alla magistratura, assurdo in quanto entrano in ballo diritti costituzionalmente tutelati come la libertà di manifestazione del pensiero sul quale solo un organo costituzionale può decidere (la magistratura, appunto); il secondo è che quasi certamente l’Agcom verrà sommersa da un numero di richieste da parte dei detentori di diritti che la manderanno in tilt; l’ultimo, è il chiaro interesse delle reti televisive del Presidente del Consiglio a che il Web venga riportato il più possibile in una logica più vicina al tubo catodico che al router. Appare infine una presa in giro da parte dell’Authority l’aver ignorato le voci sollevatesi contro questi provvedimenti negli oltre sei mesi di consultazione pubblica indetta con la delibera 668/10/CONS.

Occorre dunque mobilitarsi su tutti i canali; rilanciamo l’iniziativa NoCensura promossa da Agorà Digitale alla quale è possibile aderire cliccando quiUna “disobbedienza civile al contrario” viene inoltre proposta da Guido Scorza, il quale nella stessa sede mette in luce anche come il regolamento Agcom si ponga in contrasto con le previsioni dello stesso Decreto Romani dalle cui deleghe prende vita.

Proprio mentre scrivo questo post mi arriva la notizia che il sito dell’Agcom è sotto attacco DDOS, operazione già rivendicata dal gruppo Anonymous.

UPDATE 29 giugno 2011 – Marco Calamari ricostruisce il percorso della censura online nel nostro paese partendo dal decreto Gentiloni del 2007.

UPDATE 30 giugno 2011 – Guido Scorza presenta 10 domande da sottoporre all’Agcom. 


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L’Autorità Dipendente

Corrado CalabròPochi giorni fa gli estensori del Libro Bianco su copyright e tutela dei diritti fondamentali sulla rete internet” hanno incontrato il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò; vale la pena di leggere per intero il (pesante, denso e pesante) resoconto che fa Luca Nicotra sul suo blog.

Ho pensato inizialmente di scrivere questo messaggio solo alla cerchia di alcuni conoscenti da mobilitare. Mandare una mail collettiva per raccontar loro questa storia incredibile di potere a cui ho assistito incontrando il Presidente dell’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, Corrado Calabrò. Ho avuto un intero viaggio in treno Roma-Pisa per pensarci. Alla fine mi sono deciso leggendo i post degli amici avvocati Fulvio Sarzana e Marco Scialdone, che impressionati come e piu’ di me dall’incontro, chiamano alla mobilitazione, e lo fanno pero’ raccontando un bollettino di una sconfitta.

Non è così. Dobbiamo dirlo altrimenti non si capisce perche’ stiamo urlando ai bari. Non c’era nessuna partita. L’intera Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è un enorme imbroglio, un gioco di prestigio del potere. E non credo di fare l’eroe nel raccontarvelo. Sono un semplice cittadino che decide che è arrivato il giorno di rischiare seriamente di prendersi una querela per raccontare davvero cio’ che ha visto.

Ho visto (ed è diverso da sentirselo dire) che chi dovrebbe vigilare sull’informazione, il cibo che ci e vi permette di pensare o di non pensare, è un ologramma proiettato da qualcun’altro. E c’entrano poco, Enzo Mazza e l’Industria dell’Intrattenimento (i colossi del cinema e della musica) con cui ce la siamo presa fino ad ora. Poveri noi e scusa Enzo, non avevamo capito niente, non avevamo capito che la partita era ben più grande, di un livello che tocca invece quell’enorme conflitto di interesse del nostro Presidente del Consiglio e proprietario di Mediaset e tutti i suoi (ex?)dipendenti all’interno del Ministero dello Sviluppo Economico e nell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. O cominciamo a dire che è questa la partita o non ci capirete, non capirete perchè ci agitiamo e sbraitiamo.

