Articoli con tag Regolamentazione

Nuova Zelanda: mannaia sugli scariconi

Con una maggioranza schiacciante il Parlamento neozelandese ha approvato la Sezione 92A del Copyright (Infringing File Sharing) Amendment Bill, la nuova legge sul diritto d’autore. Le peggiori previsioni della vigilia, formulate sulle intenzioni già manifestate dalle autorità kiwi con i tentativi del 2009, escono confermate: dal primo settembre 2011 chi viene sorpreso a scaricare illegalmente file dalla rete finirà in un circuito simile al Three Strikes francese, e potrebbe vedersi sospesa la connessione fino a sei mesi; inoltre, gli utenti saranno considerati colpevoli fino a prova contraria rischiando multe fino a 9mila euro (15mila dollari neozelandesi). Ovviamente, pioggia di polemiche in rete, molte delle quali centrate sul fatto che si tratta dell’ennesimo favore fatto ai detentori di diritti.

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USA: di privacy, e-mail e copyright

I senatori John Kerry, democratico, e John McCain, repubblicano, sono uniti nella presentazione del disegno di legge Commercial Privacy Bill of Rights Act, con il quale si punta ad istituire un nuovo quadro regolatore che imponga restrizioni alle attività di tracciamento online e rastrellamento di informazioni personali. I due, sconfitti nella corsa alla Casa Bianca rispettivamente da George W Bush nel 2004 e da Barack Obama nel 2008, vorrebbero così dotare la Federal Trade Commission (FTC) di poteri sanzionatori nei confronti delle aziende del web che adottano un comportamento non trasparente in materia di raccolta, trattamento e distribuzione dei dati personali degli utenti, le cui modalità andrebbero sempre indicate nel dettaglio all’utente stesso. Naturalmente viene menzionato il sistema Do-Not-Track che, già implementato nei browser di Mozilla (Firefox), Google (Chrome) e Microsoft (Explorer), diverrebbe obbligatorio per tutti i sitit aziendali. La proposta di legge ha raccolto parecchi plausi dal mondo del web, ma deve scontare, oltre all’irritazione dei vertici della Direct Marketing Association (DMA), la delusione delle associazioni a tutela dei consumatori, che non vedono grossi cambiamenti introdotti nelle pratiche di gestione dei dati personali da parte delle aziende del web.

POSTA ELETTRONICA E PRIVACY – E’ invece crescente il dibattito sulle revisioni all’Electronic Communications Privacy Act (ECPA), la legge che nel 1986 regolava la privacy in materia di comunicazioni a mezzo elettronico. Tutto nasce dalla costituzione del Digital Due Process, un gruppo di lobbying formato da colossi come Google, AT&T e AOL, che aveva l’intento di proporre al Congresso di rivedere la parte dell’ECPA che rende lecito il sequestro senza mandato delle email più vecchie di 180 giorni che, situate “in the cloud”, vengono classificate come abbandonate e quindi non tutelate dalle leggi sulla privacy. A infiammare la discussione le posizioni espresse dal Dipartimento di giustizia americano, secondo il quale (e sarebbe anche la posizione dell’Amministrazione), questo tipo di sequestro senza mandato sarebbe giustificato in alcune situazioni criminose, come le indagini che riguardano pedofilia, terrorismo e spionaggio.

POSTA ELETTRONICA E COPYRIGHT – Per i messaggi di posta elettronica sembrano non esserci tutele anche in materia di diritto d’autore: il giudice di Los Angeles Dolly Gee ha stabilito che una frase in prosa in una e-mail non può essere tutelata da copyright come lo potrebbe essere, ad esempio, un incipit poetico della stessa lunghezza, per il semplice fatto che non è abbastanza creativa, manca di originalità. La decisione arriva alla fine del processo che vedeva contrapposti Kenneth Stern e Robert Weinstein, membri della CAALA (associazione americana a difesa dei consumatori); Stern inviava ad una mailing list interna all’associazione (più di ventimila persone) un messaggio contenente 23 parole; Weinstein lo spediva a sua sorella, non compresa nella lista di indirizzi originaria, la quale rispondeva al mittente originario scatenandone l’ira e spingendolo alla citazione in giudizio. Secondo il giudice Gee però il post del querelante “non mostra nessun tipo di creatività poiché il contenuto è dettato solo da considerazioni funzionali”. Tuttavia, Stern ha già annunciato che ricorrerà in appello.