E non capendo non ci telefonerete e scriverete per darci una mano. Chi è di voi giornalista non ne parlerà infuriato, e anzi vi chiederete se è giusto dare cosi’ tanto spazio ad un gruppo di mitomani. Non verranno decine di attivisti o di esperti nella sede di Agorà Digitale ad aiutarci. Mentre abbiamo dannatamente bisogno di voi, e del vostro sostegno. Abbiamo bisogno che ci andiate alla pagina www.agoradigitale.org/nocensura e lasciate i due euro che date ogni giorno a quel passante bisognoso ma non ad una battaglia cruciale per la democrazia come questa.

Nei giorni precedenti all’incontro di Calabrò con gli altri amici dell’iniziativa www.sitononraggiungibile.it avevamo molti dubbi sull’atteggiamento da tenere con il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che finalmente si era deciso a riceverci. Marco Pierani di Altroconsumo suggeriva di provare a stimolare il giurista che era in lui, facendogli capire che sarebbe stato ricordato nella storia come l’autore di un mostro “giuridico” e “civile” nell’occidente. Fulvio Sarzana ragionava sul fatto che sarebbe comunque stato possibile ottenere qualche concessione, e quindi di insistere sulle nostre argomentazioni. Solo Marco Scialdone, mi dava corda, cominciava a capire che c’era qualcosa di diverso da tentare, che forse era ora di iniziare una mobilitazione, che forse ci stavano prendendo in giro.
Il fatto è che nessuno di noi era pronto a cio’ che ci si è presentato di fronte.

Calabrò non si era preparato un discorso o una parte da recitare. Non ha provato a contrapporre argomentazioni alle nostre, che ignari, siamo subito partiti, ordinati come scolaretti, a spiegare pacatamente le nostre posizioni e le nostre critiche.

Calabrò ha deciso di mettere in scena il potere che non deve giustificarsi, che può dire beffardamente, quasi ingenuamente “Speriamo di no” mentre gli spieghiamo l’inferno di decine di migliaia di richieste di rimozione di contenuti da cui saranno sommersi. Sarà il far west, con un approssimazione totale nella decisione di rimuovere o chiudere siti web, e decine, centinaia forse migliaia di contentuti innocenti e abusi del sistema. È questa l’ovvio risultato della censura. È questo il motivo per cui non è MAI accettabile in democrazia.

“Speriamo di no” non è dialogo. È la frase che può dire un pezzo di potere perchè sa che non c’e’ scelta, non c’e’ dibattito, la decisione di far passare il regolamento è già avvenuta altrove e il massimo che può fare è sperare di non essere travolto.

Chissà com’eravamo buffi agli occhi di Calabrò quando gli abbiamo chiesto conto del fatto che senza preavviso aveva rimosso Nicola D’Angelo, l’unico commissario che aveva promesso una lotta fino all’ultimo per evitare un sistema di censura cosi’ pervasivo. Eravamo buffi e gli abbiamo ispirato una sorta di barzelletta: “Mi avevano informato ” – ci ha detto sorridendo – “che D’Angelo voleva dimettersi. E allora l’ho dimesso io, il giorno prima”. Cosa potevamo rispondere noi di fronte a questo?

Quando ci ha detto che le nostre preoccupazioni erano infondate, che l’Autorità vuole solo rimuovere singoli contenuti anche all’estero e non oscurare interi siti web, abbiamo provato a dirgli che non è possibile, se non con un controllo totale del contenuto del traffico in rete, e quindi dell’attività di ogni cittadino. Gli abbiamo anche detto dei costi ingenti, che porteranno alla chiusura di molte imprese e lui ha risposto, mentendo: “Strano, nessuno ci aveva parlato di costi fino ad ora. Ci avevano detto che prima non era possibile e che ora è possibile.”. “Strano”, ci ha detto. “Strano”. Il Presidente dell’Autorità ci ha detto “strano” di fronte a quello che a noi invece pare un folle incubo.

È stato inutile ovviamente provare a parlare di dati di studi indipendenti. Non sa nemmeno cosa voglia dire il concetto di indipendenza, l’Autorità Dipedente che ci ha risposto “a noi invece l’industria ha detto che ad essere penalizzati sono i giovani”.