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Le nuvole di Amazon

Cloud Drive di Amazon

Non sembra essere piaciuto alle major dell’intrattenimento il nuovo servizio di Amazon Cloud Drive, che permette agli utenti di caricare “nella nuvola” file musicali e riascoltarli in streaming con un qualunque device connesso ad Internet. Per le major Amazon non avrebbe siglato alcun accordo di licenza per questo tipo di servizio, e poco importa che la musica caricata “in the cloud” sia stata acquistata legalmente: a fare la differenza è la mancanza di licenze per la riproduzione su altri dispositivi. Si intravede all’orizzonte una nuova battaglia della guerra alla musica digitale; Amazon da parte sua invita le major a notare come il servizio abbia di fatto crescere il numero di brani mp3 venduti legalmente (pur non specificando numeri), ribadendo così la volontà di portare avanti il servizio così com’è.

 

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Cyberattivismo, organizzazione online e la Politica della Trasparenza e dei Dati Aperti

Giro la segnalazione di tre eventi su attivismo digitale, organizzazione in rete e policy di open data presente sul blog di Luca Nicotra.

 

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USA: blogger vs Huffington Post

Una class action depositata contro l’Huffington Post da un gruppo di blogger che accusano l’aggregatore di notizie online di aver sfruttato il lavoro dei blogger stessi. In sostanza, Arianna Huffington avrebbe beneficiato del lavoro altrui offrendo come pagamento la sola visibilità; i blogger non ci stanno e chiedono così come risarcimento 105 milioni di dollari, cifra che sarebbe proporzionata ai 315 milioni spesi dalla AOL a febbraio per l’acquisto del Post. A capitanare la class action è Jonathan Tasini, non certo una buona notizia per la Huffington visto che si tratta della stessa persona che più di dieci anni fa denunciando il New York Times vedeva riconosciute tutele sui diritti d’autore sul lavoro dei freelance online. La AOL da parte sua, in qualità di coimputato, si difende e parla di un modello (quello del lavoro ripagato dalla visibilità) ampiamente diffuso in molti settori, compreso quello dello spettacolo e degli show televisivi.

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Le eccellenze delle ICT tra Scandinavia e Singapore

Il report annuale del World Economic Forum (WEF) sulle Information and Communication Technologies (ICT) vede spiccare come paesi maggiormente competitivi nel settore la Svezia e Singapore, seguiti da Finlandia e Svizzera. Quinta piazza per gli Stati Uniti, che scendono di due posti rispetto all’anno precedente. Per la realizzazione del report sono stati monitorati gli andamenti di 138 paesi durante il 2010 rispetto a vari indici, tra i quali l’adozione di tecnologie di comunicazione e informazione, la disponibilità degli individui al loro utilizzo, il reale utilizzo delle stesse, il giro d’affari che se ne ricava e la sollecitudine dei governi alla loro implementazione e sviluppo. Secondo il WEF le ICT sono “il fattore chiave per sviluppare un mondo più economicamente, ecologicamente e socialmente sostenibile”. In Svezia l’uso delle nuove tecnologie è massiccio tanto che il 90% della popolazione si connette ad Internet con regolarità. Tuttavia, le aree del mondo con il potenziale tecnologico maggiore restano Asia e Medioriente, con la Corea del Sud sempre leader nella velocità delle connessioni alla rete e il Bahrain tra i paesi con i migliori tassi di crescita dal 2006 ad oggi (come Cina, Vietnam e Uruguay). E l’Italia? Solo 51esima.