Ovviamente non ha risposto a nessuna delle preoccupazioni giuridiche esposte dai bravi avvocati presenti. Come se non gli interessasse che l’Autorità di cui è Presidente sta per violare le leggi con il suo regolamento. Non gli interessa probabilmente perchè il potere ha mille risorse e se il TAR a cui ricorreremo boccerà il regolameno, probabilmente interverrà il Governo a riproporre lo stesso regolamento in forma di decreto legge, mettendoci una pezza.

“L’Italia sarà un esperimento, noi saremo un esperimento. Possiamo fermarci?” ha chiuso Calabrò, e senza motivazione, e anzi contraddicendo quanto aveva appena detto circa la complessità della materia si è risposto “No, dobbiamo chiudere subito, dobbiamo chiudere entro l’estate”.

È sceso il silenzio mentre poi tutti abbiamo cominciato a lasciare la sala riunioni. Impietriti ci guardavamo e allo stesso tempo ragionavamo sul baratro potenzialmente senza fondo, in cui sta per buttarci l’Autorità.

E ci chiedevamo perché?

Chi è che cosa può portare un’Autorità a rischiare a mettere in gioco se stessa e quindi anche le poltrone di tutti quelli che ci stanno all’interno? Perchè rischiano cosi’ tanto, perche’ stanno accellerando, in una corsa folle e senza freni? Perchè qualcosa che era previsto per l’autunno verrà approvato tra pochi giorni, il 6 luglio? Perche’?

E la risposta è semplice, e la sanno tutti dentro l’autorità. La sanno i funzionari e gli altri dirigenti che in gran parte tifano per noi e non ce la fanno piu’ a sopportare questo schifo. Si teme che presto l’aria politica fuori e dentro Agcom non sarà cosi’ favorevole. Forse non ci sarà la stessa protezione dei grandi soggetti dominanti il mercato dei media e non sarà cosi’ facile spianare la strada ai progetti di conquista che il sistema mainstream ha sull’informazione online. E allora bisogna fare in fretta, raccogliere tutto il possibile in tempi brevi.

E allora che importa se ci avevano assicurato che ci sarebbe stato un nuovo incontro con tutti i soggetti interessati per discutere i risultati della consultazione pubblica? Che importa se ci avevano rassicurato che il regolamento, nella sua forma definitiva sarebbe anch’esso entrato nuovamente in consultazione permettendo un ampio dibattito? Che importa mentire e mentire pubblicamente? Che importa? Hanno tagliato tutto perche’ hanno una fretta terribile. Se mamma televisione impone che il Web italiano debba essere forgiato in questo modo, Agcom e Calabrò obbediscono.
Ci ha detto un funzionario:
“Ma è possibile che qui sotto vengano a protestare per ogni stronzata e ora, che stanno per portare una censura infernale in Italia non c’e’ un cane che venga a dire qualcosa?”.
Mentre il Web si sta mostrando in tutta la sua magnficenza, in tutta la sua capacità di mobilitazione, in tutto il suo potenziale di sviluppo per la società,
dobbiamo tentare di raccontare all’Italia l’incubo in cui stiamo per finire. Dobbiamo riuscire a mettervi un tarlo nella testa. A voi che avete usato la rete per far passare contro ogni probabilità i referendum, voi che leggete questo post.

Continuo a postare questo dannato indirizzo www.agoradigitale.org/nocensura con la speranza che vi venga questo dubbio, continuo ad invitarvi a scrivermi (nicotra (at) agoradigitale.org), a venire a darci una mano, a scriverne sui giornali online e offline, a darci la forza economica di giocare una partita in cui per ora non ci hanno neppure permesso di scendere in campo.

Che dite, ci aiutate a fare qualcosa di buono?”.

Segnalo anche il commento dell’avvocato Guido Scorza.

UPDATE 28 giugno 2011 – Intervista a Luca Nicotra su L’Espresso.

 

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E anche Libero soccombe a Mediaset

MediasetUna nuova vittoria per Mediaset: il Tribunale di Milano ha condannato il portale Libero.it a rimuovere un migliaio di filmati che appartengono alle reti di Cologno Monzese. A nulla sono valsi i tentativi dei legali dello spazio online di dimostrare la posizione di mero intermediario del “proprio assistito”: il giudice ha infatti sancito che il servizio “sarebbe stato dolosamente inadempiente agli obblighi di diligenza su di esso incombenti pur avendo avuto contezza del contenuto illecito di materiali inviati da utenti”, soprattutto per il fine di lucro che perseguiva abbinando spazi pubblicitari ai contenuti incriminati. La Wind, proprietaria di Libero, rischia ora una sanzione pecuniaria fino a 100 milioni di euro.

La vicenda ricalca molto da vicino quella già vista quattro anni fa; la ricostruisco: nel luglio 2008 Mediaset deposita al tribunale Civile di Roma un atto di citazione nei confronti di Google, proprietaria di Youtube, chiedendogli un risarcimento danni di 500 milioni di euro. Il reato contestato è “illecita diffusione e sfruttamento commerciale di file audio-video di proprietà delle società del gruppo”. L’azienda della famiglia Berlusconi spiega così, in un comunicato, la sua decisione: “alla data del 10 giugno 2008, dalla rilevazione a campione effettuata da Mediaset sono stati infatti individuati sul sito Youtube almeno 4.643 filmati di nostra proprietà, pari a oltre 325 ore di materiale emesso senza possedere i diritti. Alla luce dei contatti rilevati e vista la quantità dei documenti presenti illecitamente sul sito è possibile stabilire che le tre reti televisive italiane del gruppo abbiano perduto ben 315.672 giornate di visione da parte dei telespettatori”. Tra il 16 dicembre 2009 e il febbraio 2010 due ordinanze del tribunale danno parziale ragione a Mediaset, condannando Youtube a rimuovere dal sito tutti i frammenti della trasmissione “Grande Fratello”, vero argomento della disputa. Simile epilogo nell’omologo processo che vedeva contrapposti in Spagna il colosso di Mountain View e l’emittente televisiva Telecinco, anch’essa controllata da Mediaset.

Bisgona però segnalare una certa distanza tra la sentenza del tribunale di Roma e quella di Madrid in merito alle dispute tra Youtube e le reti televisive: nella seconda si chiarisce a chiare lettere che l’intermediario passivo non può mai essere colpevolizzato a meno che i titolari di diritto d’autore non provino di aver infruttuosamente provato ad utilizzare le procedure di segnalazione e rimozione dei video rese disponibili agli utenti, e che la produzione di un lucro non cambia questo quadro; nella prima si propende invece verso una valutazione delle responsabilità caso per caso e si affermacome non apparirebbe “nemmeno ragionevole sostenere l’assoluta estraneità alla commissione dell’illecito posto che le reclamanti (n.d.r. Google e YouTube) hanno continuato la trasmissione del Grande Fratello nei loro siti internet, organizzando la gestione dei contenuti video anche a fini pubblicitari, nonostante le ripetute diffide ed azioni giudiziarie iniziate da RTI che rivendicava la paternità e titolarità dell’opera, né può farsi carico a RTI che agisce per la tutela dei propri diritti di fornire alle reclamanti i riferimenti necessari alla esatta individuazione dei singoli materiali caricati sulla piattaforma URLs”. In pratica, si toglie un pezzo di onere al detentore di diritti accollandolo all’intermediario, pur assolvendolo perché comunque più forti gli argomenti cardine del regime imposto dalla direttiva europea 2000/31/CE (sulla “Responsabilità dei prestatori intermediari”, recepita in Italia dal D.lgs. n. 70/2003 che disciplina i “servizi della società dell’informazione”) la quale agli articoli dal 12 al 15, stabilisce principi fondamentali: da essi si evince come gli intermediari che hanno un ruolo passivo (e dunque non fanno attività editoriale di alcun tipo) siano esonerati da qualunque responsabilità nella misura in cui provvedono semplicemente al “trasporto” di informazioni provenienti da terzi. Inoltre, viene limitata la responsabilità dei prestatori di servizi per altre attività intermediarie come l’archiviazione delle informazioni. In altri termini, i fornitori d’infrastruttura e i fornitori d’accesso non potranno essere ritenuti responsabili delle informazioni trasmesse, purché non diano origine alla trasmissione e non selezionino il destinatario della trasmissione o le informazioni trasmesse. Questo regime “assolutorio” è valido però solo nel caso in cui i servizi di hosting, gli ISP e i content provider si impegnino in una tempestiva e proficua collaborazione con le forze dell’ordine e le autorità per la rimozione e il blocco dei contenuti incriminati, nonché per la fornitura dei dati necessari all’individuazione dei colpevoli.