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Le linee guida del Garante

Vista la recente pubblicazione delle “Linee guida in materia di trattamento dei dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione sul web”, il Garante per la privacy ha diffuso un’informativa che mira a riassumerne i punti salienti. Si evince così che le linee guida ribadiscono i principi di necessità del trattamento dei dati personali, l’esattezza degli stessi e l’indicazione di un tempo limite oltre il quale non risultano più utilizzabili (se non già specificato da norme di settore). Ma soprattutto, vengono legittimati strumenti tecnologici atti a risolvere un paio di problematiche importanti: innanzitutto, si indica una preferenza per i motori di ricerca interni ai servizi della PA e la rispettiva esclusione di reperibilità dei dati ai motori di ricerca esterni; in secondo luogo, si impone l’installazione di software o sistemi di alert per la segnalazione di accessi anomali ai dati e che evitino una duplicazione massiva degli stessi. Si scende poi nel dettaglio delle informazioni pubblicabili (e soprattutto di quelle non pubblicabili) in materia di concorsi, selezioni pubbliche, graduatorie, elenchi professionali, dipendenti pubblici e beneficiari di contributi economici e agevolazioni.

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Zuckerberg batte i gemelli

Mark Zuckerberg tra i gemelli Cameron e Tyler Winklevoss

Un tribunale di San Francisco ha giudicato inammissibile il ricorso presentato dai gemelli Cameron e Tyler Winklevoss, che anni fa denunciarono il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg per aver loro rubato l’idea che era alla base del social network ConnectU, creato ai tempi di Harvard e progenitore del social in blu. I gemelli e Zuckerberg erano giunti nel 2008 ad un accordo che prevedeva un indennizzo stimato in 200 milioni di dollari per i due. Nel dicembre dell’anno successivo, tuttavia, i Winklevoss rincaravano la dose accusando Zuckerberg e i suoi legali di aver mentito sul reale valore del pacchetto azionario di Facebook. Oggi però arriva la vittoria del nerd più ricco del mondo, con i Winklevoss che dovranno così “accontentarsi” dei circa 140 milioni di euro di risarcimento pattuiti nel 2008 (la stragrande maggioranza dei quali consistono in un milione e duecentomila azioni di Facebook che pur non essendo ancora quotate in borsa vengono già scambiate in privato e a prezzi crescenti).

Non è la prima volta che Zuckerberg si trova ad affrontare questo tipo di problemi e forse non sarà neanche l’ultima.

PROTESTE DIGITALI – Intanto arriva dai giornalisti della Associated Press un originale metodo di protesta: lo sciopero dei link. In sostanza, essendo in corso una contrattazione tra i vertici di AP e il sindacato dei giornalisti News Media Guild, questi ultimi hanno proposto come mobilitazione il non linkare sulle piattaforme social le storie AP (a meno che questo non compremetta il lavoro nel merito). Allo stesso tempo, si chiede ai giornalisti di indossare una maglietta rossa con la quale farsi fotografare e riprendere; le immagini, postate su Facebook, serviranno al sindacato per sostenere le sue rivendicazioni mediante un ulteriore video.

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Olanda: enforcement sul copyright

E’ in vista una revisione delle leggi sul diritto d’autore all’ombra di mulini a vento e tulipani per inserire tra le pratiche considerate illegali l’upload e il download di contenuti che si pongono in violazione di copyright. Fred Teveen, Segretario di Stato olandese per la Sicurezza e la Giustizia, annuncia l’imminente enforcement che dovrebbe portare al blocco di tutti quei siti votati a favorire l’infrazione di copyright su larga scala, tramite un oscuramento da parte dei provider. Teveen ha però parlato anche di misure volte a favorire gli utenti e bilanciare le nuove restrizioni, dall’eliminazione dell’equo compenso all’allargamento della disciplina del fair use, fino alla garanzia che non saranno i singoli netizen a rischiare in caso di infrazioni al diritto d’autore, a meno che non si macchino di violazioni ripetute e massicce.