BIVI – Segnalo due importanti date che si avvicinano: il 25 giugno il ministro Paolo Romani pubblicherà il disciplinare definitivo per l’assegnazione di nuove frequenze alla banda larga mobile, con l’asta che dovrebbe concludersi entro settembre; e il 21 giungo, giorno nel quale il ministero allo Sviluppo Economico presenterà (in ritardo di un paio di mesi) il primo piano della società pubblico-privata che farà da sfondo al progetto di Next Generation Networking (NGN).

UPDATE 22 giugno 2011 – Il Comitato esecutivo per l’NGN ha presentato agli operatori di telecomunicazioni riuniti al Tavolo Romani il programma per la costituzione della società FiberCo, la società a partenariato pubblico (Cassa Depositi e Prestiti) e privato che dovrà gestire la messa a punto della rete di nuova generazione. Ai suddetti operatori viene concessa una settimana di tempo per valutare il piano che punta a connettere alla fibra il 50% delle “unità immobiliari” entro al fine del 2020. Nel programma è presente anche una clausola che rende possibile per Telecom accaparrarsi il controllo dell’infrastruttura una volta terminato lo switch dal rame alla fibra. 

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Il Libro Bianco su copyright e diritti digitali

Clicca sull’immagine per il Pdf del “Libro Bianco su copyright e tutela dei diritti fondamentali sulla rete internet”, presentato alla Camera dei Deputati il 14 giungo.

Libro Bianco su copyright e tutela dei diritti fondamentali sulla rete internet 

UPDATE 19 giugno 2011 – Alla luce degli insulti ricevuti per l’iniziativa del Libro Bianco, Agorà Digitale ha deciso di promuovere una campagna di mobilitazione. E’ qui possibile compilare un form per dare la propria disponibilità, specificando quale potrebbe essere il proprio contributo.

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Broadband italiana in zona retrocessione

Corrado CalabròL’allarma è forte: “L’Italia, sulla banda larga, è sull’orlo della retrocessione in serie B”. A lanciarlo è il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò davanti al Parlamento, in occasione della presentazione della relazione annuale sulle attività svolte dall’Authority. Le motivazioni sono presto dette: “la penetrazione della banda larga è del 22% per cento, a fronte di una media europea del 26,6 per cento […] esiste ancora un digital divide del 4 %” e “circa il 18 per cento della popolazione è servita da ADSL sotto i 2 Mbit al secondo”, il che potrebbe rendere impossibile al nostro paese la diffusione della broadband su tutto il territorio, soprattutto vista la differenza di velocità che ancora persiste tra connessioni fisse e mobili. L’immobilismo del Governo e la mancanza di accordo tra gli attori in causa sono altre importanti cause alla base di una situazione tanto critica, nella quale continua a mancare una seria Agenda Digitale.

Nella stessa sede, come riportato in un precedente post, è arrivata la “controrelazione” di Agorà Digitale, Adiconsum, Assonet Assoprovider-Confcommercio e Studio Legale Sarzana collegata alla presentazione del “Libro Bianco su copyright e tutela dei diritti fondamentali sulla rete internet”. Qui il video dell’intervento al quale ha preso parte anche il commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Nicola D’Angelo, che ad inizio maggio era stato sollevato dall’incarico di relatore della delibera dell’Agcom668/2010. Segnalo anche le reazioni espresse a caldo da Stefano Quintarelli.

TAVOLO ROMANI – Il tema broadband, in ogni caso, è caldo già da diverse ore. La settimana scorsa infatti il Presidente di Telecom Franco Bernabè esprimeva questa posizione in merito in merito al Tavolo Romani: “Da nessun’altra parte c’è un intervento diretto del pubblico. Se lo Stato vuole tornare a essere imprenditore va benissimo: ha Infratel e lo faccia per conto suoi”, rischiando però così di tornare “indietro di 15 anni, al ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni […] No allo Stato imprenditore e basta perdite di tempo: si bloccano gli investimenti in banda larga e ultralarga. Abbiamo un piano di investimenti su 13 città nel 2011 e 125 città entro il 2018 e siamo trattenuti dall’andare avanti”, soprattutto per i “vincoli rappresentati dalla regolamentazione e quelli dei tavoli che ci impediscono di accelerare i tempi”. Bernabè rilanciava così il dibattito tra la Telecom, che ribadisce di poter mettere a punto da sola una rete di nuova generazione, e chi invece pensa che il paese se ne possa permettere una sola e condivisa tra tutti gli operatori. Poche ore dopo, il presidente di Telecom allarga la questione indirizzando alla Commissione Europea (in particolare al responsabile dell’Agenda Digitale Neelie Kroes) una lettera nella quale si lamentava dell’Agcom e delle sue politiche in materia di sviluppo delle infrastrutture di rete in Italia, proprio mentre il ministro Paolo Romani risponde alle accuse: “Non si tratta assolutamente di una nazionalizzazione anche perché il 10 di novembre del 2010 abbiamo firmato con Telecom Italia un memorandum of understanding dove c’è scritto che la società pubblico-privata, la Infraco, agisce secondo il principio di sussidiarietà e interviene con un’infrastruttura passiva. Lo Stato non si mette dunque a fare nessuna concorrenza alle aziende italiane di telecomunicazione ma contribuisce a favorire il mercato”. Romani aggiungeva che Telecom non vorrebbe l’intervento pubblico per la paura di perdere quella posizione di vantaggio nei confronti degli avversari garantitale dall’essere ex monopolista.

Il tutto mentre ancora si attende l’avvio dell’asta delle frequenze, altra vicenda sempre più vicina ad assumere i tratti della telenovela.

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La Costituzione Islandese si scrive su Facebook

IslandaUn’isola di 320mila abitanti deve riscrivere una Costituzione vecchia di 67 anni; i 25 membri dell’assemblea costituente chiedono così aiuto al vasto popolo della Rete, che sarà chiamato ad esprimersi attraverso Facebook, Twitter e Youtube sulla Carta che vorrebbe venisse implementata nel proprio paese. Benvenuti in Islanda, il paese più informatizzato al mondo, dove le istituzioni decidono di aprirsi ad Internet nell’ambito della più basilare e fondamentale questione politico-sociale. Il documento che verrà partorito dalla Rete passerà prima per un referendum e poi per il Parlamento, il quale sembra pronto ad elaborare una bozza definitiva per la fine di luglio.

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Diritti della Rete, arriva un Libro Bianco

Pirateria online, P2P, copyright e regolamentazione della Rete analizzati alla luce di ricerche indipendenti condotte da università e governi. Sono le poche parole con le quali riassumere i contenuti del “Libro Bianco su copyright e tutela dei diritti fondamentali sulla rete internet” che verrà presentato alla Camera dei Deputati il prossimo 14 giungo, giorno nel quale avrà luogo nella stessa sede la Relazione annuale del Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Antonio Catricalà. La conferenza stampa di presentazione del volume è patrocinata dalle associazioni Agorà Digitale, Adiconsum, Assonet e Assoprovider-Confcommercio e dallo Studio Legale Sarzana.

Il Libro Bianco punta a “smascherare tutta la retorica costruita intorno alla pirateria” soprattutto dalle major dell’intrattenimento sempre pronte ad esercitare pressioni sui governo nazionali a loro volta responsabili di normative repressive della libertà online. Esempio è la delibera dell’Agcom 668/2010, la quale “mira a introdurre un meccanismo che consentirà di inibire completamente l’accessibilità ai siti posti fuori dal territorio italiano e di rimuovere contenuti sospettati di violare il diritto d’autore in modo automatico e prescindendo da qualsiasi requisito di colpevolezza accertato dell’Autorità giudiziaria”. Di non poco conto, in questo senso, la presenza del Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Nicola D’Angelo, che ad inizio maggio era stato sollevato dall’incarico di relatore della delibera sopra citata. Presente sarà anche il deputato radicale Marco Beltrandi, primo firmatario di alcune tra le proposte di legge più innovative sul fronte del diritto d’autore.