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In Veneto l’evasione corre su eBay

Quattro imprenditori sono stati denunciati dalla Guardia di Finanza per evasione fiscale; il reato sarebbe stato perpetrato utilizzando il sito di aste online eBay per trarre profitto senza pagare le relative tasse. L’evasione è calcolata su un fatturato di 800 milioni di euro relativo alla compravendita di circa 25mila prodotti.

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E’ boom di domini .it

Nell’ultimo anno si è passati da 28mila a 36mila domini .it registrati in media ogni mese. E’ quanto emerge dai dati diffusi dall’Istituto di informatica e telematica del Consiglio nazionale delle Ricerche di Pisa (Iit-Cnr). Alla fine del 2010 erano 442mila le nuove registrazioni, che singificano un aumento del 30% rispetto al 2009 e del 50% rispetto al 2008. Domenico Laforenza, direttore del Iit-Cnr spiega: “Per raggiungere il primo milione di domini .it ci sono voluti 17 anni, il secondo milione ne ha chiesti solo 5, grazie al nuovo e più semplice sistema di registrazione introdotto il 28 settembre del 2009”. La soglia dei due milioni di domini .it è stata raggiunta a metà dell’ottobre 2010 e grazie ad essa l’Italia si collocava al quinto posto tra i paesi dell’Unione Europea per numero di domini registrati.

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Italia: l’Internet Economy vale 56 miliardi

Il Boston Consulting Group, su commissione di Google, ha condotto uno studio su Internet in relazione all’economia italiana. Da esso si evince innanzitutto che l’Internet Economy nel nostro paese nel 2010 ha raggiunto un giro d’affari di 31,6 miliardi di euro (2% del PIL), ai quali vanno sommati i 17 miliardi che proverrebbero dall’indotto e i 7,4 dell’e-procurement, la somma dei beni e servizi acquistati online dalla Pubblica Amministrazione. La proiezione per il futuro, vista la crescita di 10 punti percentuali registrata rispetto al 2009, è l’arrivo al 4,3% del Prodotto Interno Lordo per il 2015. Importante appare la crescita di introiti dell’1,2% per le PMI che usano attivamente la rete per la compravendita, mentre i contenuti digitali sono dominati dal poker online, settore che ha fatturato da solo 3 miliardi di euro nell’ultimo anno. Importante per lo sviluppo dell’Internet Economy italiana è poi il settore mobile, sul quale il nostro paese parte avvantaggiato vista l’alta diffusione di dispositivi tramite i quali affermano di compiere acquisti il 3% degli utenti e il 10% intende farlo in futuro.

ASTA DELLE FREQUENZE – Certo che proprio questo sviluppo, come si sa, rende indispensabile investire nelle infrastrutture delle connessioni in mobilità, le cui reti sarebbero vicine al collasso per saturazione. Investimenti che subiscono rallentamenti di fronte a richieste come quelle delle tv nell’ambito dell’asta delle frequenze che dovrebbe garantire un rientro di 2,4 miliardi di euro da utilizzare per lo sviluppo della broadband mobile. Aeranti-Corallo e Frt, società che si occupano della rappresentanza delle tv locali nella vicenda, fanno sapere che se il governo vuole le frequenze che appartengono ad esse deve sborsare 480 milioni di euro anziché i 240 previsti dalla Legge di Stabilità. E sembrano intenzionate ad andare fino in fondo, compreso un eventuale ricorso al Tar del Lazio che bloccherebbe l’asta e tutte le dinamiche ad essa correlate. Il tutto mentre in Germania l’asta ha già avuto luogo e in Spagna, Francia e Regno Unito si accelera per arrivare a realizzarla.

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Articolo 21-bis: per la Provincia di Roma si può fare

Il Consiglio Provinciale di Roma ha approvato una mozione del PD a favore dell’inserimento in Costituzione dell’Articolo 21-bis, quello che inserirebbe l’accessso ad Internet tra i diritti fondamentali tutelati dalla Carta. Nella formulazione del giurista e costituzionalista Stefano Rodotà esso infatti reciterebbe:

Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.