INDUSTRIALI DIGITALI – Nasce intanto a RomaConfindustria Digitale”, soggetto che riunendo in federazione la rappresentanza industriale mira a promuovere l’economia di bit nel nostro paese. 

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Facebook ha diritto di riconoscerci?

Riconoscimento Facciale FacebookIl gruppo di lavoro europeo a difesa della privacy Articolo 29 ha aperto un’indagine su Facebook per capire quanto lecita possa essere la nuova funzione di riconoscimento facciale implementata sul social network in blu. In particolare, si contesta al sito di Zuckerberg il fatto che la funzione di default risulti attiva su tutti i profili, cosicché spetta all’utente l’onere di fare in modo che i propri amici non ricevano suggerimenti di tagging sulle foto che lo ritraggono. A parziale discolpa di Facebook, il fatto che i rappresentanti del social network si siano già scusati, per quella che, in ogni caso, è l’ennesima vicenda controversa in materia di privacy che li vede coinvolti. 

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World IPv6 Day, verso l’Internet 2

World IPv6Il sistema delle combinazioni di numeri per gli indirizzi Ipv4 è ormai vicino alla saturazione e alla conseguente sostituzione con il nuovo Internet Protocol version 6. Si va dunque verso la sostituzione di un sistema che prevede un numero di indirizzi pari a 2 alla 32esima (4,3 miliardi) con uno che dispone invece di indirizzi per 2 alla 128esima (4 trilioni). C’è già chi ha parlato di “Internet2” per sottolineare questo epocale passaggio che registra oggi un salto di qualità: l’8 giugno 2011 sarà infatti ricordato come il “World Ipv6 Day”, una festa mondiale che si pone come banco di prova per la sperimentazione del nuovo sistema da parte dei titani della Rete. All’iniziativa si può comunque partecipare in qualità di gestori di un sito, come provider o semplicemente testare se la propria connessine è compatibile con lo switch in atto. A tal proposito, Fastweb ha già da giorni messo a disposizione un client che permette questo tipo di configurazione.

UPDATE 9 giugno 2011Nelle 24 ore di sperimentazione sembra essere filato tutto per il meglio.


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Europa, ignorate le nuove regole sulla privacy

e-privacyIl 25 maggio scorso è scaduto per i paesi membri dell’Unione Europea il termine ultimo per il recepimento delle nuove regole sulle telecomunicazioni, quelle contenute nella direttiva “e-privacy” 2009/136/CE. Tuttavia, solo Estonia e Danimarca hanno notificato l’avvenuto recepimento il giorno della scadenza, seguiti a distanza di 24 ore dal Regno Unito. E così la Commissione Europea annuncia, per bocca del suo portavoce Jonathan Todd, l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti di tutti gli altri paesi (Italia inclusa) che sembrano aver ignorato il passaggio temporale sopra ricordato. C’è chi ha sottolineato come le proteste delle aziende del Web possono essere state la causa fondamentale dei ritardi; ad esempio, gli stessi Regno Unito e Danimarca hanno comunque deciso di concedere ad esse un anno di tempo per uniformarsi al nuovo quadro normativo. Tuttavia, da Bruxelles non si fanno sconti, e si indaga anche in merito alla liceità di questa misura di deroga. Per Todd il paese più distante dalla piena ricezione della direttiva sembra essere la Germania; Italia e Spagna dovrebbero invece essere pronte per la fine dell’estate, mentre per la Francia bisognerà attendere almeno fino all’autunno.

P2P – Arrivano nelle stesse ore un paio di rilevanti notizie di cronaca dal Vecchio continente: in Scozia un’infermiera di 58 anni viene condannata a 3 anni con la condizionale per aver scaricato illegalmente circa 30mila brani (i legali sono pronti a presentare un memorandum con le prove dei disturbi mentali ossessivo-compulsivi da accumulo di oggetti dei quali soffre la donna); in Germania invece la ECO, associazione che tutela gli interessi dei principali ISP, annuncia in un comunicato che i provider teutonici hanno iniziato una rastrellamento di indirizzi IP di “scariconi” del Web, e sono pronti a consegnare gli elenchi (che comprendono anche nomi degli utenti e indirizzi fisici ed elettronici) mensilmente ai detentori di diritti. Questi ultimi li utilizzano per spingere gli utenti a patteggiare risarcimenti tra i 300 e i 1200 euro per ogni file indebitamente condiviso, pena azioni legali che potrebbero avere conseguenze peggiori.  

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Agenda Digitale, primi bilanci dalla Commissione

Agenda Digitale Neelie KroesAd un anno dall’avvio dell’Agenda Digitale constato con piacere i progressi compiuti. Ma gli stati membri, l’intero settore, la società civile e la Commissione, noi tutti dobbiamo fare di più se vogliamo sfruttare appieno il potenziale dell’Agenda per conservare la competitività europea, stimolare l’innovazione e creare posti di lavoro e prosperità”. Il commissario responsabile Neelie Kroes commenta così i risultati del quadro di valutazione che i vertici dell’Unione hanno diramato in queste ore per fare un primo bilancio dell’Agenda Digitale europea. Un ricco corpus di dati relativi ad ogni singolo stato membro dal quale emergono alcune importanti indicazioni; il 65% dei cittadini europei è connesso alla Rete, il 40% di essi effettua acquisti online, il 41% sfrutta i servizi di e-Government e il digital divide interno è stato ridotto del 4%. Dunque, la strada sembra essere quella giusta per arrivare, come da programma, ad avere entro il 2015 un numero di netizen pari al 75% dei cittadini comunitari e un uso dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni esteso ad almeno metà dei cittadini (e all’80% delle imprese). Anche in tema banda larga vengono sottolineati progressi sul fronte della lotta al rural divide. All’Italia viene riservato un plauso per le iniziative legate all’e-Gov, ma non si risparmiano critiche per il basso numero di utenti abitudinari (48%) e lo scarso utilizzo delle pratiche di commercio elettronico. Il che ci introduce alla nota negativa del rapporto della Commissione: l’e-commerce transfrontaliero è arrivato all’8,8% nel 2010, registrando un aumento del solo 0,7%.

CYBERWAR – Intanto le autorità inglesi sembrano intenzionate ad intraprendere in un futuro molto prossimo la strada che porterà il paese a dotarsi di vere e proprie armi di cyberguerra per difendersi da attacchi esterni. Ancor più concreti i segnali che arrivano dall’altra parte dell’Atlantico, con il Pentagono ad affermare che gli attacchi informatici provenienti da una altro paese possono essere considerati atti di guerra e come tali giustificare risposte convenzionali (bombe e carri armati, per intenderci), soprattutto se l’attacco informatico crea danni e vittime. 

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Aggiornamento materiali

Sono disponibili nuovi materiali aggiornati nella sezione Tutto quello che c’è da sapere: è così possibile trovare l’Update sugli Stati Uniti d’America, nel quale si parla del rinnovo del Patriot Act, e di tutte le importanti misure in materia di intercettazioni in esso previste, deciso da Barack Obama; disponibile è poi l’aggiornamento dei materiali relativi all’Unione Europea, con il disegno di legge che in Olanda mira a garantire la neutralità della Rete tra tulipani e mulini a vento; infine, nuove anche sul fronte del World Wide Control, con l’Iran pronto a lanciare una rete di connessioni alternativa ad Internet e posta sotto il totale controllo del governo. 

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SISTRI: rinvio a settembre

SISTRINé bocciato né promosso, semplicemente rimandato a settembre. Il SISTRI, dopo le polemiche che hanno avvolto il sistema elettronico di tracciamento dei rifiuti che sarebbe dovuto entrare a a regime dal prossimo primo giugno, non vedrà dunque la luce prima della fine dell’Estate. 

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