La posizione espressa con questo voto è coerente con l’atteggiamento dimostrato fin dall’inizio dal presidente Nicola Zingaretti e dalla sua Giunta in materia di Internet; il progetto Wi Fi Rete Provincia ad esempio ha già sfondato il muro dei 500 hot spot di connessione pubblica.

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Caso Phorm: cadono le accuse

Nessuno pagherà alla fine del caso Phorm, la società che nel 2006 aveva proceduto al monitoraggio del traffico Internet degli utenti del provider British Telecom, senza che venisse richiesto loro alcun tipo di autorizzazione, per testare il sistema di behavioral advertising. I magistrati del Crown Prosecution Service (CPS) britannico hanno infatti annunciato che non ci sono prove sufficienti per procedere ad eventuali condanne secondo i dettami del Regulation and Investigatory Powers Act (RIPA), la legge che regola le attività di monitoraggio e intercettazione sul web. La Phorm e la British Telecom avrebbero agito in buona fede, oltre ad aver collaborato con le autorità distruggendo i dati incamerati. La sentenza è stata accolta con freddezza dai difensori della privacy brittanica.

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Se Report parla di Facebook

La puntata di Report di ieri sera ha sollevato una marea di polemiche; segnalo qui Matteo Bordone su Wired.it, una lettera aperta indirizzata a Milena Gabanelli e l’opinione espressa da Vittorio Zambardino tramite il suo profilo di Facebook:

Sto ascoltando la puntata di Report Gabanelli sul web 2.0. Non è una crociata contro la rete, come qualche fesso fanatico sostiene. Ma è generica, “congestionata” negli argomenti quindi sommaria, e impostata alla cultura italiana più mainstream: i dati sull’audience non sono “schedature”, è ciò che un computer può fare. E parti civili dei processi e editori carta stampata non sono fonti da prendere senza filtro

UPDATE: la replica della Gabanelli alle critiche e un post di Vittorio Zambardino

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USA: “panic button” per i difensori della democrazia

E’ in fase di sviluppo un’applicazione per smartphone Android che permetta ai manifestanti pro-democrazia in paesi sottoposti a regimi autoritari e repressivi di cancellare con un click la rubrica del porprio dispositivo mobile in caso di imminente pericolo. Il progetto, che sarà esteso a breve ai telefoni Nokia, rientra nell’iniziativa del Dipartimento di Stato “Internet Freedom Programming”, che ha già a disposizione 22 milioni di dollari reperiti tra le varie agenzie federali e che ha in cantiere anche la diffusione di informazioni per l’aggiramento di filtri e firewall per l’utilizzo della Rete in “ambienti Internet duramente ostili”.

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Le battaglie dei colossi del web

Su Wired.it una ricognizione delle battaglie in corso tra vari colossi del web a firma di Martina Pennisi; clicca qui.

UPDATE: rientra di sicuro nel tema il lancio di Streetside, servizio di mappatura di Microsoft che tra un mese sarà operativo come diretto concorrente dello Street View di Google, il quale ha deciso di sospendere gli aggiornamenti del servizio in Germania visto l’alto numero di richieste di rimozione di immagini che giungono a Mountain View dopo le decisioni di marzo di una corte teutonica. Buone notizie per Google arrivano invece dagli USA, dove il Department of Justice (DoJ) ha dato il via libera all’acquisizione della start up ITA da parte di Mountain View, che dovrà comunque sottostare a precise condizioni e accettare la sorveglianza dell’ente sul suo operato.

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Milano dei Commons Digitali

Qui sotto la bozza del programma digitale della lista radicale per le prossime comunali a Milano

“Non tutte le innovazioni sono uguali. C’e’ l’innovazione di potere, centralizzata e parastatalizzata. E c’e’ l’innovazione libera che crea un tessuto sociale di imprenditori dell’innovazione, che va nella direzione della libertà e dei diritti civili (privacy, libertà di accesso, etc) e dello sviluppo di beni comuni, contro quella che va verso il controllo generalizzato. L’innovazione di potere, insegna ai cittadini un rapporto subalterno con la tecnologia.Crediamo che piu’ delle promesse siano innanzitutto le persone ad essere garanzia di questa direzione.

Marco Cappato, capolista della Lista Bonino a Milano, fin dai tempi del parlamento europeo ha dimostrato la capacità di declinare “radicalmente” le nuove tecnologie, ed è dal 2009 presidente dell’Associazione radicale Agorà Digitale.

Andrea Trentini, ricercatore di informatica dell’Università di Milano

Lorenzo Lipparini, membro del consiglio direttivo dell’Associazione radicale Agorà Digitale

Fabrizio Veutro, ex-avvocato della Free Software Foundation

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USA: gli allarmi corrono su Facebook

AllarmeSfruttare i social network per raggiungere in brevissimo tempo milioni di cittadini con comunicazioni di stato d’allerta legate a terrorismo internazionale. E’quanto emerge da un documento riservato dello U.S. Department of Homeland Security, del quale riferisce l’Associated Press. Con una scala a due livelli (pericolo elevato o imminente) si veicoleranno così gli allarmi su piattaforme come Facebook e Twitter; il sistema dovrebbe entrare a regime alla fine del mese ma solo se, sottolinea il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale , esso non si rivelerà un elemento di potenziale compromissione delle attività di intelligence.

SCONTRO FRA TITANI – Intanto prende vita una nuova puntata dello scontro tra Viacom e Time Warner, dopo che la prima aveva vietato alla major di trasmettere in streaming su iPad i programmi di canali come MTV e Discovery Channel tramite una specifica applicazione riservata agli abbonati della home TV. Time Warner non ci sta e presenta ricorso ad un giudice di New York, argomentando che nei contratti di licenza stipulati con Viacom non ci sarebbero divieti allo sfruttamento della licenza stessa su dispositivi che non siano tradizionali televisioni. E mentre il giudice decide, Time Warner Cable sconta l’entrata in gioco del broadcaster sportivo ESPN, il quale ha messo a punto un pacchetto che permette agli utenti l’accesso ai propri canali tramite il l’account Tv da iPhone, iPad e iPod; il servizio è disponibile in esclusiva per gli abbonati Time Warner.

ARMADIETTI DIGITALI – Infine, un nuovo episodio di copyright che coinvolge i cyberlocker, gli “armadietti digitali del web: i legali del servizio di file hosting Hotfile Corporation hanno presentato ad una corte della Florida un memorandum di 20 pagine per controbattere alla MPAA. L’obiettivo è quello di dimostrare come il servizio panamense si sia sempre attenuto alle disposizioni del Digital Millennium Copyright Act (DMCA) e dunque debba beneficiare delle protezioni del safe harbor, rendendo così la richiesta di 150mila dollari di risarcimento per ogni contenuto scaricato avanzati dalla Motion Picture Association inaccettabile. La messa a disposizione di spazi vuoti a favore degli utenti, è la tesi dei legali di Hotfile, non può significare un concorso di colpa per una eventuale utilizzo dello spazio stesso per la violazione di copyright, tanto più che non è previsto un servizio di indicizzazione interno dei file caricati. Da parte loro, i legali di MPAA sottolineano come venissero offerti sul sito abbonamenti a download illimitati, che dimostrerebbero la volontà di approfittarsi della presenza di file (anche e soprattutto illegali) nei server di Hotfile, con i motori di ricerca a permettere quell’indicizzazione non garantita dalla Corporation con sede a Panama.

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RFID e tutela della privacy

Privacy and Data Protection Impact Assessment Framework (PIA) for RFID Applications”. Si chiama così il nuovo quadro operativo per la gestione dei tag di Radio Frequency Identification (RFID); messo a punto dal gruppo di lavoro Articolo 29, sulla sua adozione hanno raggiunto un accordo la Commissione Europea e la European Network and Information Security Agency (ENISA). Obiettivo è quello di implementare nel sistema una serie di regole che permettano la gestione dei dati personali trasmessi in radiofrequenza in una modalità compatibile con il rispetto della privacy (regole che tuttavia la momento non sono obbligatorie).

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